mercoledì 20 marzo 2024

l'odore della poesia

«Poesia viene da pus» scrive Magrelli in Exfanzia, «poetare-suppurare-suppoetare», e a me viene da pensare, per associazione, a Filottete, l’arciere greco protagonista di una tragedia di Sofocle che viene abbandonato su un’isola deserta da Ulisse, mentre sono diretti a Troia, perché ha una gamba in cancrena che emana dalla ferita purulenta un odore orribile, un odore di morte in vita insopportabile; e che poi dieci anni dopo Ulisse stesso andrà a recuperare perché una profezia rivela che senza di lui e senza il suo arco infallibile la guerra di Troia non potrà essere vinta. Facile immaginarsi, a questo punto, come Ulisse, l’astuto Ulisse, sia il mercato editoriale teso alla conquista della città nemica (la letteratura) in cui è custodita la bellezza (Elena), e Filottete malmesso e zoppicante, ma pur sempre quello con la mira più lunga, sia la poesia abbandonata al suo destino mortale perché considerata inutile alla guerra. Eppure i presagi sono chiari, non c’è vittoria senza poesia, e allora bisogna tornare indietro, riprendere i rapporti, scusarsi, patteggiare, lusingarlo, ingannare se occorre l’orgoglio offeso del ferito, almeno stando a Sofocle. E sopportarne soprattutto l’odore mefitico, l'odore della poesia.

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