Viviamo in un periodo talmente assurdo e per certi versi orribile ed estremo che, mentre da una parte si invoca l’asetticità dei rapporti – stare a un metro di distanza gli uni dagli altri per evitare il contagio, stare chiusi in casa esasperando la propria dipendenza dal PC, evitare assembramenti pubblici o qualsiasi tipo di socialità in nome del bene comune, e già detto così fa fantascienza (basta leggere uno dei romanzi di John Brunner per capire come andrà a finire) – dall’altra, a poche centinaia di chilometri da casa, sul confine greco-turco ci si massacra in battaglia con le pietre e con gli idranti, a mani nude, per impedire ai fuggiaschi siriani di passare il confine, nell’indifferenza o nell’ostilità dell’Europa. La Grecia, che fa la cattiva, è lo stato più povero dell’Unione: ribadendo come quella in atto sia una guerra fra poveri e come, dove c’è povertà, c’è odio. Qualcosa sta cambiando a livello radicale nel mondo, e se c’è una cosa che questo virus ci sta dimostrando, ma si era già visto pochi mesi fa con Greta Thunberg, è che noi non siamo pronti al cambiamento, anche se ci rendiamo conto del suo estremo bisogno. Qualcuno si opporrà e qualcuno sfrutterà le cose a suo vantaggio, ma come già cantava Dylan nel 1963, quelli che non capiranno in tempo cosa succede, quelli che non si adatteranno al cambiamento, quelli verranno lasciati indietro, abbandonati per strada senza pietà.
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