Ultimamente le uniche cose decenti che mi capita di vedere (o che perlomeno mi convincono abbastanza da vederle per intero) sono i documentari. Ieri è capitato con “We Are the World: la notte che ha cambiato il pop” che è un film su come è nata la celebre canzone. Non è un capolavoro ma è molto carino, soprattutto perché restituisce un fondo di umanità a ogni protagonista di quella serata, a partire da Michael Jackson che risulta bizzarro ma anche insolitamente simpatico, fino a Cindy Lauper, matta e strepitosa, e a Sheila E che venne chiamata nella speranza di avvicinare Prince e poi quando capì di essere stata usata se ne andò con tutte le ragioni per essere delusa e arrabbiata. Bob Dylan, la cui performance costituisce effettivamente la parte più bella del film, è un caso a parte, tanto da generare negli anni il celebre meme che lo rappresenta come sfasato in mezzo agli altri, unico a non cantare nel coro. La scena in cui lo convincono a interpretare le sue strofe è bellissima. Resta però il mistero. È chiaro come il sole che non si sta divertendo, anche perché Dylan odiava quel genere di situazioni pace e amore e le evitava dai primi anni Sessanta, ma allora per quale motivo ci è andato? Come lo avranno convinto?
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