martedì 9 gennaio 2024

farsi le seghe

 Dopo il post di ieri sul “pubblico della poesia” un amico mi scrive, sfottendomi: ma perché fai questi post in cui parti con un pensiero e poi giri a vuoto? A che servono? Non è un po’ come farsi le seghe? – Sì, assolutamente sì, gli rispondo. Il problema è che io sono meridionale, e i meridionali sono barocchi nel profondo e sono pregni di morte (Sciascia), e si fanno un sacco di seghe in barba alla morte, bellissime seghe barocche. Non è un caso che molti filosofi italiani abbiano origini meridionali. – Aggiungo però una cosa. Stanno tutti sempre a lamentarsi che manca la critica letteraria. Io non sono un critico così come non sono un filosofo, però un pensiero disinteressato sul mondo editoriale, con tutti i miei limiti, provo a costruirmelo. Invece mi pare, e non vale solo per me, che ciò che uno scrive, se è non indirizzato alla nota di lettura o recensione spicciola del singolo volume, venga spesso inteso come perdita di tempo, una sega mentale. Insomma, delle volte ho la sensazione che quando ci si lamenta della mancanza di critica letteraria, ciò che interessa non è tanto la critica letteraria in sé, ma la critica letteraria “a me”, non un pensiero su quanto ci sta accadendo intorno e ci coinvolge tutti, volenti o no, ma solo uno che si prende la briga di leggere il tuo libro ed emette un giudizio di valore su quello, meglio se col bollino blu, così possiamo condividerlo sui social e aggiungerlo in cartella stampa. Che è, mi permetto, un’altra forma di masturbazione, assai poco meridionale perché senza fantasia. Così, già se uno mette il tuo libro con altri libri generalizzandolo nel mucchio fa peccato, ma ancora peggio, se lo accantona proprio per fare un pensiero un pochino più alto che non entra nel merito specifico della recensione, ponendosi domande assai poco pratiche e senza risposta, sta già pisciando fuori dal vaso o, per alcuni, ha già ripreso a farsi le seghe.

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