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domenica 31 gennaio 2016

illusioni poetiche

Che fine ha fatto Antonio Bassano, lo ricordo
l’ultima volta alla fiera del libro, nero nel suo
eskimo da guerra, nell’anonimato senza scampo
dei poeti. Andavamo in cerca di fortuna, e
trovavamo Angiuli, Alborghetti, Oldani, cui
confidavano i nostri primi balbettii. Mi scriveva poi
della raccolta che nasceva con fatica
dalle pieghe del lavoro, sempre puntuale alle dieci
e un quarto la sera, quando sedeva in cucina da solo
e rievocava fra le briciole di pane il profumo
inconfondibile del tempo e dell’onda di Hokusai.
Lo ricordo distrutto dall’amore, ormai perduto
nel silenzio della stanza, poeta di postumo
successo per un libro ormai dimenticato, quando
l’ultima parola è detta e non ancora pronunciata.
Me lo immagino, dopo il trasloco, preda dei suoi orari
e delle sue visioni senza sfogo, la corsa ogni mattina
al tram, il ticchettio dell’orologio, il piacere solitario
del silenzio fino a tarda notte, e poi l’osservazione
dei vicini, dal palazzo di fronte, per tornare a casa.

giovedì 11 luglio 2013

passeggiata con roma

Roma, ce ne stiamo nella pioggia posati
sul Tevere verdastro
come vecchie panchine, barconi
baracche a mollo del dopolavoro ferroviario
senza direzione né peso sotto i ponti assetati d’amore
che se ne va dal gelataio, prende un cono alla fica
addolcisce il cuore la speranza
mentre fuori si preannuncia il nubifragio.

Roma, ce ne stiamo al riparo fra le tombe degli Inglesi
colle gattare in calore, gatti noi avvelenati di silenzio
insicuri e stanchi senza più fava o fontanelle
senza notturni che ci riportino a casa
a nasconderci in bagno per sedurci
ma tanto non ci sono paletti, solo convinzioni
non ci sono più ombrelli, ma sete.

Roma, ce ne stiamo così scuri nei visi sui tram del rientro
senz’avere risposte che valgano una storia
senza passione né sorrisi, divisi
all’ombra del fascio e nell’abbraccio del papa
direzione Casilina, spartendoci che resta coi solitari e gli immigrati
sui trampoli, coi suicidi che ci premono addosso.

Roma, rimandiamo un passaggio a Ostia
e passiamo per Parco Traiano
dove uomini e cornacchie indistinguibili
senza fare più chiasso se ne stanno
attorno a una pozza di sangue che si bevono i pini.

Roma, ce ne stiamo lontani dagli aperitivi
studenteschi, già abusati e corrotti
via dai Fori Imperiali, da troppe natiche strette
con disagio a Pasolini, Penna, Palazzeschi,
ce ne andiamo a cercare un amore fiorito in un verso
lasciato per caso cadere a Porta Maggiore.

Roma, siamo innocenti e sgraziati, desolati
a consumare couscous che ci consumi lento
ce ne stiamo al sole al lago Albano
verso l’attimo diretti in cui saremo stretti
l’una all’altro, intrappolati
quando ancora mi dirai come una volta: mi hai giocata di nuovo ed io
mi preoccupavo solo per l’acqua.

venerdì 5 febbraio 2010

i dubbi di ulisse

La poesia è di Antonio Bassano, uno dei migliori poeti della mia generazione. Da L'imperfezione dei cardini, 2009.

Voglio rimanere nella parte più profonda della casa
dove il silenzio è lo stesso da sempre, dove è più forte
l’abbandono al ricordo, più forte del vento che s’alza,
dell’ulivo e del remo, della rabbia per il giardino incolto.
Per tornare a scoprire come siamo fatti ci vuole tempo
ma affinché il mio sfiorarti non sia un nuovo addio
bisogna che non ci sia più mare, che io non sia mai partito.