sabato 5 ottobre 2024

filosofia di vita

La mia povera filosofia di vita non ha super pensieri da offrire, è tutta fatta di poesia. Più vado avanti nel tempo e più comincio a sentire come l’idea di paesologia, che pure ho sentito mia, intesa come immersione poetica nella vita dei paesi, nei suoi vuoti e pieni, nella riscoperta e riappropriazione dei piccoli centri con tutto il loro carico di dignità e tragedia, sia stata in parte superata dall’idea di umanesimo vegetale (come definito da Angiuli), che sposta l’uomo e i suoi bisogni da lato, fuori dal centro, per dare nuovo respiro alla terra, alla natura. Sono entrambe validissime possibilità di lotta contro il mostro consumistico che si sta mangiando tutto, pure i nostri piedi. Ma forse, o almeno me ne sto sempre più convincendo, dovremmo cominciare a lasciare la presa. Anche qui dove tutto sembra lentamente morire. Così forse le zone abbandonate del nostro Paese non vanno ripopolate, ma solo lasciate andare, sgomberate dalla nostra presenza, lasciate in pace nell'idea che forse non ci vogliono, che non hanno affatto bisogno di noi, e che quando non ci saremo più noi, ci sarà comunque qualcos’altro. Perché ogni volta – e questa è una delle poche cose certe che sappiamo – eliminato l’uomo resta la natura che si riprende tutto cancellando pian piano le tracce del nostro passaggio. Lasciare andare il mondo a se stesso allora, cercando di non dare troppo fastidio, questa è la mia idea di vita oggi. Starmene da lato ad osservarlo. Se pensiamo al pianeta come qualcosa che vive anche senza di noi, è abbastanza funzionale, almeno agli interessi del pianeta. Basta guardare i segni, imparare a leggerli. Nelle mie zone, ad esempio, man mano che i giovani vanno via e la popolazione invecchia, stanno pian piano ritornando i lupi, che erano stati completamente estinti nel XVII secolo. Per qualcuno questa è una sciagura e per qualcun altro un segno.

venerdì 4 ottobre 2024

cristina

Autore che mi ha appena inviato la sua raccolta mi chiama per sollecitarmi alla lettura e al telefono mi decanta non l’intima bellezza dei suoi versi, ma la prefazione di Cristina, della quale mi parla con un tale atteggiamento ossequioso che sulle prime mi viene da chiedergli: ma chi, la Vivinetto? – No, no, lei non la conosce. – Gli dico che in genere in casa editrice avversiamo le prefazioni, al massimo se hanno un senso per l’opera le spostiamo alla fine, come postfazione, ma mai, mai prima del testo. – Lo sento agitarsi dall’altra parte. Per favore, non lo faccia, non lo dica nemmeno per scherzo. La prefazione va davanti per forza! Non lo immagina nemmeno in che guaio mi caccia se la mette dopo! – Ma perché, scusi? Cristina è la sua compagna? – Abbassa la voce per dare gravità alla cosa. Cristina è mia moglie. – Ah, cacchio! – Sì, mi ha spinto lei a chiamarla, mi ha fatto pure l’editing! – Ah, chiaro, ho capito. Senta, io non la invidio proprio, ma non la posso aiutare. Per me fa prima a rivolgersi a un’altra casa editrice, ce ne sono tantissime in giro fra cui scegliere. – E come facciamo con la raccolta che le ho inviato? Non è che la legge? – Ma scherza! La cancello senza nemmeno aprirla! – In questo modo chiudiamo la telefonata. Dopodiché, visto che la curiosità è più forte della parola data, prima di cestinarla do un’occhiata alla raccolta, dedicata a C., di cui ogni verso è scritto per/da/con l’onnipresente Cristina. E in effetti sì, la prefazione è meglio.

mercoledì 2 ottobre 2024

lattughe

Se il 2 ottobre di soli 5 anni fa mi avessero detto che un giorno avrei trovato più divertente piantare le lattughe nell'orto che pensare ai libri miei e degli altri non ci avrei creduto, o mi sarei rifiutato di crederci. In compenso là fuori sta scoppiando l'ennesima guerra e rifacendo mio il pensiero della Cavalli le mie lattughe non salveranno il mondo, esattamente come le mie poesie. Così non so più dire, ormai, se la mia sia stata una vittoria, oppure una sconfitta.

l'illustratore

Giovane illustratore molto bravo ma con ego ipertrofico si propone col suo portfolio e mi dice: Con un piccolo sovrapprezzo sono anche disponibile a correggere i testi che devo illustrare per abbinarli meglio ai miei disegni. – Cioè? – Dai, lo sappiamo tutti che la gente compra i libri per i disegni, mica per leggere i testi. Quindi mi sento lo scrupolo, se posso migliorare il libro, di dare un’aggiustata al testo quando non mi convince. – E io ti devo pagare per mettere le mani sul testo di un altro? – Bello, il lavoro si paga! E poi vedi come si vende il libro! – Oggi è stata la prima volta in vita mia che ho pensato: Menomale che sta arrivando l’AI.

martedì 1 ottobre 2024

made in heaven

MADE IN HEAVEN (1987) di Adam Rudolph, con Timothy Hutton e Kelly McGillis è uno di quei film adorabili, romanticamente e disperatamente anni 80 – con una colonna sonora tutta fiati e sintetizzatori guidata da un pezzo rock malinconico scritto appositamente da Neil Young, “We never danced” – che tanti di noi cresciuti negli anni 90, quando ancora lo replicavano in TV a orari improponibili hanno amato. Di cosa parla? Di due anime, lui appena morto e lei in procinto di nascere, che si incontrano, si innamorano e si sposano in Paradiso. Quando lei lo lascia per seguire il proprio destino, lui disperato fa un patto con un angelo e la insegue sulla Terra rinascendo a sua volta. La loro vicenda diventa allora quella di due anime gemelle che, senza più avere memoria di quel legame celeste, non fanno che rincorrersi per tutta la vita perché solo ritrovandosi l’un l’altra potranno essere completi e felici. Mi diceva Paolo Vites che come me adora quel film, che in origine i due non avrebbero dovuto incontrarsi condannandosi all’infelicità. Invece, per una volta con ragione, la produzione si impose e si decise di dare loro una possibilità quando, in una scena splendida che recupera e ribalta il mito eterno di Orfeo ed Euridice, lei lo rincorre nel traffico, lui si volta, ma per una volta fissandola non la perde, “Va tutto bene – dice la voce del suo angelo – ti ha trovato lei”.