Il rimpianto di non essere più negli anni d'oro del cinema italiano diventa un pochino più forte oggi che Giuli prima diventa ministro della Cultura e poi fa l'ultimo esame universitario per laurearsi. Che cosa ne avrebbero fatto di una storia così Dino Risi, Comencini o Monicelli possiamo soltanto immaginarlo.
Poesie, pensieri e fotografie di Vitantonio Lillo-Tarì de Saavedra, in arte Antonio Lillo ovvero Antonio Hammett
lunedì 30 settembre 2024
domenica 29 settembre 2024
tulip
TULIP, di Dashiell Hammett, è il suo ultimo postumo romanzo, incompiuto, pubblicato nel 1966 a cinque anni dalla morte. Ha qualcosa di certe storie di Hemingway, impostato come un lungo dialogo fra lo stesso Hammett, ormai stanco della vita, e un vecchio “compagno” di guerra. Nella sua non finitezza, invece di essere monco, ha la particolarità di avere due possibili finali, lasciati aperti, fra i quali Hammett non ebbe il modo, il tempo o la forza di scegliere. Uno era meno conciliante e finiva molto male. L’altro, che mi piace di più, si chiudeva con questa battuta: “If you are tired you ought to rest, I think, and not try to fool yourself and your customers with colored bubbles”, ovvero “Se sei stanco dovresti riposare, credo, e non cercare di ingannare te stesso e i tuoi clienti con bolle colorate”. Certi giorni la sento molto mia.
la recesione
Ieri leggevo una recensione a “Io capitano” di Matteo Garrone, scritta da una insegnante che diceva – basandosi su ciò che aveva visto, ma senza aver capito nulla del film – come fosse rimasta delusa perché l’opera si concentrava unicamente sul viaggio in Africa dei due ragazzi e non mostrava mai quanto siamo orribili e crudeli noi europei verso di loro, quasi che Garrone volesse mostrare che gli unici cattivi sono gli africani e non avesse il coraggio di ammettere che i veri mostri siamo noi. L’ho trovato un commento talmente sbagliato nei suoi preconcetti da creare quasi una sorta di razzismo rovesciato, per cui nell’ansia di affibbiarsi tutte le responsabilità del problema si tende quasi a edulcorare le molte colpe dei tanti stati e criminali africani che sulle loro migrazioni interne lucrano con una crudeltà inaudita, fino a dividere ancora una volta il mondo in un “noi” (i cattivi) e “loro” (le vittime) rovesciando solo le parti rispetto alla visione di certa destra europea (che vorrebbe fare di noi le povere vittime innocenti), ma proprio come la destra costruendo un discorso su basi molto schematiche e grossolane, per nulla inclusive, per nulla protese alla semplicissima idea che siamo prima di tutto umani e in quanto umani i buoni e cattivi non si distinguono dal colore della pelle o dal continente di provenienza ma dalle azioni. L’ho trovato talmente sbagliato come commento che mi ha spaventato l’idea che questa persona insegnasse in una scuola, a dei ragazzi, mossa dalle migliori intenzioni, ma dicendo loro: pentitevi perché in quanto nati da questa parte del mondo siete già mostri alla radice. Chissà quanti la pensano come lei.
sabato 28 settembre 2024
per gino
La settimana è cominciata con la morte di Gegè ed è finita con quella di Gino. Ho letto i ricordi di tanti oggi, ognuno che lo lega a un particolare periodo della sua vita: gli anni in radio, oppure al lavoro come centralinista in ospedale, o prima ancora quando negli anni ’70 suonava le tastiere in un gruppo pop incidendo un 45 giri di successo che gli aveva procurato l’attenzione di un bel po’ di ragazze e una lunga serie di avventure erotiche che qui non si possono dire, ma mi aveva raccontato lui stesso con grande divertimento durante gli anni del mio servizio civile da obiettore di coscienza, quando si sedeva con me durante le mie ore di turno, stringendo nervosamente le mani intorno al ginocchio e fumando una sigaretta dietro l’altra, oppure facendole scattare all’improvviso con un ghigno e puntandomi il dito sottile sotto il naso quando voleva prendermi di sorpresa se mi vinceva la sonnolenza. È stato allora che l’ho conosciuto, nei pomeriggi afosi dell’estate 2003, quando Gino mi insegnò cosa significasse accompagnare un cieco, prenderne il passo, ovvero adeguarsi a una velocità comune di modo che l’altro camminasse 𝘤𝘰𝘯 te, seguendo il tuo passo, fidandosi di ciò che vedevi tu anche per lui; prendere quel certo passo che dice “fidati di me”, sembrava una cosa facile ma era una bella responsabilità, prendere quel passo e procedere rilassati, senza che ti si irrigidisca il braccio per quella pressione gentile o irritata a seconda dell’umore, stando attenti alle scale, ai marciapiedi, alle buche, ai gradini, al traffico, alle merde dei cani, senza cambiare marcia, senza accelerare o strattonarlo in avanti come si fa a volte coi cani o coi bambini, con la delicatezza di chi vede l’altro che si tiene a te. Era facile dimenticarsi di lui, perché era minuto, sottilissimo, leggero, aveva le mani delicate da pianista e il passo baldanzoso di chi si è sempre fatto strada da solo al buio, preceduto da tutta una serie di magnifici e buffi esclamativi, “Yooooh!”. Aveva una sua malinconia che si esprimeva in lunghi silenzi, in lunghe giornate di apatia passate a letto, in plateali scatti d’ira che assomigliavano ai capricci di un bambino quando lasciava la stanza sbattendo la porta. Era leggero anche oggi nella cassa, non lo vedevo da anni, troppo minuto nel suo vestito elegante che pure gli donava, le mani posate con delicatezza l'una sull'altra, i capelli tirati morbidamente indietro, gli occhiali scuri sul naso: gli occhiali che lo avevano accompagnato per tutta la vita come un accessorio necessario e che adesso, che più non gli servivano, gli davano un’aria molto cool nella morte, da vera star, come quand’era ragazzo. Stavo seduto davanti a lui e dall’altra parte della cassa stava seduta una coppia, entrambi commossi, lui ha tirato fuori dalle tasche due fazzoletti, uno per sé e uno per la sua compagna, poi lui ha chiesto “sei pronta?” e quando lei ha detto sì, hanno cominciato a piangere insieme.
mercoledì 25 settembre 2024
simpatia
Gentile Antonio Lillo, le scrivo per dirle che ho seguito il suo consiglio e ho inviato la mia raccolta anche ad altre case editrici. L’ho mandata a: [segue elenco di circa 50 case editrici], mi dica per favore se ne ho scordata qualcuna di quelle che contano che l’aggiungo all'elenco. Sappia che anche se mi ha detto di no lei finora è quello più simpatico, per cui se ci ripensa per favore me lo scriva e io rinuncio subito a tutte le altre e pubblico immediatamente con lei.
lunedì 23 settembre 2024
il nome
Scusa, qual è il tuo nome? chiedo all’autrice che mi ha inviato una e-mail di presentazione completamente anonima, sia in calce che sul file allegato, dicendo di voler pubblicare con noi. – Mi risponde: Perché lo vuole sapere? – Come perché? Secondo te come faccio a pubblicare una di cui non so manco il nome? – Ok. Ma non siete Voi quelli che non mettono il nome in copertina? – Sì, quello va bene, ma io a te come ti devo chiamare? – Ma davvero è necessario chiamarsi? Non basta che ci scriviamo qui senza troppe complicazioni? – Complicazioni? Va bene, senti, non vuoi dire il tuo nome, mi vuoi dare almeno uno pseudonimo per aiutarmi? – No.
domenica 22 settembre 2024
il fischio
Un piccolo pensiero per Eugenio, il mio “venerato dirimpettaio” che è venuto a mancare ed era l’unico fra i miei vicini che quando mi vedeva passare mi salutava modulando un fischio dal suo balcone, ogni volta che uscivo di casa me ne lanciava uno di richiamo, a cui rispondevo, come si fa di solito fra uccelli di bosco.
l'albero
Pare che nell’ultima parte della sua vita, o meglio ancora dopo la vittoria dello Strega nel 1992 con l’opera Nottetempo, casa per casa, unico libro di poesia ad esserci riuscito – praticamente un poema in prosa, ricercatissimo, ma scamuffato da romanzo perché privo di tutti quegli a capo che, un tempo, spaventavano i lettori più di uno scosceso dirupo o di un pozzo nero – pare che dopo la vittoria dello Strega, agli amici che chiamavano la casa di Vincenzo Consolo per avere sue notizie, sua moglie Caterina fosse solita rispondere: “Enzo è in viaggio” oppure “Consolo è partito” per comunicare che Enzo si era ormai allontanato verso lidi lontanissimi per loro. Leggerlo mi ha ricordato una battuta con cui Franco Franchi punzecchiava Ciccio Ingrassia quando quest’ultimo, dopo l’esperienza con Fellini in Amarcord, spingeva per partecipare a opere cinematografiche più ambiziose rispetto alle commedie facili con cui sbarcavano il lunario. “Ciccio, scendi dall’albero!” gli gridava Franco irritato, senza riuscire a scorgere i paesaggi che Ciccio vedeva dalla cima di quell’albero e che erano gli stessi verso cui era partito Consolo.
amicizia
sabato 21 settembre 2024
regalare i libri
C’è un professore, noto sui social anche per alcune sue polemiche su chi è poeta e chi no, che ripete sempre a quelli che non conosce: “se non mi regali il tuo libro come pretendi che io sappia chi sei?”, che è una frase sinceramente antipatica, e per diversi motivi, eppure si basa su una sua idea di poesia per cui, se la poesia non vende, e la vera poesia non vende perché è SEMPRE fuori dalle logiche del mercato, allora la poesia si regala. Chi la regala? La dovrebbe regalare l’autore! E questo perché il desiderio primario di ogni autore non è vendere copie, ma essere letto, almeno dai suoi pari. Quest’idea che in parte giustifica certe uscite grezze del professore, rafforza una pratica assai diffusa nel mondo editoriale italiano tutto dedito agli omaggi librari intesi come “vuoti a perdere” (che cioè si fanno perché si devono fare, senza sapere se avranno o no un effetto), e fra gli editori, alcuni dei quali chiedono esplicitamente agli autori di acquistare un numero minimo di copie del libro per coprire le spese, copie che il più delle volte verranno regalate. Quanti lettori di poesia possono dire sinceramente di avere in casa più libri comprati a proprie spese di quelli ricevuti in dono? Io non posso dirlo; io stesso, quando posso, almeno ai miei amici i miei libri li regalo. Se non che, ultimamente, ho cominciato a dubitare che anche regalare il libro serva a qualcosa. Ci sono troppi libri, nessuno realmente conquistato o desiderato, ma solo arrivato senza invito col postino. Così regalare non implica che chi riceve leggerà. Ancora più mi rode il dubbio da quando ho preso a visitare alcuni siti per la vendita di libri usati dove girano decine di titoli, anche miei e di amici editori, anche usciti l’anno scorso, il mese scorso, appena ieri, e già svenduti “come nuovi”, ma da chi? Su alcuni che ho acquistato ho trovato persino la dedica, ed è una beffa atroce. E ho cominciato a chiedermi come ci sono finiti lì tutti quei libri e quanti di essi fossero stati precedentemente acquistati o regalati, e se qualcuno prima di liberarsene li abbia anche solamente aperti per rendersi conto, fra un verso sbirciato e l’altro, che dietro il nome in copertina c’era pure una persona col suo sogno di arrivare all’altro.
giovedì 19 settembre 2024
kaos
mercoledì 18 settembre 2024
libri
Autore che avevo rifiutato un po’ di tempo fa per il suo linguaggio sorpassato mi contatta: Lei mi ha detto che dovevo comprare alcuni libri per rimettermi in pari. Io li ho comprati, ma ora? – Li ha letti tutti? – Nemmeno uno. – E che li ha comprati a fare? – Me lo ha detto lei!
martedì 17 settembre 2024
sogno della casa
Erano tutti in casa i miei amici, senza vergogna di invadermi le stanze, occupare le mie sedie, scavare fra i vestiti nel mio armadio, razziare le dispense, bere alla mia salute dalle mie bottiglie. Giocavano a carte su due o tre tavoli diversi ricoperti di bianco, e c’erano con loro i miei nonni con l’aria stanca di chi non capisce ma sta fermo e compunto sulla sedia. Nessuno parlava apertamente, neppure quelli di cui ormai non ricordavo più il viso e comunicavano fra loro attraverso gli sguardi e pochi gesti della mano. Né la ragazza che si aggirava fra le sedie e i tavoli con la camicia aperta e il seno bianco in mostra. Erano qui tutti, mi ero convinto, per il mio funerale; se non fosse che io stesso mi aggiravo per la casa insieme a loro, cercandomi. Mi ero nascosto, ma io solo lo intuivo, dietro l’ultima porta della casa, quella in fondo al buio dell’ultima stanza, dal cui spiraglio vedevo fuoriuscire una lieve luce, né fredda né calda; ma guardando in basso, giù per la scala a chiocciola, ne vedevo provenire un’altra assai più lontana e mi metteva il dubbio sulla mia reale ubicazione nella casa. Ero forse lì in basso da solo? Io non sapevo più dire se ero vivo o morto e se fossi presente alla mia casa. Ero anch’io un ospite come tutti gli altri, che pure, anche se con loro, non sembravano vedermi o rifiutavano di farlo.
lunedì 16 settembre 2024
i ringraziamenti
Autrice mi scrive perché sta cercando un nuovo editore. Dice che ha litigato col vecchio perché l’ha inserito nei ringraziamenti. – Solo per questo? Non è elegantissimo ringraziare l’editore, ma non c’è nulla di male alla fine. – È che non voleva essere messo tra i morti. – Cioè? – Gli altri che ringraziavo erano tutti morti, gli amici cari, i miei genitori, mio fratello, mio marito, l’unico ancora vivo era il mio editore, così l'ho aggiunto dicendo che mi era già tanto caro da vivo che lo sarebbe stato ancora di più una volta che fosse morto. – E lui non ha gradito il pensiero? – No, si è cancellato dall’elenco.
strade parallele
Pur vivendo praticamente alle sue spalle non l'avevo mai notata prima, ma ecco un particolare esemplificativo della storia e dell'ironia nera del mio paese, tratta da una immagine di Google Maps. In una zona tutta dedicata alle menti del fascismo (via Giovanni Gentile, via Italo Balbo, via Corridoni, via Ugo Spirito, via D'Annunzio, via Tatarella, via Almirante, via Araldo di Crollalanza, dove vivo), proprio al suo centro passa più discreta via Primo Levi che corre parallela a via Giulio Cesare Evola. Tu la guardi sulla mappa e continui a chiederti chi ha pensato un simile accostamento, e con che spirito o gusto, o se invece sta lì come metafora di ogni vittima offesa dalla brutalità del male, o di ogni uomo che resiste, scrivendo, come una spina nel fianco del potere.
domenica 15 settembre 2024
la donna riccio
Nel sogno mi innamoro di una donna. È una scrittrice accompagnata da due corvi che parlano per lei, col viso gentile di una donna e la capacità ogni volta che mi avvicino di trasformarsi in riccio e richiudersi in se stessa sollevando gli aculei. Riesco appena ad afferrarle la caviglia, ma non c’è altro contatto fra noi che vada oltre quei rari momenti in cui ci fissiamo intensamente e io le faccio il solletico sulla pianta delicata del piede. Lei allora ride di gioia e si richiude in se stessa e nelle spine. Eppure, nonostante il nostro solo toccarci attraverso la mia mano sul suo piede, in maniera abbastanza naturale io resto incinta di lei e lei resta incinta di me. Il medico chiamato dai corvi viene a visitarci e, dopo averci fatto stendere per terra sul pavimento di una grande biblioteca, ci preannuncia cinque giorni di doglie a testa, in cui non faremo altro che lamentarci e incolparci l’un l’altro delle nostre sofferenze, alla fine dei quali vedremo se oltre a essere genitori saremo ancora una vera coppia. Dovendo soffrire così tanto propongo, per distrarci, di non restare chiusi in casa ma organizzare un incontro con la mia famiglia per avvisarli dell’evento. Ma ci viene proposto come luogo dell’appuntamento una piccola terrazza nascosta fra i tetti del paese, in un luogo difficilissimo da raggiungere perché senza scale, né porte o finestre, dove si può arrivare soltanto arrampicandosi come i ladri, dall’esterno, e senza contare lo sforzo di doversi aggrappare ai muri con le doglie! Ne vale la pena, mi dico, solo per vedere, al loro arrivo, le facce imbarazzate dei parenti quando comunichiamo la notizia. Il più stranito di tutti, all’idea che io sia incinta, è mio zio, che non avendo capito nulla di com’è andata la faccenda mi chiede se al dunque non c’è stata una ostruzione dei tubi.
venerdì 13 settembre 2024
TQ poesia
Parlandone con alcuni autori e qualche amico, e sperimentandolo sulla mia stessa pelle, sto arrivando alla conclusione che la famosa sigla TQ che qualcuno si era inventato in alcuni circoli romani per indicare una certa generazione di scrittori italiani accomunati da alcune tematiche o tendenze, sarebbe più adatta a definire un'ampia fascia di poeti delle ultime generazioni, che hanno cominciato a pubblicare, quasi tutti, intorno ai trenta e poi fra alti e bassi hanno esaurito la loro vena – o meglio ancora la loro voglia di partecipare a un dibattito comune intorno alla poesia – intorno ai cinquanta. T e Q, allora, da intendersi come alfa e omega, punto di avvio e di chiusura di un percorso, magari caratterizzato da un certo talento, ma percepito dai più come inutile o incompreso; da cui appunto si autoescludono per delusione, frustrazione o disgusto, rabbia o mancanza di un’adeguata aggressività a farsi spazio. I più, pur continuando a scrivere, rinunciano a pubblicare, altri si dedicano al silenzio anche per lunghissimi periodi. In un paesaggio narcisistico come pochi sembra quasi impossibile arrivare a tanto, eppure, come editore, io più invecchio e più ne incontro.
giovedì 12 settembre 2024
ma che ci avrà?
Autrice con cui ogni tanto mi sento viene mollata dalla sua compagna «troia» (come la definisce) che dopo trent’anni di vita da lesbica l’ha lasciata per un uomo, inutile e abietto come tutti gli uomini per cui si perde all’improvviso la testa sfasciando solide relazioni di coppia. È, insomma, una sconfitta su tutti i fronti, sentimentale e di genere. A peggiorare le cose, la mia amica ha scelto di parlarne con me. Provo a consolarla come posso, ma non sono molto bravo in questo caso. Ogni volta che, cercando di darsi dei motivi, se n’esce con frasi del tipo: «Ma che ci avrà lui che manca a me?» mi parte un sorrisetto cretino che la fa incazzare doppio. – Lillo, prova a dire quella cosa, prova solamente a dirla e giuro che ti carico di mazzate! Lillo, statti accorto! – E io ci provo a contenermi, ma niente, è più forte di me: alla terza volta che se lo chiede, finisco per prendermi io le mazzate destinate a lui.
mercoledì 11 settembre 2024
la colpa
Un anno fa, nella notte fra 11 e 12 settembre, moriva mio padre. Io mi ricordo tutto di quella notte, ogni attimo, perché c’ero, ero lì al suo capezzale. E mi rattristo sinceramente per mio fratello che non poteva esserci e soffre di non esserci stato. Come mi diceva l’altra sera una mia amica psicoterapeuta assistere alla morte di una persona cara, per quanto sia terribile come esperienza, aiuta moltissimo nell’elaborazione del lutto, rende più naturale il distacco. Per questo, ogni volta che penso a mio padre, a me dispiace soprattutto per chi non c’era alla morte di un suo caro, per chi per un motivo o per l’altro non poteva esserci, e non sa cosa sia successo, che cosa hanno pensato o detto negli ultimi istanti, e se ti cercavano con gli occhi. Penso che questo vuoto sia terribile da portarsi dietro, ancora più che vederli morire, e anche per questo penso, o meglio ancora sento, perché è più un sentire che una ragione la mia, che se pure sia stato necessario, se pure non si poteva fare altrimenti, quello che abbiamo fatto durante la pandemia, quello strappo parossistico e disumano fra chi moriva e chi restava, i loro corpi occultati, i funerali a porte chiuse di stampo militare, è una colpa talmente pesante, qualcosa di talmente spietato che anche se veniva fatta con delle motivazioni precise non ce la dovremmo semplicemente perdonare e poi passare ad altro. Andrebbe elaborata meglio.
martedì 10 settembre 2024
la danza della morte
Uno dei momenti più alti del cinema tedesco sotto il nazismo, la danza della morte all'interno dei film Paracelsus (1943) di G.W. Pabts. Subito dopo la guerra la pellicola venne bollata come puro film di propaganda e rinnegata dal suo autore. Ma quando all’interno della città di Basilea assediata dalla peste si scatena improvvisa e tremenda la danza orgiastica del giullare interpretato da Harald Kreutzberg – uno dei più sconvolgenti e innovativi coreografi del 900 – che contagia tutti coi suoi movimenti disarticolati e prefigura la comparsa della stessa morte, è impossibile non farsi prendere da un brivido pensando a come presto un’identica danza collettiva avrebbe trascinato l’intera Germania appestata verso il baratro. Nel film, e qui sì entrano in gioco il mito e la propaganda, Paracelsus riesce a scacciarla. Nella realtà, il demiurgo Hitler le verrà a sua volta sottomesso – e la sua fine verrà poi rappresentata in quell’altro capolavoro del regista che è Der letzte Akt (L’ultimo atto) del 1955.
la nota
Su Amazon, come venditore, avevo una fedina immacolata fino all'altro giorno. Poi mi è arrivata una nota negativa, la prima in dieci anni, per una spedizione arrivata in ritardo e sulle prime ho pensato che vabbé, prima o poi capita a tutti. Finché non sono andato a vedere chi si fosse lamentato e ho scoperto che l'unico in dieci anni a mettermi una nota negativa è stata un curdunnese, cioè uno del mio stesso paese, che ora vive in un paesino della Toscana, e che ha avuto da ridire perché da quella gran cima di rapa che tiene in testa gli è venuta la voglia (o forse era la nostalgia) di fare un ordine la sera del 14 di agosto per cui l'ordine, anche se l'ho spedito il prima possibile, trovandosi nel mezzo del ferragosto gli è arrivato a fine mese. Lui si è lamentato perché si aspettava che, coi tempi di Amazon, l'ordine gli arrivasse prima della fine della festa patronale di San Rocco, cioè il 17 agosto! E va bene che nessuno è profeta in patria, ma si può sentire una cosa del genere da uno del tuo stesso paese senza mettersi a ridere?
lunedì 9 settembre 2024
io lei e woody
Tutti hanno, fra i propri amici, quelli che sono particolarmente facili all’innamoramento, specie se dall’altra parte c’è la persona sbagliata. Io, ad esempio, ho questa mia amica che tende a innamorarsi con una facilità estremamente invidiabile di qualsiasi stronzo le capiti a tiro, basta che sia anche solo minimamente stronzo allora lei se lo piglia. Ma fin qui siamo nella norma delle comuni amicizie. La vera particolarità di questa mia amica è che lei ha trovato un rimedio infallibile per ogni paturnia del cuore, e quando mi cerca per farsi consolare, a parte piangere e lamentarsi o farsi abbracciare, la prima cosa che mi propone è che ci guardiamo insieme un qualche film di Woody Allen. A me la scelta del titolo, tanto a lei piacciono tutti allo stesso modo. Lo dice, ma la verità è che sappiamo bene cosa succederà, che ogni volta che metto un suo film non arriviamo nemmeno a metà che lei si è già addormentata. Così finisce sempre che mentre lei soffre e smaltisce la sbornia di dolore sonnecchiando sul divano, io resto lì da solo a guardarmi Woody Allen per tutti e due. Addirittura sospetto che alcuni film che lei dice di amare in modo particolare, vedi Manhattan ad esempio, li conosca così bene solo perché glieli ho raccontati io: infatti secondo me, ma lei smentisce, non arriva mai alla fine dei film solo per il piacere di farseli raccontare da me.
sabato 7 settembre 2024
selfpublishing e premi
Stamattina stavo facendo un giro di controllo dei premi a cui ho partecipato negli ultimi mesi come editore. E sempre più mi convinco che se volevo disfarmi gratuitamente delle copie del libro, facevo meglio a tappezzarci la lettiera del gatto, almeno ci cacavano sopra con affetto. Ma quello che mi ha dato da pensare, soprattutto, è stato accorgermi che ormai in molti concorsi (anche dai nomi blasonati come il Flaiano o il Pascoli) sono stati segnalati dai giurati o sono arrivati in finale libri stampati con Youcanprint. Questo da una parte mi pare segnalare l'avallo definitivo dei salotti letterari all'autopubblicazione; ma a questo punto, rivoltando la frittata, mi chiedo perché io piccolo editore non dovrei far pagare l'autore se poi nei premi o nelle recensioni veniamo trattati alla pari. Perché sono eticamente più bello? Più bello di chi? Dall'altra parte mi fa scattare una domanda tanto cara al mio amico Roberto R. Corsi: perché se faccio un libro in ebook (eticamente il top, perché risparmi carta e soldi) no, quello non va bene per i premi; ma se lo pubblico col selfpublishing sì?
giovedì 5 settembre 2024
i cornuti
Ripensavo al caso Sangiuliano che chiede scusa alla moglie e non so perché lo metto in relazione con delle statistiche che leggevo negli ultimi giorni, ovvero che 1) il 60% degli italiani ammette di aver tradito almeno una volta nella vita durante una relazione, e ancora che 2) il 48% della popolazione ha un tatuaggio, facendo oggi del nostro il paese con più tatuati del mondo. In pratica, nel nostro paese che ha il record mondiale di tatuati, ci sono più cornuti che tatuati, o almeno, facendo un tanto al chilo, per ogni tatuato che incontri c'è sempre lì intorno un tradito, o tradita, che si porta dietro un pezzetto di avanzo dell'altro. Sta cosa mi sconvolge, anche perché per quanto ce ne crediamo immuni, con una percentuale così alta quasi nessuno ne scampa, c'è solo da chiedersi: e io cosa sono? Sono più traditore o tradito? Oppure sono stato, com'è logico che sia, entrambi? E quando? E ora? E con chi?
mercoledì 4 settembre 2024
i "nostri" rapporti
Autore che vuole pubblicare con me, non accettando i miei rifiuti fatti con gentilezza, comincia a stalkerizzarmi chiamandomi di continuo al telefono, oppure, quando non gli rispondo, mandandomi dei lunghissimi messaggi su whatsapp e controllando cosa scrivo su Facebook attraverso la sua ragazza, perché lui non è sui social, ma lei sì! A un certo punto, visto che non ci sente proprio da quell’orecchio, anzi più lo rifiuto e più si fa insistente, faccio il tentativo ultimo di scrivere a lei per chiederle se può convincerlo a lasciarmi in pace. La ragazza, però, mi risponde offesa che sono l’ennesima persona che ha “frainteso” il suo fidanzato, e dopo avermi mollato un paio di insulti perché secondo lei sono un cinico che si diverte a giocare con gli autori, mi toglie l’amicizia e mi blocca. Così per qualche giorno non si fa più vivo e penso che forse il problema è risolto. Finché lui non mi chiama per scusarsi del “comportamento” della ragazza, aggiungendo che non vorrebbe che col suo scatto d’ira lei possa rovinare i “nostri” rapporti editoriali. – Ma quali cazzo di rapporti editoriali? comincio ad agitarmi al telefono, costringendolo a chiudere la telefonata. – Ecco, io sinceramente uno così, capace di vendersi anche la zita per raggiungere i propri scopi, non lo pubblicherei nemmeno se mi pagasse. Lo scrivo qui, anche se tanto quell’altra che lo segue a ruota non mi legge più, perché mi verrebbe da dire che due così Dio li fa e poi li accoppia, però un po’ mi dispiace per lei, perché prima o poi si prenderà un bel calcio nel culo e magari non capisce neppure da dove le arriva.
martedì 3 settembre 2024
risveglio
Ogni mattina, appena mi sveglio, da un po' di tempo mi sono accorto di farmi sempre la stessa domanda, la mia prima domanda del giorno: Dovrei ringraziare di essere vivo? Ma senza nessuna nota polemica, o filosofica, proprio come pura domanda che mi viene sponaneo farmi nel ritrovarmi ancora qui con voi. Dovrei? Ne ho il dovere? Stamattina poi ripensavo alla ragazza che l'altro giorno mi ha detto di amare più di tutti Gio Evan, lei di sicuro lo fa e ringrazia lui, rubandogli una qualche frase per dirlo. Chissà, mi sono chiesto oggi come seconda domanda, forse dovrei cambiare letture, passare da Cioran e Canetti a Gio Evan e guadagnarci in Chiarezza, oppure come fanno i più, non leggere affatto, tranne forse i post sullo smartphone.
lunedì 2 settembre 2024
la sinossi
Autrice con un bell’accento siciliano mi chiama al telefono per chiedermi un’informazione. – Mi dica. – Attacca a leggermi, senza fare una pausa, tutta la sinossi che vuole allegare all’email con la sua proposta editoriale. – Io provo a fermarla ma non ci riesco. – Quando finisce mi chiede: Che dice, va bene? O è troppo lunga? – Ma perché mi ha letto la sinossi al telefono? – Come perché? Io per lei l’ho scritta, se non le piace me lo deve dire subito, così la correggo prima di mandargliela! – Mi viene da ridere. – Le piace o no? – È perfetta! – Mando subito allora! – Chiudo la telefonata e mi arrivano due email della suddetta. Una con allegata l’opera e una con allegata la sinossi. – Ma perché mi ha mandato due email? – Mi scrive: Visto che la sinossi mi è venuta così bene ho pensato che si meritasse una email tutta per sé!