Piel Jutzi, regista tedesco adorato da Fassbinder ma poco conosciuto in Italia, nel 1929 gira quello che molti considerano il suo capolavoro, il film muto Mutter Krausens Fahrt ins Glück (Il viaggio di mamma Krause verso la felicità), considerato uno dei più rappresentativi della Nuova oggettività, di forte impianto sociale, e socialista (al punto da essere uno dei primi film censurati e distrutti dai nazionalsocialisti al potere), con alcune scene meravigliose per intensità e per l’uso così vivace ed espressivo del montaggio, di cui Jutsi era maestro. Al di là della storia, di chiaro impianto brechtiano, girato con attori non professionisti nel quartiere operaio di Wedding a Berlino (una madre che vive in un ambiente degradato viene schiacciata dalla povertà e dalla condotta irresponsabile dei figli, e in tal senso il viaggio verso la “felicità” del titolo ha un sapore beffardo), la nota più interessante del film riguarda il prologo, di circa 6 minuti, in cui una ripresa semidocumentaristica delle strade di Berlino viene intervallata da alcuni versi dell’artista Heinrich Zille, soffermandosi sui volti e sui gesti di alcuni dei suoi molti abitanti, sorvolando a volo d'uccello una delle grandi statue d’angelo che guardano dall’alto i casermoni e le strade brulicanti di bambini, operai, anziani, alcolizzati, disoccupati, i cavalli sfiancati che tirano le carrozze, gli artisti circensi e i musicisti di strada, per poi planare verso la finestra di una palazzina popolare, entrarvi e soffermarsi sulla storia in particolare di mamma Krause e dei suoi figli sfortunati. Qualcosa di molto simile a ciò che farà cinquant’anni dopo Wim Wenders, di ritorno dal suo periodo americano, ne Il cielo sopra Berlino, dilatando questi sei minuti per circa mezz’ora.
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