(Visto che negli ultimi giorni si è discusso molto, sui social, di una poesia di Magrelli ritenuta brutta, o sciatta) condivido questi versi di Carlo Bordini, dalla sua ultima raccolta, Un vuoto d’aria (Mondadori, 2022) che sono in effetti bruttini, quasi una filastrocca, tanto che persino una mia amica che non legge poesie quando li ha letti ha storto il naso e mi ha chiesto se la stessi prendendo in giro. Ci si chiede, di fronte a tale evidenza, come ha fatto lo sperimentale Bordini a pubblicarli? E rispondo: intanto perché hanno una funzione all’interno del filo narrativo del testo, che è la cronaca di un amore in ogni suo aspetto emotivo (compreso lo sdolcinato), e infatti i versi di Bordini a mio avviso non andrebbero mai (mai) estrapolati dall’opera, perché nella maggior parte dei casi funzionano non come testo definito in sé ma come suite o collage, ready made, riproduzione seriale o variazione sul tema. Poi perché, secondo me, hanno funzione di “objet brut” (da Dubuffet), cioè stanno lì appositamente con uno scopo preciso, destabilizzante, dichiaratamente antiestetico e naif, in senso quasi picassiano (per l’ultimo Bordini non riesco a fare a meno di pensare ad accostamenti pittorici), ovvero come se fosse una dissonanza che serve a dare colore in chiave antiromantica: Bordini definiva la sua poetica come "antiromantica e comica", quindi scrivendo un libro d’amore, per smontare il pericolo implicito di romanticismo, invece di smorzare i toni li satura fino a farli risultare eccessivi, e quindi impossibili da prendere sul serio. Infine, secondo me, hanno lo scopo dello sberleffo giocoso a livello propriamente editoriale. Come dice Mazzoni nell’introduzione al libro: chi avrebbe mai detto che l’autore meno istituzionale del panorama poetico italiana avrebbe stampato la sua ultima opera con la casa editrice più istituzionale di tutte? Bordini non solo lo fa, ma lo fa pubblicandovi anche dei versi che altri definirebbero indegni, e che hanno lo stesso effetto di chi fa la linguaccia dal quadro incorniciato e istituzionalizzato in un museo. Mi chiedeva la mia amica: Ma mi stai prendendo in giro? Sì, e non è divertente?
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