Di Esterno Notte (2022) di Marco Bellocchio, qualcuno ha già evidenziato il paragone messo in scena sull’ossessione per le mani di Moro e Cossiga, con la figura di Aldo Moro (Gifuni) che è ossessionata dall’igiene sua e della famiglia, e lava le mani puntigliosamente, e Francesco Cossiga (Alesi) che matura una forma di disturbo delirante per cui continua a vedersele macchiate sul dorso, anche se non c’è nulla, interpretando le macchie come segno di malattia e di prossima morte. Non è però, come qualcuno ha detto, il confronto fra una figura “ripulita” dallo sporco del potere contro una che ha le mani insanguinate, perché in entrambi i casi si può rasentare una forma di ossessione patologica. Entrambe le figure patiscono interiormente lo “sporco” senza riuscire a liberarsene. E Cossiga, psicologicamente più debole, lo interpreta come presagio di morte perché nelle ore del rapimento tende a identificarsi con Moro: lo sporco sulle mani crea una sorta di correlativo oggettivo fra i due. Nessuno invece mi pare abbia segnalato come, in un ulteriore possibile paragone, l’unica figura a sporcarsi realmente è quella di Andreotti (Contri) che alla notizia del rapimento di Moro è colto da violenta emozione, corre in bagno dove ha un attacco di vomito e si sporca i vestiti. È una scena molto forte, uno perché mette in scena un Andreotti (che generalmente è visto come un animale a sangue freddo, vedi Il divo di Sorrentino) per la prima e unica volta emotivamente scosso, e due perché lordandosi è come se assumesse su di sé, sul proprio corpo, con la sua reazione viscerale, tutto lo sporco che ne verrà sulla DC. Andreotti si lorda per tutti e ne esce, col solito aplomb, chiedendo al suo assistente di procurargli un vestito pulito. Il resto è storia. È curioso ancora constatare come una decina di anni dopo i fatti da cui è tratta l’opera, tale ossessione per le mani (per altro documentata) avrebbe trovato un riscontro, più o meno ironico, nell’operazione Mani pulite.
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