Più li leggo e più trovo ci siano molte cose in comune fra il tedesco Michael Krüger e l’inglese Philip Larkin, in particolare questa loro poetica dello scarto, di ciò in genere va buttato via, non “le buone cose di pessimo gusto” ma quelle che stanno un gradino più in basso, i rifiuti, mozziconi di sigaretta, cartoline strappate, il sesso fatto male, i ricordi sbiaditi, le parole inutili di una lista della spesa, asservite a una certa austerità, una misura, una compostezza di matrice classica. Basta mettere a confronto due poesie programmatiche come Come vanno le cose di Krüger e Aubade di Larkin per rendersi conto che tale poetica procede quasi parallela, per accumulazione compulsiva, a tratti nevrotica, dei residui, delle tracce di tutto ciò che non è vita ma potrebbe esserlo stato: gli scarti accumulati, assemblati con logica finissima assumono, persino in tanto accanimento sul reale, una loro sacralità metafisica (soprattutto in Krüger), un equilibrio, un’estetica non consolatoria che raggiunge, specie in Larkin, delle punte di crudeltà a tratti infantile che ci pungolano, stimolandoci a un piacere quasi masochistico. Non a caso, volendo trovare un corrispettivo figurativo alla loro opera, il primo paragone che mi viene in mente è MERZbau, la Cattedrale delle Miserie Erotiche di Kurt Schwitters.
[…] È lineare come un armadio quello che sappiamo,
che abbiamo sempre saputo, da cui non si può scappare,
che non si può accettare. Un lato dovrà cedere.
Intanto i telefoni stanno accucciati, pronti a suonare
negli uffici ancora chiusi, e tutto l’indifferente
intricato mondo a noleggio comincia a svegliarsi.
Il cielo è bianco come argilla, non c’è sole.
Il lavoro va fatto.
I postini come dottori vanno di casa in casa.
(Philip Larkin, trad. mia)
[…] Non è successo niente. È tutto tranquillo.
L’alfabeto è di nuovo in uso, le tabelline,
il dialogo ha congiuntura. I vecchi cappelli,
le vecchie profezie, i vecchi fenomeni: tutto
sembra nuovo. Ognuno da ieri ha la chiara sensazione
di esserci. Ognuno si presenta bene. Ognuno
guarda ognuno
con interesse. Le conversazioni balbettanti
sono ammutolite, tutto scorre, fluisce, gli intimi
deragliamenti non ci sono più. L’oscuro è stato eliminato:
aforismi descrivono il mondo con mortale chiarezza.
(Michael Krüger, trad. Anna Maria Carpi, da Il coro del mondo, Mondadori, 2010)
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