martedì 25 agosto 2020

uno sguardo sul condominio s.i.m.

 
Forse faccio ingiustizia all’ultimo libro di Alessandro Canzian, Il condominio S.I.M. (edito da stampa2009 con prefazione di Maurizio Cucchi) ma, per esperienze personali, ogni volta che ne leggo il titolo tendo sempre ad assimilare quel S.I.M. (Società Immobiliare Maniaghese) a C.I.M., vecchia sigla che indicava i centri di aggregazioni per persone con disturbi psichici.
Non che è personaggi raccolti in questa piccola antologia di ritratti siano particolarmente folli, però l’azione che più spesso ritorna fra i capitoli, a parte quella implicita di osservare/sbirciare le azioni degli altri, creando un continuo stato di ansia nel lettore, è legata al gridare/urlare/sgridare e ascoltare queste urla attutite attraverso i muri. Né vengono nascosti i continui riferimenti alla sfera sensoriale dell’olfatto – fra escrementi e sangue, il continuo odore di pioggia, il marcire delle foglie – che legano il tutto a una dimensione ridotta, quasi ferina dell’uomo, dove la sopravvivenza la fa da padrone sull’idea stessa di vita, specie nelle scene di sesso o accoppiamento che hanno completamente sublimato qualsiasi rapporto amoroso. Si avverte dovunque un continuo senso di chiusura e di stanchezza, misto a una buona dose di inquietudine, di violenza repressa ma sempre pronta a esplodere nelle vite degli otto protagonisti, a cui si deve aggiungere quella della voce narrante, ennesimo condomino che non ha una vita propria da descrivere, ma si realizza nelle storie degli altri che osserva e racconta con partecipazione a tratti voyeuristica, a tratti intrisa di simpatia e pietà, ciò che più rasenta l’amicizia in queste pagine.
Rispetto a La ragazza Carla che pure viene tirata in ballo fra le pagine – anche se i maggiori contatti li ho trovati con la poesia di Giampiero Neri –, opera che mostrava una maggiore carica sarcastica, qui mi pare ci sia una più forte adesione al dato crudamente realistico, dalle tinte livide, a cominciare dalla scelta di una ambientazione assolutamente verosimile – non so quanto reale – segno della volontà di Canzian di attenersi a un discorso lineare, minimo, duro a volte ma di grande immediatezza espressiva, persino nella scelta di un verso piano e privo di orpelli, diretto, di forte aderenza visiva, spesso ficcante nella precisione con cui inquadra i particolari minimi di questi piccoli sketch intorno a vite consumate nella solitudine.
Così, da un punto di vista propriamente sociale, se quella di Pagliarani denunciava le deformazioni del boom economico milanese, quella di Canzian all’opposto denuncia lo stato di alienazione quasi claustrofobica di un certo nord est alla fine del boom, quando le promesse del lavoro non riescono più a colmare i vuoti del cuore. Non uno dei personaggi del Condominio – se non quello narrante che poi in sostanza è anche il più nascosto al nostro sguardo – riesce a entrare in contatto con gli altri, ognuno debitamente inquadrato nel proprio capitolo-appartamento e incapace di una apertura al proprio vicino, di un’azione verso l’altro: all’unico che ci prova, Alberto, è destinata la fine più cruenta e per certi versi “scontata”.
È un altro degli elementi che, tirando ancora in ballo il mio vissuto – ingiustamente, lo riconosco –, ho sentito stridere con più forza e un po’ di insofferenza; dove qui a Sud tale chiusura sarebbe stata quasi impossibile, si sarebbe subito risolta in un contatto non solo visivo, ma fisico, concreto, ciarliero, poroso, a tratti anche invasivo della privacy, questo ai più introversi personaggi di Canzian non potrà mai succedere, e da lì nasce il loro dramma. 
 
Cinque poesie dal libro:

*
Ieri era Olga, domani Carla.
Il nome non ha importanza
nel trascorso del racconto, il
dolore è pari al suo piacere
oltre il tappetino che divide
il tessuto molle della vita.
Si prega di bussare per entrare.

*
Carlo questa notte credo
abbia fatto l’amore – dopo
un limoncello a trenta gradi –.
Non aveva volto la ragazza, solo
piedi lunghi e capelli ben curati.
e grida di un animale in gabbia
che non sa uscire dalla vita.

*
Giulia oggi mi ha stupito.
Nella corsa per le scale si
stringeva contro il muro
con lo sguardo che aspettava.
La stessa gonna indossata ieri.
Finché guardandomi ha detto:
“dai, mi scappa la pipì”.

*
Silvio amava leggere poesie
ma non le finiva mai davvero.
Doveva saltarne un verso, due,
per capirne il senso. Come
con le donne, che non riusciva
mai a guardare intere.

*
Quando piove l’entrata
Del Condominio è tutta
un brulicare di foglie, urla,
bambini – una volta
ho trovato una cucciolata
già morta –. Parlo
da sola come i matti, lo so. 


(Nell'immagine: Edward Hopper, Eleven A.M., 1926)

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