Visto che per un certo periodo tutti mi hanno detto basta con le poesie, dovresti invece scrivere un romanzo, alla fine mi ci sono messo e negli ultimi anni ho scritto anche io un romanzo. Scrivo un romanzetto fantastico confidando nel fatto che, come si diceva l’anno scorso, l’autofiction ha un po’ rotto i coglioni e manco a dirlo, il premio Strega di quest’anno ribadisce che l’autofiction va ancora per la maggiore nel cuore di tutti, tanto che ho fatto leggere il romanzo a un paio di amici del settore che mi hanno detto “carino, ma…”. Con i “carino, ma…”, lo sanno tutti, in editoria non si va da nessuna parte, così confidando nei concorsi seri ne ho trovati un paio in questi giorni dove non si vincono soldi, però ti assicurano la pubblicazione. Solo che entrambi pongono come condizione che l’autore, se vince, rinunci a qualsiasi pretesa economica sulle vendite del libro, ovvero: io te lo stampo ma tu mi metti nero su bianco che è finita lì, che se anche il libro vendesse qualche copia la cosa non ti riguarda. Che non significa, secondo me, che quelli del concorso mirano a lucrare sul tuo libro, ma soltanto che anche loro danno per scontato che non venderà nulla quindi si limitano le rotture di palle con te che vai a chiedere spiegazioni sulle vendite. Ma se lo danno per scontato loro prima ancora che il romanzo esca, vuol dire che il romanzo, a meno di un colpo di fortuna, sta già nascendo mezzo morto. E mi ha fatto una tale tristezza questa considerazione che, pur dopo la bella esperienza dell’ultima raccolta che mi ha pubblicato un altro editore, mi sono quasi deciso all’idea di pubblicarmi da solo tutti i miei libri futuri (come faceva Calasso, che io ogni volta mi chiedo: se avesse mandato un suo libro a un altro con uno pseudonimo lo avrebbero pubblicato o no?). Intanto se te lo pubblichi tu c’è meno sbattimento e poi, anche se il libro non vende una sola copia come la maggior parte dei libri che escono oggi, perlomeno non devi dare conto a nessuno per il tuo fallimento.
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