Poesie, pensieri e fotografie di Vitantonio Lillo-Tarì de Saavedra, in arte Antonio Lillo ovvero Antonio Hammett
venerdì 30 dicembre 2011
martedì 27 dicembre 2011
mio filone
essere io quel minatore e non
l’intera miniera
per strapparti col colpo di piccone
e non dovermi ancora
immaginare
bucolungo ancora
da scavare
l’intera miniera
per strapparti col colpo di piccone
e non dovermi ancora
immaginare
bucolungo ancora
da scavare
sabato 24 dicembre 2011
sabato 17 dicembre 2011
ecco ti specchi così morirai...
Ecco ti specchi così morirai
per eccesso di cure pasticche
o scaldino nello sprazzo
di sole braccato in giardino
dove consuma lo zefiro la carne
che frolla presagendo
lo scatto vano di memoria e
denuda a ogni perdita le vene
per eccesso di cure pasticche
o scaldino nello sprazzo
di sole braccato in giardino
dove consuma lo zefiro la carne
che frolla presagendo
lo scatto vano di memoria e
denuda a ogni perdita le vene
giovedì 15 dicembre 2011
ovunque sulle case
frullano i piccioni amorosi
ubriachi di sangue e di rose
in un cielo vermiglio struggendosi
ubriachi di sangue e di rose
in un cielo vermiglio struggendosi
mercoledì 14 dicembre 2011
giovedì 8 dicembre 2011
da capovento
Gli spiriti scrivono lettere
da Capovento a volo d’uccello
dal pozzo profondo d’inverno
fino ai confini dell’artico
scrivono lettere come sospiri
lettere sui vetri appannati
passi accennati di danza
che annunciano lo squillo di tromba
il ritorno di Louis Armstrong mai morto
tra le foglie del mangiafumo
la promessa dell’alba ma dopo
un’interminabile notte
e la fuga del negro danzante
alla caduta del vetro.
da Capovento a volo d’uccello
dal pozzo profondo d’inverno
fino ai confini dell’artico
scrivono lettere come sospiri
lettere sui vetri appannati
passi accennati di danza
che annunciano lo squillo di tromba
il ritorno di Louis Armstrong mai morto
tra le foglie del mangiafumo
la promessa dell’alba ma dopo
un’interminabile notte
e la fuga del negro danzante
alla caduta del vetro.
mercoledì 7 dicembre 2011
martedì 6 dicembre 2011
mercoledì 30 novembre 2011
lunedì 28 novembre 2011
venerdì 25 novembre 2011
martedì 22 novembre 2011
crave (brama)
Per A. che me lo ha fatto ascoltare.
Credo che sia il sogno di ogni artista quello di riuscire a creare un’opera che per certi versi lo superi e prenda vita propria, anche a costo di mostrare più di quanto l’artista stesso non aveva immaginato di dire, o di rivelare di sé. Se questo succede allora l’opera è più grande dell’artista che le ha dato forma e si può davvero affermare che, come per Dante o Shakespeare o anche i Beatles, l’opera diviene espressione assoluta di un tempo e di un popolo, di cui l’artista si è fatto voce.
Tutto questo pensiero in realtà mi è nato ascoltando un pezzo teatrale che forse non può paragonarsi a Shakespeare, ma che pure ha preso vita fino a diventare non solo uno dei preferiti dai giovani attori dell’ultima generazione ma anche dal pubblico, che sia più o meno affezionato al teatro. Mi riferisco al monologo di A, da Crave, spettacolo andato per la prima volta in scena nel 1998, della drammaturga inglese Sarah Kane. L’opera, la più celebre e la penultima della drammaturga, morta nel 1999, parla della disperata e fallimentare ricerca d’amore fra due coppie formate rispettivamente da una persona anziana e da una più giovane, che non riescono mai a comunicare i propri sentimenti. Lo stesso titolo, Crave, che si potrebbe tradurre con “brama” o “implora”, esemplifica bene il senso di tale ricerca, quasi patologica, da parte di queste persone che chiedono, pretendono, ma non sanno più dare. E al di là dei vari risvolti sociali il testo ha degli accenti tragici, talvolta romantici, che lentamente hanno conquistato il pubblico.
Di tutto il testo il monologo di A, come ormai viene definito un estratto dell’opera che ha assunto una sua autonomia poetica, rappresenta una sorta di drammatica dichiarazione d’amore (ma fatta a se stesso, mai comunicata) da parte di A, un uomo anziano, verso C, una ragazzina di cui si è innamorato e che paradossalmente ricambia i suoi sentimenti, pur a sua volta tacendoli. Lo stupore nasce dal fatto che il monologo è diventato in breve uno dei preferiti delle attrici e dei più sentiti da parte di un pubblico fondamentalmente femminile. Insomma, pur essendo stato scritto per un personaggio maschile (e pedofilo!), il testo ha catturato alla perfezione, per il proprio implicito e disperato romanticismo o perché tocca le corde più intime dell’animo femminile, l’immaginario di molte donne che lo hanno assunto come proprio manifesto poetico. Tanto è vero che se fate un giro in internet, dove sono caricati decine di video a tema, troverete davvero poche interpretazioni dello stesso realizzate da uomini e tantissime, alcune eccessivamente caricate di sentimentalismo (lì dove il sentimentalismo va assolutamente evitato), da parte di donne che lo recitano con tale naturalezza da farne addirittura dimenticare l’origine.
Certo, viene da pensare che ad spingere così tanto il monologo in tale direzione conti il fatto che a scriverlo sia stata una donna, per di più molto giovane. La Kane, suicidatasi a 28 anni, disse di aver scritto Crave quando ormai aveva perso “la fede nell’amore” e lo indicava come “il più disperato” dei suoi lavori. E mi pare indicativo che abbia messo quelle parole, parole così profondamente connaturate al desiderio femminile, in bocca a un personaggio maschile tanto più anziano di C (child) e che quindi verrebbe a confondersi con la figura paterna, amata follemente e allo stesso tempo ferocemente respinta. È una chiave di lettura non solo per tanto seguito appassionato ma anche dei risvolti psicologici vissuti della stessa autrice mentre scriveva.
Ma in fondo, al di là di tutte le analisi o divagazioni, resta come una piccola perla di poesia d’amore, questa lunga lettera per nessuno in cui maschile e femminile si fondono, vecchiezza e giovinezza, disperazione e gioia, in una sorta di vortice emozionale nel cui occhio sereno continueranno a riflettersi, volenti o no, l'ombra di Sarah Kane e di tutte le donne della sua epoca.
Tutto questo pensiero in realtà mi è nato ascoltando un pezzo teatrale che forse non può paragonarsi a Shakespeare, ma che pure ha preso vita fino a diventare non solo uno dei preferiti dai giovani attori dell’ultima generazione ma anche dal pubblico, che sia più o meno affezionato al teatro. Mi riferisco al monologo di A, da Crave, spettacolo andato per la prima volta in scena nel 1998, della drammaturga inglese Sarah Kane. L’opera, la più celebre e la penultima della drammaturga, morta nel 1999, parla della disperata e fallimentare ricerca d’amore fra due coppie formate rispettivamente da una persona anziana e da una più giovane, che non riescono mai a comunicare i propri sentimenti. Lo stesso titolo, Crave, che si potrebbe tradurre con “brama” o “implora”, esemplifica bene il senso di tale ricerca, quasi patologica, da parte di queste persone che chiedono, pretendono, ma non sanno più dare. E al di là dei vari risvolti sociali il testo ha degli accenti tragici, talvolta romantici, che lentamente hanno conquistato il pubblico.
Di tutto il testo il monologo di A, come ormai viene definito un estratto dell’opera che ha assunto una sua autonomia poetica, rappresenta una sorta di drammatica dichiarazione d’amore (ma fatta a se stesso, mai comunicata) da parte di A, un uomo anziano, verso C, una ragazzina di cui si è innamorato e che paradossalmente ricambia i suoi sentimenti, pur a sua volta tacendoli. Lo stupore nasce dal fatto che il monologo è diventato in breve uno dei preferiti delle attrici e dei più sentiti da parte di un pubblico fondamentalmente femminile. Insomma, pur essendo stato scritto per un personaggio maschile (e pedofilo!), il testo ha catturato alla perfezione, per il proprio implicito e disperato romanticismo o perché tocca le corde più intime dell’animo femminile, l’immaginario di molte donne che lo hanno assunto come proprio manifesto poetico. Tanto è vero che se fate un giro in internet, dove sono caricati decine di video a tema, troverete davvero poche interpretazioni dello stesso realizzate da uomini e tantissime, alcune eccessivamente caricate di sentimentalismo (lì dove il sentimentalismo va assolutamente evitato), da parte di donne che lo recitano con tale naturalezza da farne addirittura dimenticare l’origine.
Certo, viene da pensare che ad spingere così tanto il monologo in tale direzione conti il fatto che a scriverlo sia stata una donna, per di più molto giovane. La Kane, suicidatasi a 28 anni, disse di aver scritto Crave quando ormai aveva perso “la fede nell’amore” e lo indicava come “il più disperato” dei suoi lavori. E mi pare indicativo che abbia messo quelle parole, parole così profondamente connaturate al desiderio femminile, in bocca a un personaggio maschile tanto più anziano di C (child) e che quindi verrebbe a confondersi con la figura paterna, amata follemente e allo stesso tempo ferocemente respinta. È una chiave di lettura non solo per tanto seguito appassionato ma anche dei risvolti psicologici vissuti della stessa autrice mentre scriveva.
Ma in fondo, al di là di tutte le analisi o divagazioni, resta come una piccola perla di poesia d’amore, questa lunga lettera per nessuno in cui maschile e femminile si fondono, vecchiezza e giovinezza, disperazione e gioia, in una sorta di vortice emozionale nel cui occhio sereno continueranno a riflettersi, volenti o no, l'ombra di Sarah Kane e di tutte le donne della sua epoca.
In alto il monologo di A, recitato da Paola Minaccioni. Nella versione italiana il dramma della Kane è stato tradotto con Febbre.
In basso lo stesso, in lingua originale, e con voce maschile (anche se con molto meno pathos).
In basso lo stesso, in lingua originale, e con voce maschile (anche se con molto meno pathos).
mia è la corona e il cappello di paglia...
Mia è la corona e il cappello di paglia
tuo il mio bracciale di perline africane
e il pacchetto di Sobranie
portato dall’ultima tua sera in Puglia
dove risuona d’acque gelate l’inverno
e di foglie morte
di bande rifugiate in ostello. E le foto
appese al muro e fuori fuoco
confortino i ricordi ancora un poco!
Ecco dunque cosa chiedi per Natale
dei nostri ex voto per sempre ricordare
e un libro vecchio
e un vero abbraccio non mi chiamare.
tuo il mio bracciale di perline africane
e il pacchetto di Sobranie
portato dall’ultima tua sera in Puglia
dove risuona d’acque gelate l’inverno
e di foglie morte
di bande rifugiate in ostello. E le foto
appese al muro e fuori fuoco
confortino i ricordi ancora un poco!
Ecco dunque cosa chiedi per Natale
dei nostri ex voto per sempre ricordare
e un libro vecchio
e un vero abbraccio non mi chiamare.
lunedì 21 novembre 2011
di tutte le foto scattate...
Di tutte le foto scattate l’unica
ti piace che sei di schiena
una massa informe e nera tu
di capelli ed io ci stavo dentro
adagiato come un uovo
e ridotto a pigolare a forza di risate.
ti piace che sei di schiena
una massa informe e nera tu
di capelli ed io ci stavo dentro
adagiato come un uovo
e ridotto a pigolare a forza di risate.
giovedì 17 novembre 2011
mercoledì 16 novembre 2011
venerdì 11 novembre 2011
si sente l'unto della pelle nel calzino...
Si sente l’unto della pelle nel calzino
la presa di cenere sulla mia copia di
Stella Variabile di compleanno un regalo
ormai ricordo spentosi l’anno nel calzino
disciolto di cenere di pelle dopo la muta
la presa di cenere sulla mia copia di
Stella Variabile di compleanno un regalo
ormai ricordo spentosi l’anno nel calzino
disciolto di cenere di pelle dopo la muta
giovedì 10 novembre 2011
lunedì 7 novembre 2011
un sonetto sulla disoccupazione e la poesia
DIARIO DELL’11
Ancora una volta m’impongono
i miei di trovarmi un lavoro.
Dicono non vivranno in eterno.
Dicono che la vita è un inferno
e m’aspetta – la vita sa aspettare.
Ok mi arrendo, manderò il mio
curriculum per quel posto da babbo
natale, e speriamo vada bene.
Spicca il salto dal libro al cactus
il giovane ragno. È romantico
e infelice leggeva di Zenna.
Per salvarlo potrei reinventarlo
come mia renna… Sintonizzo la radio.
Balliamo entrambi la tarantella.
Dicembre 2006
Ancora una volta m’impongono
i miei di trovarmi un lavoro.
Dicono non vivranno in eterno.
Dicono che la vita è un inferno
e m’aspetta – la vita sa aspettare.
Ok mi arrendo, manderò il mio
curriculum per quel posto da babbo
natale, e speriamo vada bene.
Spicca il salto dal libro al cactus
il giovane ragno. È romantico
e infelice leggeva di Zenna.
Per salvarlo potrei reinventarlo
come mia renna… Sintonizzo la radio.
Balliamo entrambi la tarantella.
Dicembre 2006
venerdì 4 novembre 2011
giovedì 3 novembre 2011
l'idea della mia morte non mi dà respiro...
L’idea della mia morte non mi dà respiro
l’idea di una fine senza scampo,
quando la decrepitudine del corpo
si farà così estrema che non potrò più fuggire
od oppormi al saccheggio ti prego
prestami le tue gambe
le tue gambe così tenacemente aggrappate
alla vita le tue gambe sottili e dure
di passero-capra. Prestami le tue gambe
per salire più in alto sulla cima dei palazzi
e confondermi nella luce del tramonto
allo sguardo dei segugi. Oppure al risveglio
perché allontani con un balzo il senso
d’inutilità del giorno, se tutto ha comunque fine.
l’idea di una fine senza scampo,
quando la decrepitudine del corpo
si farà così estrema che non potrò più fuggire
od oppormi al saccheggio ti prego
prestami le tue gambe
le tue gambe così tenacemente aggrappate
alla vita le tue gambe sottili e dure
di passero-capra. Prestami le tue gambe
per salire più in alto sulla cima dei palazzi
e confondermi nella luce del tramonto
allo sguardo dei segugi. Oppure al risveglio
perché allontani con un balzo il senso
d’inutilità del giorno, se tutto ha comunque fine.
mercoledì 2 novembre 2011
martedì 1 novembre 2011
a tutto applicavamo...
A tutto applicavamo
la nostra speciale parola
che fosse un’esclamazione, il nome
di un amico oppure di un paese
fantastico che fungesse da amuleto
e filtrasse per noi
quel che non puoi dire
il nocciolo delle cose ben protetto
da una scorza di realtà.
Tu più velocemente, piena d’ansia
d’arrivare ed io a rilento
perché pigro e per di più goloso
scavavamo in quel frutto ottobrino
con le nostre parole casuali
ridotti a poco forse ma felici
piccoli vermi ungarettiani.
la nostra speciale parola
che fosse un’esclamazione, il nome
di un amico oppure di un paese
fantastico che fungesse da amuleto
e filtrasse per noi
quel che non puoi dire
il nocciolo delle cose ben protetto
da una scorza di realtà.
Tu più velocemente, piena d’ansia
d’arrivare ed io a rilento
perché pigro e per di più goloso
scavavamo in quel frutto ottobrino
con le nostre parole casuali
ridotti a poco forse ma felici
piccoli vermi ungarettiani.
domenica 30 ottobre 2011
le ridevano gli occhi
Le ridevano gli occhi
anche quando negava
o provava a restare piccina
perché nessuno le inviasse girasoli.
anche quando negava
o provava a restare piccina
perché nessuno le inviasse girasoli.
sabato 29 ottobre 2011
solo un cece di donna...
Solo un cece di donna
poteva mancarmi a tal punto
insinuandosi piano sotto le unghie
fra i denti
e ora che tutto appare più confuso
se afferro il mondo in corsa per tenerti
anche solo due minuti
mi si aprono fra le mani
campi umidi di zuppa – luminosa e buffa!
e così semplice al palato
com’è la vita, l’unica la sola
lezione che ho imparato in anni d’esperienza
e che tu mi ricordi come nulla
adesso
alla tua partenza.
poteva mancarmi a tal punto
insinuandosi piano sotto le unghie
fra i denti
e ora che tutto appare più confuso
se afferro il mondo in corsa per tenerti
anche solo due minuti
mi si aprono fra le mani
campi umidi di zuppa – luminosa e buffa!
e così semplice al palato
com’è la vita, l’unica la sola
lezione che ho imparato in anni d’esperienza
e che tu mi ricordi come nulla
adesso
alla tua partenza.
mercoledì 26 ottobre 2011
martedì 25 ottobre 2011
giovedì 20 ottobre 2011
mercoledì 19 ottobre 2011
filò sotto la manica
al münchhausen
ci sto bene io nelle vene del mondo
c’ho le chiavi del rapido –
col pene gravido
sulle pareti del fondo
io mi ci arrampico non scalpito
mi solidifico –
nel mio bassomondo io ci sto contento –
e sgrondo sgrondo –
in fondo
poteva andarmi anche più a cazzo
se da macondo non filavo
a razzo –
ci sto bene io nelle vene del mondo
c’ho le chiavi del rapido –
col pene gravido
sulle pareti del fondo
io mi ci arrampico non scalpito
mi solidifico –
nel mio bassomondo io ci sto contento –
e sgrondo sgrondo –
in fondo
poteva andarmi anche più a cazzo
se da macondo non filavo
a razzo –
lunedì 17 ottobre 2011
domenica 16 ottobre 2011
la stanza vuota
Può dunque definirsi così semplicemente mi chiedevo: una piena felicità
mentre fissavo lo spazio bianco del soffitto la stanza vuota illuminata
da una luce bassa e fredda noi due stretti per terra coi vestiti umidi
d’amore e l’odore di pioggia fuori che montava e rare auto di passaggio
mentre tu rannicchiata sul mio petto ancora caldo mormoravi: scusami
scusami
senza motivo.
mentre fissavo lo spazio bianco del soffitto la stanza vuota illuminata
da una luce bassa e fredda noi due stretti per terra coi vestiti umidi
d’amore e l’odore di pioggia fuori che montava e rare auto di passaggio
mentre tu rannicchiata sul mio petto ancora caldo mormoravi: scusami
scusami
senza motivo.
sabato 15 ottobre 2011
cattiva poesia d'amore
L’amore spesso con linguaggio disumano
spera attraverso la poesia
di dare un senso ai disordini del cuore.
Confonde dunque anima con viscere
e produce aria che non sempre è canto,
che ripete strombazzando ai quattro venti
come
seppur d’amor si muore il mondo è ingiusto
e non per questo te ne dà più merito.
spera attraverso la poesia
di dare un senso ai disordini del cuore.
Confonde dunque anima con viscere
e produce aria che non sempre è canto,
che ripete strombazzando ai quattro venti
come
seppur d’amor si muore il mondo è ingiusto
e non per questo te ne dà più merito.
giovedì 13 ottobre 2011
martedì 11 ottobre 2011
mercoledì 5 ottobre 2011
lunedì 3 ottobre 2011
venerdì 30 settembre 2011
ci sono punti del tuo corpo...
Ci sono punti del tuo corpo, come sul collo l’angolo incassato fra clavicola e mento
o fra le scapole che sanno di zolfo, dove se t’accarezzo fai le fusa come un gattino
una morbida e pigra donna-gatto, dal pelo folto e nero. Mi aggrappo al cerchio
del tuo orecchino quando, come un acrobata ormai avvezzo, mi calo giù nell’arena
dei nostri guai. Ma non abbiamo memoria più lunga
dei pomeriggi che passiamo al parco, alla stazione, nascosti fra i turisti. Oppure al bar
centellinando monete o contestandoci l’un l’altro per il turno sul conto del caffè.
o fra le scapole che sanno di zolfo, dove se t’accarezzo fai le fusa come un gattino
una morbida e pigra donna-gatto, dal pelo folto e nero. Mi aggrappo al cerchio
del tuo orecchino quando, come un acrobata ormai avvezzo, mi calo giù nell’arena
dei nostri guai. Ma non abbiamo memoria più lunga
dei pomeriggi che passiamo al parco, alla stazione, nascosti fra i turisti. Oppure al bar
centellinando monete o contestandoci l’un l’altro per il turno sul conto del caffè.
lunedì 26 settembre 2011
domenica 25 settembre 2011
martedì 20 settembre 2011
lunedì 19 settembre 2011
breve dialogo colto
"Ehi scusami, non l'ho ancora finito!"
"Ma sono 80 pagine, lo leggi in un pomeriggio quello!"
"Eh, ma mi manca il tempo!"
"Ma sono sei mesi che ce l'hai! Ma poi non ho capito, ti piace leggere sì o no?"
"Ah sì leggere mi piace un sacco! è che mi manca il tempo!"
"E la musica ti piace?"
"Un sacco! La ascolto sempre!"
"Ah bello! Che cosa ascolti? Che ti piace?"
"Mah, così, un pò di tutto!"
"Cavolo, dai! come funziona? Cioè, la compri al chilo o aspetti le offerte speciali?"
"Ma sono 80 pagine, lo leggi in un pomeriggio quello!"
"Eh, ma mi manca il tempo!"
"Ma sono sei mesi che ce l'hai! Ma poi non ho capito, ti piace leggere sì o no?"
"Ah sì leggere mi piace un sacco! è che mi manca il tempo!"
"E la musica ti piace?"
"Un sacco! La ascolto sempre!"
"Ah bello! Che cosa ascolti? Che ti piace?"
"Mah, così, un pò di tutto!"
"Cavolo, dai! come funziona? Cioè, la compri al chilo o aspetti le offerte speciali?"
domenica 18 settembre 2011
sabato 17 settembre 2011
al mio gatto, matisse
venerdì 16 settembre 2011
mercoledì 14 settembre 2011
amanti del jazz
Ogni volta che vedo la foto di quei giovani negri
amanti del jazz e morti prematuri in b/n
che vanno in giro fieri e pieni di droga
e testosterone soffiando nei loro strumenti
e penso alle giovani vite immolate dal ghetto
e ai loro volti invecchiati e ascolto Mingus e Monk
e mangio qui la mia pesca dolce e ti scrivo
– se davvero penso a te! – chiedendo
ma dov’è mai Leningrado? – e ascolto l’assolo di Dolphy
librarsi – su questa morte continua! –
e il colombaccio là fuori così bravo a imitare
la cornacchia che annuncia cra cra
la luce del giorno è vicina attento o presto cra cra
non c’è più ombra abbastanza per nasconderci tutti!
allora forse cra cra
ma se corri veloce e ti metti al riparo cra cra
con del buon jazz nelle orecchie infuocate
allora forse cra cra
allora forse
noi
amanti del jazz e morti prematuri in b/n
che vanno in giro fieri e pieni di droga
e testosterone soffiando nei loro strumenti
e penso alle giovani vite immolate dal ghetto
e ai loro volti invecchiati e ascolto Mingus e Monk
e mangio qui la mia pesca dolce e ti scrivo
– se davvero penso a te! – chiedendo
ma dov’è mai Leningrado? – e ascolto l’assolo di Dolphy
librarsi – su questa morte continua! –
e il colombaccio là fuori così bravo a imitare
la cornacchia che annuncia cra cra
la luce del giorno è vicina attento o presto cra cra
non c’è più ombra abbastanza per nasconderci tutti!
allora forse cra cra
ma se corri veloce e ti metti al riparo cra cra
con del buon jazz nelle orecchie infuocate
allora forse cra cra
allora forse
noi
venerdì 9 settembre 2011
giovedì 8 settembre 2011
mercoledì 7 settembre 2011
lunedì 5 settembre 2011
sabato 3 settembre 2011
perchè l'amore se ne va?
L’amore ha una sua vita come i gatti
nasce cresce e s’arrampica sui tetti
se va bene ha sette vite dalla sua
talvolta cade e si frattura una zampina.
Se ne va quando una casa gli va stretta
perché da solo l’ossigeno non basta
e cosa ne rimane ora si secca
come una macchia di sangue contro il muro.
nasce cresce e s’arrampica sui tetti
se va bene ha sette vite dalla sua
talvolta cade e si frattura una zampina.
Se ne va quando una casa gli va stretta
perché da solo l’ossigeno non basta
e cosa ne rimane ora si secca
come una macchia di sangue contro il muro.
venerdì 2 settembre 2011
giovedì 1 settembre 2011
mercoledì 31 agosto 2011
martedì 30 agosto 2011
parabola zen sull'amore
Era da un po’ di giorni che, ogni mattina, trovavo l’ultimo nato delle mie tartarughe rivoltato in giardino. Pensavo, data la stagione degli amori, che duellasse con gli altri maschi del gruppo, e stavo attento ché non me lo uccidessero. Invece oggi, uscendo, ho scoperto che, fra tutte quelle che ci sono, si è scelto come compagna la più vecchia del gruppo, che è grande quasi il doppio di lui. Ha provato a montarla e non ce l’ha fatta, è caduto all’indietro ed è finito sottosopra. Io l’ho preso e l’ho rigirato: “Senti, ma perché proprio lei? Cioè, ho capito che ti piace ma ragionaci un attimo, è troppo grossa per te! Prenditene una più piccola, alla tua portata!” E lui, piccolo ma testardo, mi ha fissato nervoso negli occhi e mi ha detto: “Mi piacciono grosse, perché fanno cic-ciac!” E allora io gli ho dato una foglia di lattuga, per consolazione, e gli ho risposto: “Lo sai, tu farai strada nella vita!”
lunedì 29 agosto 2011
venerdì 26 agosto 2011
ragazzi "persi"
Li incontro per strada. Mi fermano chiedendomi un ritratto perché sono stati al cimitero e passeggiando fra le tombe si sono resi conto che, se anche la morte per gente così disperata e sola, senza nemmeno una donna, è meglio, non vogliono andarsene senza lasciare una traccia di sé al mondo, perché morire senza che nessuno ti ricordi è un po' come non essere mai vissuti. Proprio per questo si definiscono ragazzi "persi", e ho promesso loro che se mai farò un altro libro o una mostra, allora inserirò queste foto. In cambio, mi dicono, mi porteranno al mare una domenica, così prendo anch'io un po' di sole. Nell'ultima foto c'è uno dei due che si mette in posa per me. Io credo stia facendo Rocky. In realtà, mi spiega l'altro, è San Giorgio.
giovedì 25 agosto 2011
anche nell'addio
Una poesia non può fissare tutto, forse appena
il senso di vertigine improvviso
che mi blocca ad un semaforo al ricordo
dell’odore del tuo corpo contro il mio.
E la pace ed il mistero di quel bacio
così a lungo sognato, di me fuoriuscito dal buio
a chinarmi sul tuo corpo confuso
con quello dei gatti. La mia prima alba
alla tua partenza, tinta di un rosa che mentiva
e prometteva toppe e saldature
alle falle in me scavate per l’assenza del tuo corpo.
Ecco, una poesia non può fissare tutto, serve appena
per comunicarti lo scarto che fa la differenza
sui minuti, il profumo del caffè quella mattina
mentre osservavo quell’alba dal balcone
e mi dicevo adesso è tutto da ricominciare
a partire da una semplice pomata
contro le punture di zanzara, perché la vita
è molto elementare e solo in te, anche nell’addio
ho trovato dei motivi di assoluta perfezione.
il senso di vertigine improvviso
che mi blocca ad un semaforo al ricordo
dell’odore del tuo corpo contro il mio.
E la pace ed il mistero di quel bacio
così a lungo sognato, di me fuoriuscito dal buio
a chinarmi sul tuo corpo confuso
con quello dei gatti. La mia prima alba
alla tua partenza, tinta di un rosa che mentiva
e prometteva toppe e saldature
alle falle in me scavate per l’assenza del tuo corpo.
Ecco, una poesia non può fissare tutto, serve appena
per comunicarti lo scarto che fa la differenza
sui minuti, il profumo del caffè quella mattina
mentre osservavo quell’alba dal balcone
e mi dicevo adesso è tutto da ricominciare
a partire da una semplice pomata
contro le punture di zanzara, perché la vita
è molto elementare e solo in te, anche nell’addio
ho trovato dei motivi di assoluta perfezione.
mercoledì 24 agosto 2011
sul finire d'estate
Ora immagino, com’è mio solito, d’essere stato appena una
delle tue molte avventure estive, nemmeno l’ultima quest’anno
ché possa almeno fregiarmi del titolo di punto sulla stagione
definitivo e fitto nella pelle come uno
dei tuoi molti tatuaggi, invece che una virgola un respiro appena
fra la parola vado e la parola addio.
Dirai che, probabilmente, di promesse me ne hai fatte
come sempre ma ben altre
ma capisco che in amore vince spesso
chi meglio gioca le sue carte e non c’è posto per le scuse.
Ora dire che a fidarmi non sono stato buono
mai completamente, mai abbastanza
e scoprire, grazie a te, che non sbagliavo
non mi rende più felice ma soltanto un po’ più vecchio
e non aiuta.
delle tue molte avventure estive, nemmeno l’ultima quest’anno
ché possa almeno fregiarmi del titolo di punto sulla stagione
definitivo e fitto nella pelle come uno
dei tuoi molti tatuaggi, invece che una virgola un respiro appena
fra la parola vado e la parola addio.
Dirai che, probabilmente, di promesse me ne hai fatte
come sempre ma ben altre
ma capisco che in amore vince spesso
chi meglio gioca le sue carte e non c’è posto per le scuse.
Ora dire che a fidarmi non sono stato buono
mai completamente, mai abbastanza
e scoprire, grazie a te, che non sbagliavo
non mi rende più felice ma soltanto un po’ più vecchio
e non aiuta.
lunedì 22 agosto 2011
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