Stamattina
Michele Pentassuglia mi ha detto che il prossimo mese – per uno di
quegli strani casi del destino, mese di elezioni – cade il cinquantesimo
anniversario del suo insediamento come sindaco di Locorotondo, anno
1970. Michele, che a onor del vero all’epoca aveva la pelle scura e i
basettoni neri e sembrava venuto fuori da qualche saga siciliana di
Sciascia, aveva 35 anni ed è stato uno dei sindaci
più giovani della nostra storia. Era democristiano ma la sua
candidatura causò una pesante spaccatura all’interno del suo stesso
partito: lui allora, cosa inaudita per l’epoca, cercò l’accordo con
socialisti e comunisti. Ma Michele va ricordato soprattutto perché fu il
primo a muoversi per intercettare, attraverso Aldo Moro, dei
finanziamenti europei (si parla di miliardi) con cui venne ridisegnato
l’intero paese, portandovi quello che per l’epoca era “il futuro”. Nel
giro di circa vent’anni, Locorotondo passò dall’essere un piccolo centro
contadino senza strade, senza luce elettrica, senza rete idrica né
fognature, al paese benestante che è oggi (ma senza tacere gli
strascichi negativi del boom edilizio). A me Michele dice: “Le cose
quando le pensi le devi anche dire (sottinteso: devi avere le palle di
dirle), perché se le pensi è basta non se ne fa niente nessuno”. Ecco,
io penso a quel sindaco giovane, spregiudicato, dinamico e proiettato in
avanti, che nel sud del sud (dove eravamo) andava a cercarli i soldi
per fare le cose invece di aspettare che gli piovessero dal cielo, con
delle idee, un progetto politico e dei risultati, e dico che andrebbe
ricordato e bene questo anniversario, sia perché ha segnato un nuovo
corso per il paese, sia come esempio di una politica che tutti decantano
come qualcosa che prima o poi “si farà” ma che a in realtà si è già
fatta, persino qui, solo che ce ne siamo scordati.
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