Oggi a sorpresa mi chiamano per chiedermi se voglio vendere la casa editrice con tutto il catalogo. In undici anni è la seconda volta che mi capita. Ne sono lusingato, infatti la prima cosa che ho detto è stata: Ma siete sicuri? Ma quanti soldi ci avete? – Dopo ne ho parlato con mio fratello che mi fa: Ma la vogliono con te dentro o con te fuori? – Ah, questo non l’ho chiesto. – Mio fratello alza gli occhi al cielo: Ma perché non fai mai le domande importanti? – È che do già per scontato che non mi vogliono. – Se ti fanno delle offerte significa che le cose che fai a qualcuno sono piaciute. Il guaio è che non sei bravo a venderti. – Mica per forza è un difetto. – No, ma qualche volta sì.
Poesie, pensieri e fotografie di Vitantonio Lillo-Tarì de Saavedra, in arte Antonio Lillo ovvero Antonio Hammett
giovedì 31 ottobre 2024
la bio
Autrice che al telefono ha fatto per lo più scena muta, nonostante mi avesse chiamato lei “per fare delle domande”, mi manda una raccolta di poesie stralunatissime, assai bordiniane, completamente fuori controllo lirico, ma non prive di una loro misura, di un ritmo, di una voce, scritte a loro modo benissimo, nonostante i continui refusi e con delle chiuse svagate ma talmente efficaci, talmente giuste, da creare quel tipo d’opera naif che non piace a tutti ma personalmente mi manda in brodo di giuggiole. A tal punto che più volte mi interrogo se a scrivermi sia persona affetta da disturbo borderline, oppure una colta che vuole giocare a fare l’ingenua, riuscendoci. Non riesco a capirlo, ma visto che alle poesie manca del tutto una bio le chiedo di mandarmi due righe di presentazione per capire chi è che mi scrive. Mi risponde così: Biografia, sono una scrittrice dal 2012-2013 e le mie poesie sono scritte da me sola. Ciao.
mercoledì 30 ottobre 2024
i cambiamenti nell'editoria in corso
Amica mi racconta come avanzano le nuove modalità di editoria all’estero. Lei vive e lavora in Spagna per un’agenzia italiana collegata a una casa editrice inglese – di cui però non mi ha detto il nome – che realizza libri prodotti in self publishing per Amazon Kindle Direct Publishing. In pratica i clienti pagano la casa editrice per fare il loro libro: fornendo i dati necessari i libri vengono creati da un’intelligenza artificiale e poi editati, attraverso l'agenzia, da alcuni professionisti come la mia amica che perfezionano i prodotti diversificandoli fra loro, lavorando "di cesello" sullo stile del testo. La qualità dei libri prodotti in questo modo è alta sotto il profilo formale e i libri sono distribuiti, in formato digitale (quindi senza costi relativi a stampa e distribuzione fisica), nella lingua che si preferisce e a prezzi accessibilissimi, sulla più grande e capillare piattaforma di vendita del mondo. Mi dice la mia amica che la casa editrice inglese produce, a catena, un libro a settimana e gli introiti che ne derivano sono tali che i professionisti che ci lavorano vengono tutti adeguatamente remunerati.
rose e fiori
Non sempre sono rose e fiori. Mi chiamano: Buongiorno, sono un’autrice di poesia, vi ho trovato su Internet, volevo pubblicare il mio libro, ma prima volevo sapere se è vero che non siete a pagamento. – Per ora no. – Allora glielo mando subito, ho già fatto anche la copertina. In quanto tempo esce il libro? Ce la facciamo per Natale? – No scusi, non ha capito, proprio perché non siamo a pagamento, fra quelle che ci arrivano selezioniamo noi poche proposte su cui investire e facciamo soltanto quelle. La copertina la decidiamo noi. – Ah, ma quindi non li pubblicate tutti? – No. – Mi perdoni, ma questo non mi pare molto giusto, una persona di fida di voi e voi la mandate via a calci… E quanto tempo ci mettere a decidere chi pubblicare e chi no? Ce la fate a darmi una risposta in tre quattro giorni? – No, signora. Noi valutiamo tante proposte, ci serve qualche mese per decidere. – Qualche mese? Mi perdoni, ma così mi pare veramente una fregatura la vostra. Pubblicate pochissimi autori, decidete tutto voi, e devo pure aspettare i vostri comodi? Ma per fortuna che non chiedete soldi! Messa così, meglio andare da uno stampatore, è più onesto! Almeno lì decido io qualcosa del mio libro.
lunedì 28 ottobre 2024
c'è una libreria?
Giovane appassionato di storia locale compra, su Amazon, un libro di storia locale scritto da uno storico del luogo che abbiamo pubblicato. Quando vedo l’indirizzo sulla bolla (a 10 minuti da casa mia) lo chiamo al telefono per dirgli che se vuole glielo consegno a mano. Il giovane appassionato di storia locale resta basito nello scoprire che c’è una casa editrice in paese a soli 10 minuti da casa sua. Succede però che avendo ordinato il libro su Amazon regala a loro il 35% del prezzo di copertina, oltre a pagare delle spese di spedizione inutili. È una cosa che un po’ mi innervosisce. – Ma perché non lo hai comprato in libreria, invece di andare su Amazon, non facevi prima? Non era meglio dare una mano a loro invece di regalare soldi ad Amazon? – Ma perché, c’è una libreria in paese? – Mi cascano le braccia. Gli chiedo: – Che faccio, te lo porto o no il libro a casa? – Ma ormai le spese di spedizione le ho pagate, meglio se me lo spedisci. – Io qui mi arrendo e chiudo la telefonata. Per fortuna, penso, sa che almeno c’è l'ufficio postale.
sulla parete della grotta
Ultima serata del festival Disimpegno, con ospite Marco Nero presentato da Roberto Lacarbonara. Durante l'incontro, in cui si parlava dell'inutilità dell'arte, Neri col trasporto sanguigno che gli è proprio, ha usato come esempio quello della grotta di Lascaux. In quella grotta, ha detto, la gente si nutriva, dormiva, si azzuffava, si accoppiava, forse pregava qualche dio, allevava i figli, moriva. Fra gli altri c'era un tipo che guardava il soffitto con l'idea di dipingervi sopra degli animali che aveva visto di fuori. Magari quel tipo era visto dagli altri come perfettamente inutile alla tribù, magari uno scemo, eppure tutto ciò che ci resta oggi di quella gente vissuta lì secoli fa e del loro passaggio sulla terra sono i disegni di quel piccolo umano sulla parete della grotta.
domenica 27 ottobre 2024
la livella
Va pur detto che per molti di noi (che scrivono) la vera "livella" non è la morte, che anzi forse quella ci nobilita, ma il reparto dei libri d'occasione, venduti con gli sconti oppure usati sugli store online. Studiavo oggi quello di IBS per vedere se ci fosse qualche titolo interessante da comprare coi saldi, e osservavo quanti titoli ci sono (qualcuno anche mio) che solo 3 anni fa giravano ancora in forma di manoscritto in cerca d'editore e nel frattempo non soltanto sono usciti ma già li trovi rivenduti col 30 o 40% di sconto per svuotare i magazzini.
venerdì 25 ottobre 2024
il pdf
Uno dei classici sottaciuti di questo mestiere riguarda il rapporto con quegli autori con cui hai cominciato a dialogare perché li trovi interessanti, a cui proponi di inviare una tua raccolta, e quelli cominciano a tergiversare per non darti l’indirizzo di casa, perché la tua raccolta non la vogliono leggere: o perché non gliene frega nulla di sapere come scrivi, o perché temono di dirti che non gli piace e giocarsi così il rapporto editoriale. Non fanno tutti così, ovviamente, ci sono pure quelli che ti rispondono “volentieri!” pur sapendo che forse non la leggeranno (io ogni tanto ho questa colpa). Come dicevo, però, è un mal comune a cui siamo tutti più o meno abituati. Di recente c’è stata un’autrice, la quale mi ha tartassato per mesi per farsi pubblicare da me e di cui avevo letto due libri suoi comprati a mie spese (a mio avviso belli), e così nello scambio di chat le avevo proposto di regalarle un mio libro: lei all’epoca mi rimbrottò che i libri non si regalano, si comprano, infatti non ha mai comprato il mio perché non le interessava leggerlo. Di recente l’autrice è tornata all’attacco: Cristo, che cosa devo fare per farmi pubblicare da te? – Comprati un mio libro! l’ho stuzzicata. – Ancora a quella storia stai pensando? Va bene, se proprio ci tieni mandami il pdf.
sogno del galletto
Cos’è quel galletto grasso che mi fissa ghignando attraverso la finestra della stanza in fondo immerso in un paesaggio di neve calda? Sta appollaiato su un tetto circondato da molte persone in una luce calda. Lo fisso anch'io da qui in penombra mentre faccio il mio augurio di speranza ad una coppia straniera riparatasi dal freddo che loro soli sentono e si abbracciano. Stanno sulla porta di casa ma non entrano. Viva l’amore dico loro nel mio italiano scarso e ne ridacchiano, imbarazzandomi un poco. Mi troveranno buffo non so, ma so mentre rientro che non è poco in quel paesaggio in quella neve calda avere un altro da tenere stretto, e per sbrigarmi carico la legna che mi serve per attizzare un fuoco che non serve in quella stanza vuota dove mangio coi miei soli fantasmi dal mio solo piatto un brodo di pollo caldo e senza sale.
giovedì 24 ottobre 2024
la verità sta nel mezzo
educazione all'affetto e censura
Un amico, mio coetaneo, che insegna in una scuola media, mi racconta questa storia edificante. Dovendo portare una classe in gita propone all’altra classe che segue, una terza, di riempire le due ore in cui non ci sarà guardando un film. Visto che la terza, per età, ha molte curiosità sulla sfera sessuale e l’identità di genere, propone loro, dopo una bella discussione, di vedere un film delicatissimo, Tomboy, che parla di una bambina di 10 anni che si veste da maschio, e il giorno dopo la gita ne riparleranno in classe. I bambini sono entusiasti e dicono sì. Il mio amico affida alla collega che farà da supplente il compito di fare vedere il film e va in gita. Il giorno dopo la gita torna in classe e scopre che i bambini non hanno visto il film deciso insieme, ma un documentario sulla storia politica d’Italia. I bambini si sono annoiati e sono anche delusi. Il mio amico chiede delucidazioni alla collega e quella gli dice che, avendo letto una recensione del film e avendone discusso prima col vicepreside hanno deciso di comune accordo, ma senza avvisare il mio amico, che un film che parla di identità sessuale era inadeguato all’età dei ragazzi e lei non voleva prendersene la responsabilità. Il mio amico, che si è sentito giudicato nei suoi metodi di insegnamento si è lamentato della cosa, ma alla fine il preside ha dato ragione a lei. – Che vecchia bigotta, ho commentato io, avendo capito dalla storia che la supplente fosse una persona anziana e retrograda. – Vecchia? Ha 35 anni! E sai una cosa? Quella farà carriera, si sta già muovendo per diventare dirigente. E il bello è che non gliene frega nulla dell’educazione dei bambini, se glielo chiedi ti dice apertamente che a stare in classe si annoia.
mercoledì 23 ottobre 2024
difesa
dai denti
questa fetta di pane
quest’osso
questo pezzo di mondo
non abbaio non ringhio non digrigno
ti zompo addosso
le ossa ti sfondo.
(Bartolo Cattafi)
il lettore raddoppiato
Alcuni giorni fa leggevo un commento interessante – non mi ricordo di chi – a un post sullo Strega Poesia in cui si diceva sostanzialmente che per quanto un poeta si impegni, per quanto talento abbia, nel mondo editoriale di oggi sarà sempre considerato uno scrittore di serie b. Infatti, si faceva un esempio, quando nei talk show invitano uno scrittore come opinionista, invitano sempre un romanziere, mica un poeta, e questo perché c’è l’idea sottaciuta che i poeti vivono fuori dal mondo e i romanzieri no. Eppure, pensavo oggi, chi frequenta la poesia è un lettore raddoppiato rispetto a chi pratica soltanto i romanzi, perché uno che respira in prosa spesso riesce a leggere le cose soltanto in prosa, gli mancano proprio le chiavi logico-emotive possedute dall’altro, mentre uno che respira in poesia per forza di cose sa leggere sia in versi che in prosa, che sono proprio due modi diversi di interpretare le cose. Non a caso, molti fra i romanzi più belli sono scritti da persone che prima ancora scrivevano in versi e pubblicavano raccolte di poesie che nessun altro voleva leggere.
martedì 22 ottobre 2024
un paese
Un paese di Cesare Zavattini e Paul Strand è un’opera straordinaria sotto tutti i punti di vista: estetico, etico, epico, personale e antropologico. Paul Strand, fra i primi e più grandi fotoreporter americani, emigrato in Europa per sfuggire al maccartismo, nel 1953 conosce e chiede a Cesare Zavattini, sceneggiatore fra i padri del neorealismo, di fare un libro insieme, un reportage italiano. Zavattini un po’ per scherzo, un po’ perché la ritiene la cosa più facile, propone un reportage su Luzzara, il paese in cui era nato e da cui era partito molti anni prima verso Roma. Zavattini pensa: è un posto che conosco bene e questo semplificherà il lavoro. Invece, man mano che il lavoro procede, si rende conto di non conoscere affatto il paese di Luzzara, di averlo completamente dimenticato, o meglio ancora deformato attraverso la memoria. Ne viene fuori un libro che è prima di tutto un atto di riconciliazione e riappropriazione di un paese, di un mondo, poco prima che quel mondo finisse per sempre. Ne viene fuori un’opera corale e palpitante che è il frutto di una serie di ritratti in cui si fondono fotografia e parole, povertà e immaginazione, quella cosa che Salgado chiamava “il sale della terra” e che noi accogliamo forse meglio se proviene da altri luoghi del mondo, ma vergognandocene nel nostro, perché puzzano di miseria. Quella miseria umida che un tempo ci portavamo addosso come tutti gli altri. Il libro è stato pubblicato da Einaudi nel 1955 ed è tale la sua importanza storica che è ancora oggi sul mercato. Vale la pena prenderlo, per chi può, insieme al catalogo della mostra dedicatagli a Palazzo Magnani di Reggio Emilia nel 2017, primo perché il catalogo è stampato assai meglio, poi perché contiene molti altri scatti che non finirono nell’opera, e soprattutto perché ha una sezione finale in cui mostra la lunga serie di influenze e stimoli che ha avuto sull’opera di molti altri fotografi di fama internazionale, raccontando così come una manciata di contadini scalzi coi loro buoi abbiano fatto il giro del mondo da protagonisti.
bambini
Da quando abbiamo aperto la collana per bambini mi arrivano un sacco di proposte, la maggior parte delle quali non sono altro che raccolte di poesie in rima baciata che rivelano la totale mancanza di dimestichezza col mondo dell'infanzia. Ora, io non so se questo capita per ingenuità dell'autore su quel particolare tipo di letteratura o perché sottovaluta quel mondo (è pieno di manuali in giro, se uno volesse approfondire il campo), né io mi ritengo particolarmente preparato in merito, ma la vedo la differenza fra uno che vuole rivolgersi ai bambini e uno che fa l'imitazione di Rodari. E vi assicuro che se vai in una classe con una storia che non gli parla, i bambini ti mandano a cagare in tanti sottilissimi modi che nemmeno immaginate.
la centuria di manganelli riassunta in 100 parole
C’è
uno, anzi meglio c’è un signore vestito di qualcosa che forse – non sa
dirlo ma ci costruisce epiche – è innamorato di una donna la quale a sua
volta ricambia oppure no i suoi sentimenti. Decidono di incontrarsi
alla fermata del tram, oppure all’angolo di una strada dove arriverà una
sfera per fare chiarezza sulle loro esistenze, ma compare
all’improvviso un drago e se la mangia. Nel dubbio di fare o no la cosa
giusta il signore
e la signora decidono di tornarsene a casa senza mai incontrarsi, così
da preservare alla perfezione quella loro incertezza.
lunedì 21 ottobre 2024
la domenica specialmente
Autrice che mi aveva mandato la sua proposta editoriale sabato pomeriggio mi ricontatta oggi per chiedermi se ho già letto il suo libro. – Ho visto la mail, ma non ho aperto l’allegato. – Pensavo foste più veloci nelle risposte. – Invece siamo lenti, però ieri era anche domenica. – Beati voi che di domenica vi potete riposare, mi dice.
gusto
C’è una certa sottile ironia nell’autore che dopo averti mandato quattro proposte editoriali nel giro di due anni si accorge finalmente del fatto che anche tu scrivi poesie. Se lo sapevo, mi dice quasi risentito, non ti mandavo niente. Perché? Perché se scrivi ci hai il tuo gusto, è evidente che non collima col mio. Non lo sfiora nemmeno il pensiero che al di là del mio gusto il suo libro non possa funzionare, perché ormai tutto è gusto, non sostanza, e del resto ogni editore anche se non scrive ha un gusto, o no? Peraltro, gli ho chiesto se ha letto ciò che scrivo e lui mi ha detto sì, non mi è piaciuto.
domenica 20 ottobre 2024
prolificità
Mentre studio per la serata di venerdì di Disimpegno, che sarà in parte dedicata a Bartolo Cattafi attraverso un lavoro a tema del jazzista Gianni Gebbia, mi ritrovo a pensare ai tempi creativi di Cattafi poeta. Artista colmo di furori creativi, Cattafi era uno che preso dall’impeto scriveva 200 poesie in un anno, poi faceva silenzio per otto anni (nel senso che in otto anni non prendeva nemmeno la penna in mano, nemmeno per scrivere una lettera), poi il “tappo saltava” di nuovo e ne scrive altre 400 in dieci mesi, per poi fare silenzio per un altro certo numero di anni. Per molti di noi che scriviamo, cresciuti come siamo nell’ideale della parola “scavata nella carne” (Ungaretti) una simile abitudine è vista con forte diffidenza: 400 poesie in meno di un anno è una roba da dilettanti, senza controllo critico, buttate lì senza scavo emotivo o riflessione alcuna. Eppure Cattafi, che era anche pittore e alternava alla creazione in versi quella per immagini, secondo me applicava i tempi della pittura a quelli della scrittura, ovvero non guardava alla poesia come a una “poesia” ma come a un’impressione che in quel preciso momento si traduceva in parole, ma avrebbe potuto esprimersi anche in linee o impasti di colore. Non conosco nessuno che ha mai trovato scorretto un pittore che produce 400 quadri in meno di un anno, anzi, quella è vista come una forma di salute creativa: quello è un artista prolifico, si dirà, e se ha un mercato venderà molto. Chissà perché, invece, per la poesia si applica un filtro così diverso e stringente. Io ad esempio mi ricordo che c’è stato un periodo della mia vita in cui ero molto più prolifico di adesso, e scrivevo anche tre poesie in un giorno, e cambiavo loro le date perché un po’ mi vergognavo, mi sembrava che tre poesie in giorno fossero indice di un’eccessiva faciloneria.
venerdì 18 ottobre 2024
topa
A
pranzo con amica commentiamo il processo a Salvini. A un certo punto
amica, che è lesbica, mi confessa che l’avvocato Giulia Bongiorno le fa
sangue. – Ma veramente? Con tutto quello che offre la natura... – Mi
piace, che ci posso fare? Ho un debole per le persone autoritarie… – Sì,
questo lo so, ma qui si va oltre l’autorità… – Non solo le piace la
Bongiorno, ma a questo punto si sbottona e mi confessa che pure Giorgia
le piace, come donna. – Io non le voglio credere. Ma quella
Giorgia lì, dici, o Giorgia la cantante? – Ma va, Giorgia la cantante è
simpatica, ma non è autoritaria, non è una che ti sculaccia… – Ma che
fantasie c’hai? – Oh, mi piace così. Mica vengo a discutere le tue
fantasie, io! Secondo me Giorgia è una gran topa! – Ma sei seria?
Giorgia, quella della famiglia tradizionale? – Ma niente da fare, non la
smuovo dalle sue convinzioni. Anzi, ne è così convinta che ha chiamato
Giorgia pure il suo criceto… – Povero criceto, penso. E povera anche
Giorgia. Come si vede la vita è una cosa beffarda, puoi essere il capo
di un governo, eppure da “sono una donna” a “sono un criceto” è
veramente un attimo.
giovedì 17 ottobre 2024
ammore
Giovanissima autrice partenopea mi contatta su whatsapp per dirmi che vuole pubblicare la sua prima raccolta e vuole sapere come facciamo. – Tu mandami le tue poesie corredate da bio e sinossi, io le leggo, e se mi piacciono le pubblico, se non mi piacciono cercherai un altro editore. – Va bene, ho già tutto pronto, e mi manda la raccolta su whatsapp. –Sono 100 poesie d’amore, mi dice da vera imprenditrice, perché le poesie d’amore si vendono, ma per ora ne ho scritto solo la metà, così ti fai un’idea. Visto che sono molto creativa la copertina l’ho disegnata io e usiamo quella, non si discute! – Apposto. – Apro la raccolta. La prima poesia in rima baciata, che mutua chiaramente il linguaggio della trap, parla dell’avvistamento di un ragazzo che le toglie il fiato, ma se riuscisse a parlare gli direbbe più o meno così: Quando ti vedo io mi bagno tutta, sei più bono di Damiano dei Måneskin, giuro se il coraggio lo trovo che ti prendo e ti rifaccio nuovo.
pacchia
Ieri ho letto 10 proposte editoriali (di cui 3 erano parecchio belle) così ho fatto indigestione di parole e stanotte ho sognato di leggere ancora altre proposte editoriali (me ne mancano 21) e stavo quindi annegando nelle parole quando all'improvviso ricordandomi che dovevo tagliare la barba per fuggire mi sono ritrovato sulla sedia di un barbiere che con la scusa di radermi mi puntava il rasoio alla gola indicideva con la lama nella carne e ridendo mi diceva: è finita la pacchia, adesso si sanguina davvero.
mercoledì 16 ottobre 2024
respiro
Mi pare lo avesse scritto in un post Simone Burratti, ma è vero, lo dico per esperienza, quasi il 90% delle proposte che mi arrivano sono scritte da insegnanti, o comunque persone legate al mondo degli studi e si sente, bene o male si sente, non solo nel vocabolario, ma proprio nel respiro, nell’intonazione, al punto che nella maggior parte dei casi tu leggi le prime righe della raccolta e sai già che quello che scrive è uno che lavora nella scuola: ce ne sono così tanti che dopo un po’ non ci pensi più, l’orecchio si abitua al ronzio generale e abbassa la soglia di attenzione su ciò che è buono o no, perché tanto il suono generale è quello. Poi delle volte arriva qualcosa di inconsueto, tipo la proposta di un operaio o di un bracciante agricolo o di un cameriere o di uno che è stato in prigione, e allora te ne accorgi della differenza, perché c’è molta meno gente che scrive e respira a quel modo e anche se non è detto che sia per forza migliore o che si meriti la pubblicazione, perlomeno senti che è diverso, diventa una boccata d'aria e tu ti senti più completo soltanto nel leggerli. Quando capita mi chiedo che respiro ho io che faccio l’editore, se sono più vicino al professore o all’artigiano, oppure se proprio per quello che faccio c’è qualcosa che mi stacca dal resto, e cosa posso imparare da loro. Per questo penso che tutti dovrebbero scrivere poesie, anche chi fa tutt’altro nella vita, non solo perché ne hanno il diritto, ma proprio perché anche loro sono necessari alla poesia, le danno fiato, le movimentano il respiro.
martedì 15 ottobre 2024
l'avversario
Ieri sera a cena parlavamo di Limonov di Carrère e della Russia in cui aveva cominciato a scrivere poesie, una Russia in cui – come diceva Silvio – un ragazzino di 13 anni e senza i giusti agganci era già condannato, sapeva già che la cosa migliore che gli poteva capitare era diventare un alcolizzato di vodka, oppure se gli riusciva fuggire, e questa visione della Russia era l'unica cosa che Limonov avesse in comune con Brodskij, il suo avverario di sempre, quello che voleva battere a tutti i costi diventando più bravo, più famoso, più grande. Perché in arte, più importanti degli amici sono i rivali, reali o immaginari che siano. Lo dice proprio Limonov, in una intervista del 2014 (tradotta da Davide Brullo e Fabrizia Sabbatini), in cui confessa quanto gli manchi il suo avversario: “C’è stato soltanto un uomo il cui talento letterario era commisurabile al mio – benché diverso e minore del mio. Iosif Brodskij. (…) Mi sento un po’ solo a causa della sua assenza, ho pure scritto una poesia su quanto mi senta solo al mondo senza di lui. Può o meno fa così: Senza Brodskij, la noia mi devasta. (…) Brodskij era un Maestro, abbiamo vissuto una complicata relazione di amore-e-odio. Non gli piaceva il mio primo libro, invidiava alcune pagine di Diario di un fallito. Ho invidiato la sua ode In morte di Zukov. Quando, nel 1998, uscì il mio libro, Anatomia di un eroe, avevo fisicamente bisogno che Brodskij leggesse quel libro. O uno simile a Brodskij. Ma Brodskij giaceva conficcato nel suolo di Venezia. (…) Non era brillante, Iosif, ma era un Maestro, sapeva apprezzare, sapeva sentire. È una rara apparizione, un Maestro, dunque, ora, chi cazzo mi leggerà?”
venerdì 11 ottobre 2024
verso le zone interne
Ascolto in presa diretta Enzo Magistà che su Telenorba dice che, a dispetto dei gufi, i dati del turismo pugliese sono in continua crescita, ma tutti decentrati sulle località di mare e per questo bisogna lavorare per amplificare l’offerta verso l’interno. A me, alle sue parole, vengono in mente due turiste russe che ho incontrato ieri, terrorizzate perché dovevano andare a Ostuni e non capivano dove fosse la fermata giusta, che non era chiara dalla segnaletica, perché se perdevano quella corsa erano a terra, non c’erano alternative. Hanno cominciato a chiedere in giro, anche ai negozi, e non lo sapeva nessuno. Io stesso ho fatto l’errore di mandarle alla fermata sbagliata, quella su via Martina, perché pensavo che il pullman girasse da lì su via Cisternino, come sarebbe ovvio. Invece no, sono state salvate da qualcuno più preparato di me che le ha indirizzate alla fermata per Fasano. Perché – io non ci credevo ma ho controllato sul sito di Trenitalia – l’unico modo oggi per arrivare coi mezzi da Locorotondo a Ostuni – un percorso di circa 20 km che in auto si fa in mezz’ora – è prendere il pullman per Fasano, cambiare a Fasano per Monopoli, poi cambiare a Monopoli e risalire verso Ostuni. Sono due cambi per un tempo stimato di 3 ore e 27 minuti, quasi lo stesso che ci vuole da Bari per arrivare a Roma. Poi parliamo di invogliare le persone a muoversi verso l’interno della regione.
martedì 8 ottobre 2024
ho scelto te
Gentile editore, buongiorno, dopo averti osservato a lungo ho deciso che voglio pubblicare il mio prossimo libro con te, non scherzo, ho scelto proprio te e nessun altro, per cui dimmi quando sei pronto che procediamo. Io sono libero sempre. – Buongiorno a te, quando dici che mi hai osservato a lungo intendi sui social o che sai dove abito? Mi devo preoccupare?
domenica 6 ottobre 2024
l'ultimo desiderio
sabato 5 ottobre 2024
filosofia di vita
La mia povera filosofia di vita non ha super pensieri da offrire, è tutta fatta di poesia. Più vado avanti nel tempo e più comincio a sentire come l’idea di paesologia, che pure ho sentito mia, intesa come immersione poetica nella vita dei paesi, nei suoi vuoti e pieni, nella riscoperta e riappropriazione dei piccoli centri con tutto il loro carico di dignità e tragedia, sia stata in parte superata dall’idea di umanesimo vegetale (come definito da Angiuli), che sposta l’uomo e i suoi bisogni da lato, fuori dal centro, per dare nuovo respiro alla terra, alla natura. Sono entrambe validissime possibilità di lotta contro il mostro consumistico che si sta mangiando tutto, pure i nostri piedi. Ma forse, o almeno me ne sto sempre più convincendo, dovremmo cominciare a lasciare la presa. Anche qui dove tutto sembra lentamente morire. Così forse le zone abbandonate del nostro Paese non vanno ripopolate, ma solo lasciate andare, sgomberate dalla nostra presenza, lasciate in pace nell'idea che forse non ci vogliono, che non hanno affatto bisogno di noi, e che quando non ci saremo più noi, ci sarà comunque qualcos’altro. Perché ogni volta – e questa è una delle poche cose certe che sappiamo – eliminato l’uomo resta la natura che si riprende tutto cancellando pian piano le tracce del nostro passaggio. Lasciare andare il mondo a se stesso allora, cercando di non dare troppo fastidio, questa è la mia idea di vita oggi. Starmene da lato ad osservarlo. Se pensiamo al pianeta come qualcosa che vive anche senza di noi, è abbastanza funzionale, almeno agli interessi del pianeta. Basta guardare i segni, imparare a leggerli. Nelle mie zone, ad esempio, man mano che i giovani vanno via e la popolazione invecchia, stanno pian piano ritornando i lupi, che erano stati completamente estinti nel XVII secolo. Per qualcuno questa è una sciagura e per qualcun altro un segno.
venerdì 4 ottobre 2024
cristina
Autore che mi ha appena inviato la sua raccolta mi chiama per sollecitarmi alla lettura e al telefono mi decanta non l’intima bellezza dei suoi versi, ma la prefazione di Cristina, della quale mi parla con un tale atteggiamento ossequioso che sulle prime mi viene da chiedergli: ma chi, la Vivinetto? – No, no, lei non la conosce. – Gli dico che in genere in casa editrice avversiamo le prefazioni, al massimo se hanno un senso per l’opera le spostiamo alla fine, come postfazione, ma mai, mai prima del testo. – Lo sento agitarsi dall’altra parte. Per favore, non lo faccia, non lo dica nemmeno per scherzo. La prefazione va davanti per forza! Non lo immagina nemmeno in che guaio mi caccia se la mette dopo! – Ma perché, scusi? Cristina è la sua compagna? – Abbassa la voce per dare gravità alla cosa. Cristina è mia moglie. – Ah, cacchio! – Sì, mi ha spinto lei a chiamarla, mi ha fatto pure l’editing! – Ah, chiaro, ho capito. Senta, io non la invidio proprio, ma non la posso aiutare. Per me fa prima a rivolgersi a un’altra casa editrice, ce ne sono tantissime in giro fra cui scegliere. – E come facciamo con la raccolta che le ho inviato? Non è che la legge? – Ma scherza! La cancello senza nemmeno aprirla! – In questo modo chiudiamo la telefonata. Dopodiché, visto che la curiosità è più forte della parola data, prima di cestinarla do un’occhiata alla raccolta, dedicata a C., di cui ogni verso è scritto per/da/con l’onnipresente Cristina. E in effetti sì, la prefazione è meglio.
mercoledì 2 ottobre 2024
lattughe
Se il 2 ottobre di soli 5 anni fa mi avessero detto che un giorno avrei trovato più divertente piantare le lattughe nell'orto che pensare ai libri miei e degli altri non ci avrei creduto, o mi sarei rifiutato di crederci. In compenso là fuori sta scoppiando l'ennesima guerra e rifacendo mio il pensiero della Cavalli le mie lattughe non salveranno il mondo, esattamente come le mie poesie. Così non so più dire, ormai, se la mia sia stata una vittoria, oppure una sconfitta.
l'illustratore
Giovane illustratore molto bravo ma con ego ipertrofico si propone col suo portfolio e mi dice: Con un piccolo sovrapprezzo sono anche disponibile a correggere i testi che devo illustrare per abbinarli meglio ai miei disegni. – Cioè? – Dai, lo sappiamo tutti che la gente compra i libri per i disegni, mica per leggere i testi. Quindi mi sento lo scrupolo, se posso migliorare il libro, di dare un’aggiustata al testo quando non mi convince. – E io ti devo pagare per mettere le mani sul testo di un altro? – Bello, il lavoro si paga! E poi vedi come si vende il libro! – Oggi è stata la prima volta in vita mia che ho pensato: Menomale che sta arrivando l’AI.
martedì 1 ottobre 2024
made in heaven
MADE IN HEAVEN (1987) di Adam Rudolph, con Timothy Hutton e Kelly McGillis è uno di quei film adorabili, romanticamente e disperatamente anni 80 – con una colonna sonora tutta fiati e sintetizzatori guidata da un pezzo rock malinconico scritto appositamente da Neil Young, “We never danced” – che tanti di noi cresciuti negli anni 90, quando ancora lo replicavano in TV a orari improponibili hanno amato. Di cosa parla? Di due anime, lui appena morto e lei in procinto di nascere, che si incontrano, si innamorano e si sposano in Paradiso. Quando lei lo lascia per seguire il proprio destino, lui disperato fa un patto con un angelo e la insegue sulla Terra rinascendo a sua volta. La loro vicenda diventa allora quella di due anime gemelle che, senza più avere memoria di quel legame celeste, non fanno che rincorrersi per tutta la vita perché solo ritrovandosi l’un l’altra potranno essere completi e felici. Mi diceva Paolo Vites che come me adora quel film, che in origine i due non avrebbero dovuto incontrarsi condannandosi all’infelicità. Invece, per una volta con ragione, la produzione si impose e si decise di dare loro una possibilità quando, in una scena splendida che recupera e ribalta il mito eterno di Orfeo ed Euridice, lei lo rincorre nel traffico, lui si volta, ma per una volta fissandola non la perde, “Va tutto bene – dice la voce del suo angelo – ti ha trovato lei”.