C’è un professore, noto sui social anche per alcune sue polemiche su chi è poeta e chi no, che ripete sempre a quelli che non conosce: “se non mi regali il tuo libro come pretendi che io sappia chi sei?”, che è una frase sinceramente antipatica, e per diversi motivi, eppure si basa su una sua idea di poesia per cui, se la poesia non vende, e la vera poesia non vende perché è SEMPRE fuori dalle logiche del mercato, allora la poesia si regala. Chi la regala? La dovrebbe regalare l’autore! E questo perché il desiderio primario di ogni autore non è vendere copie, ma essere letto, almeno dai suoi pari. Quest’idea che in parte giustifica certe uscite grezze del professore, rafforza una pratica assai diffusa nel mondo editoriale italiano tutto dedito agli omaggi librari intesi come “vuoti a perdere” (che cioè si fanno perché si devono fare, senza sapere se avranno o no un effetto), e fra gli editori, alcuni dei quali chiedono esplicitamente agli autori di acquistare un numero minimo di copie del libro per coprire le spese, copie che il più delle volte verranno regalate. Quanti lettori di poesia possono dire sinceramente di avere in casa più libri comprati a proprie spese di quelli ricevuti in dono? Io non posso dirlo; io stesso, quando posso, almeno ai miei amici i miei libri li regalo. Se non che, ultimamente, ho cominciato a dubitare che anche regalare il libro serva a qualcosa. Ci sono troppi libri, nessuno realmente conquistato o desiderato, ma solo arrivato senza invito col postino. Così regalare non implica che chi riceve leggerà. Ancora più mi rode il dubbio da quando ho preso a visitare alcuni siti per la vendita di libri usati dove girano decine di titoli, anche miei e di amici editori, anche usciti l’anno scorso, il mese scorso, appena ieri, e già svenduti “come nuovi”, ma da chi? Su alcuni che ho acquistato ho trovato persino la dedica, ed è una beffa atroce. E ho cominciato a chiedermi come ci sono finiti lì tutti quei libri e quanti di essi fossero stati precedentemente acquistati o regalati, e se qualcuno prima di liberarsene li abbia anche solamente aperti per rendersi conto, fra un verso sbirciato e l’altro, che dietro il nome in copertina c’era pure una persona col suo sogno di arrivare all’altro.
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