martedì 7 luglio 2020

ferire

A volte leggo queste recensioni negative a dei libri, pesantemente negative e spesso giuste e ben argomentate per spezzare le gambe a libri di grandi nomi e che quindi vanno in giro per il mondo come il re nudo prima di venire smascherati, e mi pare – ma forse è una impressione solo mia – che per quanto siano necessarie e giuste nelle argomentazioni, siano poi sbagliate nel sentimento, in quella sottile vena di compiacimento nel ferire, nel far male, nell’affondare il coltello nella piaga. Le leggo e mi chiedo: che gusto c’è a ferire gli altri? È invidia? Livore? È piacere? È senso talebano di giustizia? Solo perché hanno avuto qualcosa che non meritano? Ecco, ogni qual volta io fra le righe di una stroncatura ci leggo quel sottile compiacimento nel ferire gli altri mi prende la voglia di fare un passo indietro, anche se magari la recensione è giusta e messa a fuoco. Non perché gli altri non vadano feriti se serve, ma perché per farsi piacere una cosa così un po’ guasti da qualche parte bisogna essere. Ma assai peggio di chi scrive e ci mette la faccia, credo, ci sono quelli che si accodano compiaciuti: “è proprio quello che pensavo anch’io!” solo che tu non lo hai scritto, te ne sei guardato bene, ti sei accodato col tuo ghigno al giudizio negativo di un altro per lucrarci sopra, che in gergo si dice fare gli avvoltoi.

Nessun commento: