Oggi
su Telenorba hanno dato un servizio giornalistico sulla questione del
mio paese che non revoca la cittadinanza a Mussolini. Intervistati dalla
giornalista due esponenti politici, Giovanni Oliva (opposizione) e Vito
Speciale (vicesindaco, ma probabilmente futuro sindaco) e alcuni miei
concittadini. Vito Speciale ha dato una risposta degna di un romanzo di
Sciascia: "Abbiamo indagato e non ci risulta che lo abbia fatto qualcun
altro" per cui, non risultando, non lo facciamo nemmeno noi. Un po' più
tristi le risposte dei miei concittadini, i quali hanno confermato la
decisione presa dai rappresentanti politici. La cosa tremenda sono state
le motivazioni addotte: "Non si cambia il passato e ciò che è fatto è
fatto". Che non è più nemmeno mentalità fascista, ma proprio mentalità
da condono edilizio. Tu falla la cosa che una volta fatta non la togli
più, devi solo stare zitto e aspettare il prossimo condono. Funziona
così. Basta affacciarsi da un qualsiasi balcone per vedere come
funziona, dove ha portato. E non so davvero cosa sia peggio per noi.
Poesie, pensieri e fotografie di Vitantonio Lillo-Tarì de Saavedra, in arte Antonio Lillo ovvero Antonio Hammett
lunedì 4 ottobre 2021
il condono
mercoledì 28 luglio 2021
sciascia
Stamattina mi sono svegliato con questa domanda in testa: che cosa direbbe Sciascia di tutto questo? Ecco, Sciascia sono sicuro, mi direbbe: devi leggere Manzoni! È tutto scritto lì. Mannaggia la miseria io di Manzoni non mi ricordo niente, l'ho rimosso, o non ho più risposte o non le voglio.
sabato 31 ottobre 2020
il nemico
Ci sono poesie che hanno bisogno di un nemico per vivere, di un antagonista contro cui scagliarsi come pietre. Alcune delle poesie più belle di Sanguineti, contenute in POSTKARTEN (1972-1977), sono così. In particolare, verso la fine, ce ne sono due, una accanto all’altra, contro Montale e Sciascia, esponenti di un’Italia vecchia da stracciare. Sanguineti che era militante integrato nel PCI voleva fortemente, sulla linea di Berlinguer e insieme ad altri come Calvino, che il partito potesse andare al Governo, muovendosi di conseguenza, persino coi compromessi, perché – diceva – solo operando dall'interno si potevano cambiare in meglio le cose. In questo modo si scontrava con un'altra ala degli intellettuali di sinistra, con Fortini e Sciascia, i quali ritenevano che l'unica maniera pulita di fare politica, in uno Stato come il nostro, fosse quella di non compromettersi in nessun modo col potere e continuare a fare opposizione dall’esterno, fare letteralmente i cani da guardia del sistema. Ne scaturì, su L’Espresso, uno scambio di opinioni educato ma non pacifico con Sciascia, in cui maturò una rottura fra i due. E Montale? Montale, inconsapevolmente, fu all’origine di quello scontro. Intervistato in merito al processo alle Brigate Rosse per cui sedici dei giurati chiamati a far parte dell’assise si dichiararono, con tanto di certificato medico, inabili all’incarico, coerentemente con la propria filosofia di vita il poeta disse che da un certo punto di vista lui capiva quelle persone perché anche lui, da cittadino, avrebbe avuto paura. Ne scaturì una querelle per cui da una parte gli integrati del PCI gli rimproveravano la vigliaccheria (avrebbe dovuto invece dire, da intellettuale e senatore, che prima di tutto veniva il dovere verso lo Stato, perché “lo Stato siamo noi”, come scrisse Cavino), e dall’altra gli eretici che difesero Montale il quale aveva espresso il timore del cittadino comune proprio di fronte ai mali di uno Stato di cui non solo non si riconosce come parte, ma che anzi ti è nemico, antagonista. Chi aveva ragione e chi torto? Entrambi e nessuno, mi pare. Perché, se è vero che Sanguineti aveva ragione nel principio – non si può fare opposizione a vita, lasciando sempre agli altri la possibilità di decidere anche per te –, è anche vero che la nostra storia ha dato ragione a Sciascia. Ma ancora, va detto che se c’è stato un intellettuale che voleva fare una rivoluzione per essere meglio integrato con gli altri fu proprio Sanguineti, il quale non riuscì mai né a fare una rivoluzione, né a integrarsi in niente e con nessuno, troppo colto per mettersi alla pari con le classi operaie per cui faceva politica, che manco capivano la sua lingua, e troppo militante per trovare una mediazione possibile con chi parlava la sua stessa lingua ma non condivideva l’uguale integralismo politico. (E infatti, non a caso, il suo antagonista per eccellenza, fu l’amato-odiato Pasolini, che gli era tanto più simile nel rigore, nella solitudine e nelle pulsioni di morte di quanto Sanguineti stesso avrebbe mai voluto/potuto ammettere).
mercoledì 19 giugno 2019
naufragi
venerdì 22 febbraio 2019
come un veleno
mercoledì 2 gennaio 2019
di galli da combattimento e di cani randagi
Rileggendolo stasera mi è sembrato di vedere nel vecchio colonello senza pensione, in questo personaggio che non vuole arrendersi nemmeno di fronte all’evidenza, solo davanti alle istituzioni, talvolta sporcandosi le mani per bisogno, ma che attua una costante e cocciuta opposizione, mantenendo intatta una ferrea e inarrestabile determinazione persino nella tragicità e nell’inadeguatezza che a tratti si fa caricaturale, determinazione che trova una causa, la possibilità di un riscatto, nell’amore per il ricordo di un figlio ucciso, ecco, rileggendolo mi è sembrato di vedere nel vecchio colonello dei tratti in comune col Giovanni Vivaldi di Un borghese piccolo piccolo scritto da Vincenzo Cerami nel 1976 e subito dopo portato sullo schermo da Mario Monicelli con protagonista Alberto Sordi.