Tutto
è puro per i puri, diceva San Paolo, e forse tutto è poesia per i
poeti, e ancora più per i non poeti. Scrive, Franco Bifo Berardi nel
primo capitolo del suo Respirare. Caos e poesia (Sossella, 2019) –
dove si discute, fra le altre cose, di poesia come rimedio e rivoluzione
per il caos odierno: «La poesia è un atto di linguaggio che non può
essere definito, perché definire significa porre un limite, e la poesia è
per l’appunto eccesso che va oltre il limite del linguaggio, che è
anche il limite del mondo». Molto bello. Ma se in un libro
effettivamente pieno di intuizioni com’è questo – a cominciare
dall’assunzione della mancanza di respiro come metafora ultima della
nostra epoca, dallo «I can’t breathe!» pronunciato da Eric Garner ben
prima dell’omicidio Floyd, al disastro economico e ambientale che si
estende, oggi, fino alla pandemia che attacca le nostre vie respiratorie
– gli unici poeti sviscerati sono gli ottocenteschi Hölderlin e Rilke
(più i primonovecenteschi Yeats e Dylan Thomas, ma con meno spazio) lì
dove invece ci si spinge in altri ambiti a trattare opere e autori
contemporanei, come Freedom di Franzen, Carnage di Polanski o Black Star
di Bowie, non è un po’ come abdicare all’idea diffusa che ormai il
termine “poesia” si sia fatto mero aggettivo, che la poesia si faccia
altrove, in altri ambiti, non è più campo d’azione di chi scrive in
versi, inadeguati a trattare una realtà complessa, ma di chi utilizza
forme e linguaggi “contemporanei”? Ci può anche stare come teoria, ma
che senso ha allora dire che la poesia è il rimedio, se per esprimere
quanto sta accadendo oggi poi mi rivolgo al cinema? Devo forse pensare
che, per il fatto che la poesia non ha limiti, il cinema e il rock siano
un sottogenere della poesia (dibattito stravecchio)? Ma questo non è
svilire cinema e rock nelle loro potenzialità di linguaggio? E va bene
che la poesia non ha limiti, ma se tutto è poesia, allora cosa non lo è?
O devo invece concludere, assai più semplicemente, che Bifo Berardi
parli e scriva di poesia come salvezza dal caos, senza aver letto i
poeti contemporanei? Ovvero ribadendo ancora una volta l’amara verità:
che quella della poesia come rivoluzione è una gran bell’idea, ma la
poesia, come sempre, è meglio dirla che leggerla?
Poesie, pensieri e fotografie di Vitantonio Lillo-Tarì de Saavedra, in arte Antonio Lillo ovvero Antonio Hammett
lunedì 31 agosto 2020
una gran bell’idea
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