Nonostante il brutto momento che stiamo vivendo, ieri, guardando una diretta di Serena Di Lecce, mi sono accorto di come questo 2020 è cominciato con la pubblicazione di ben tre capolavori: due indiscutibili, in quanto nati già come classici, cioè le opere complete di Leonardo Sinisgalli (Mondadori) e di Ferruccio Benzoni (Marcos y Marcos); e uno che a mio avviso lo diventerà, Addizioni di Lino Angiuli (Aragno). In particolare le prime due pubblicazioni si muovono nel solco di una più ampia azione di riscoperta, recupero e riproposta emersa negli ultimi anni (vedi Salvia, Di Ruscio, Cattafi, Riviello, Scotellaro) che non solo è giusta, ma anche necessaria: c’è un’intera generazione di autori che è andata completamente perduta, cancellata, ignorata per ragioni di mercato, di rifiuto o di censura, o semplicemente per pura indifferenza, e la cui assenza è ora avvertita da molti come una carenza, una violenza, un furto. E se è vero che autori come De Angelis, Magrelli o la Cavalli sono fondamentali, è anche vero che non possiamo ridurre cinquant’anni di poesia italiana (dagli anni ’70 ai giorni nostri) a tre o quattro nomi, non fosse altro che quei tre o quattro nomi si sono mossi in un contesto letterario assai più ampio, fervente e seminale, a cui hanno dato ma da cui hanno anche attinto. Sarebbe un’ingratitudine immensa, oltre che una falsità critica, sottostimare quel contesto fino al punto (com’è successo purtroppo) di saltarlo a piè pari e fermare gli orologi del ‘900 agli anni ’70 o a Castelporziano, come vuole Mazzoni. Perciò, nonostante siamo in piena emergenza, non solo faccio un plauso per questi libri agli editori sopra citati, ma spero che continuino nell’opera, e per questo invito chiunque possa farlo ad acquistate e leggere questi autori, non solo per sapere che ci sono stati, ma anche per scoprire che ci sono ancora.
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