lunedì 1 aprile 2024

giustizia

Stamattina mentre guardavo un servizio sui risultati elettorali nella democraticissima Turchia, e subito dopo ne davano uno su Gaza, ho pensavo per associazione che in Turchia, dove si nega ci sia mai stato, c'è ancora in vigore una legge che dice che se provi a nominare la parola "genocidio" riferita a quello attuato un secolo fa contro il popolo Armeno, dilaniato da una guerra sui suoi territori fra Russi e Turchi e poi sterminato dai Turchi, ti becchi una condanna reale a tre anni di carcere. Solo se usi quella parola. Un po' quello che succede anche in Cina, dove ti controllano attraverso il tuo stesso telefono, e alcune parole non si possono nemmeno scrivere, il tuo dispositivo controllato arriva al punto di cancellarle, perché se cancelli la parola che lo definisce il fatto non esiste. Quello potrebbe presto diventare il nostro futuro e mi pare quasi che qualcuno ci speri. La storia ormai mi sono accorto funziona così: vince chi mostra meglio i muscoli, e chi non ha muscoli abbastanza tratta per limitare i danni. La "giustizia" è una parola come un'altra da usare all'occorrenza, proprio come "genocidio". È passato un secolo dal genocidio Armeno e mentre Erdogan si presenta coma paciere del mondo la libertà di stampa e di storia nel suo paese ancora non esiste, al punto che quando è entrato nell'Unione Europea il riconoscimento storico di quel crimine era una condizione imposta che non ha mai accettato di ammettere. L'Europa non avendo abbastanza muscoli ha lasciato perdere. Stamattina pensavo che spesso ci lamentiamo della nostra pessima stampa, allineata, approssimativa e compromessa, come se fosse la peggiore del mondo. Io però ogni tanto in TV un servizio sulle guerre all'ora di pranzo lo vedo ancora, così come un tentativo di discussione, anche delle voci contrarie, non la vedo questa piatta uniformità che lamentano in tanti. Né le prigioni piene degli anche troppi detentori della verità. Al massimo di poveri disgraziati che aumentano ogni giorno il numero dei suicidi in carcere, per i quali non ci si indigna mai abbastanza.

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