martedì 30 giugno 2020

capitare

Oggi pomeriggio mi chiama un ragazzo di 17 anni che scrive poesie e cerca un editore. Stava per firmare un contratto con una di quelle case editrici che per pubblicare ti chiedono l'equivalente di tre mesi di stipendio e quando lo ha detto al padre gli è arrivato uno scapaccione così violento che lo ha convinto a cercare ancora. Mi chiama e la storia dello scapaccione mi fa ridere così tanto che decido di perderci dieci minuti al telefono per spiegargli come funziona questo mondo e a chi dovrebbe rivolgersi per non essere fregato. Grazie, mi risponde, lei è stato gentilissimo! Prima di salutarmi mi chiede: Quindi le posso mandare il mio libro? Non è che me lo rifiuta perché sono poesie? In che senso, faccio io. È che prima di lei confesso che ho sentito altre due case editrici che mi hanno detto che loro non pubblicano poesie. Sì, ma io pubblico solo poesie, gli faccio. Ah, questo NON lo avevo capito!, mi risponde lui. Mi cascano le braccia. Scusa, ma se manco sai che faccio, mi dici come mi hai trovato? E lui: Mi scusi, non la volevo offendere, ho cercato un po' a caso e mi siete capitati voi.