lunedì 29 aprile 2024

o è fiore o è fieno

Aspirante autrice chiede di incontrarmi per parlarmi del suo libro. Indossa un vestito a colori sgargianti, due vistosi orecchini, e porta un profumo molto intenso, al punto che lo sento anche da lontano, si lascia la scia dietro quando passa. Una cosa che dà alla testa. Non sarebbe così grave se non fosse che il profumo mi fa prudere il naso e poi mi fa scoppiare a starnutire con violenza due o tre volte di fila. – Sarò allergico, le dico mentre tiro fuori il fazzoletto. – È perchè io sono come un fiore, scherza l'autrice. – O è fiore o è fieno, scherzo anch'io mentre mi soffio il naso. Dopo di che del libro non si è più parlato.

domenica 28 aprile 2024

statistiche alla mano

C'è un titolo che gira da un po' di giorni sui social: "Il 72% degli italiani si sente antifascista". Sembrerebbe incoraggiante finché non ti accorgi che, da un altro punto di vista, significa che almeno 1 italiano su 3 si sente fascista o afascista (termine coniato per sé da Giuseppe Berto, scrittore amatissimo e autore de "Il male oscuro"). Se la famiglia media italiana è composta da 3-4 individui vuol dire che statisticamente parlando ce n'è almeno 1 per famiglia. Il segreto, allora, per stare al sicuro, è mantenersi sotto la media del 3: o da single, oppure due antifascisti dichiarati per famiglia e per favore non fate figli che statisticamente quello che nasce è già segnato in partenza. Trovavo anche interessante la particolare simmetria di percentuali fra il 72% di antifascisiti e il 74% degli italiani che stando ai dati Istat legge almeno un libro all'anno (di questi ultimi però il 67% non arriva a leggerne 2 all'anno). Credevo fosse rilevante, finché non si è scoperto che quel 67% l'anno passato si è bruciato l'unica lettura con "Il mondo al contrario" del generale Vannacci, un libro non solo brutto dentro ma pure scritto male fuori. Altro che "male oscuro"!

sabato 27 aprile 2024

la zona di interesse

Ieri sera ho visto "La zona di interesse" di Glazer. Il film procedeva con tutta la sua lentezza analitica e appena disturbante e io continuavo a chiedermi: E allora? Non che sia brutto, ma forse dopo tanto parlarne mi aspettavo qualcosa di più. Invece era un buon film, niente di più e niente di meno. Poi certo ci sono anche pellicole che quando le vedi non riesci più a staccarti da loro e a pensare ad altro per tre-quattro giorni di fila. Ma, almeno per i miei gusti, non lo metterei fra quelli. Sempre meglio comunque di "Povere creature" di Lanthimos, di cui pure si è parlato tanto, una cosa che quando l'ho vista ho pensato solo: Ma che cazzata è? Forse anche qui mi aspettavo di più, ma è anche vero che Lanthimos è stato l'autore di "Dogtooth" che per idea e sentimento è praticamente tutto ciò che avrebbe potuto essere "La zona di interesse" se fosse riuscita a toccare le vette delle proprie ambizioni, invece di fermarsi a metà strada. Invece Glazer non è riuscito a fare un film altrettanto bello di quello del primo Lanthimos. E Lanthimos neppure.

venerdì 26 aprile 2024

il sale

In fila in Tabaccheria sono l'unico che sta comprando del sale. Gli altri o prendono sigarette o giocano oppure fanno la ricarica al telefono. Un mio amico entra mi guarda e fa: Ancora il sale usi?! Non lo sai che fa male? – Poi si gira e ordina un pacchetto di Merit blu.

giovedì 25 aprile 2024

roma città aperta

Siccome l'ho appena visto, devo dire che più di tutte le lezioni di Barbero o anche di Scurati, il 25 aprile è sempre meglio riguardarsi "Roma città aperta" che è un film bellissimo fatto in presa diretta dalla fine della guerra, per ritrovare un equilibrio con questa giornata in cui la retorica certe volte rischia di prendere il sopravvento. Dice tutto il film e ci ricorda molte cose importanti, oltre al fatto che per un breve periodo, proprio nel dopoguerra, abbiamo avuto il miglior cinema del mondo, fatto con quattro soldi e il cuore in mano. Era un cinema che aveva delle idee e che voleva dire, dopo tanta censura, la sua sulla realtà. Il 25 aprile, secondo me, per qualcuno è divisivo non perché è fascista, come dice uno slogan che gira e che a suo modo è divisivo (o sei con me, o sei contro di me), ma perché non ha visto i film giusti quando doveva, o non ha letto i libri giusti, se li ha letti. Perché l'antifascismo si fa anche leggendo i libri, guardando i film, studiando e scrivendo, esprimendo sempre le proprie idee e soprattutto ascoltando quelle degli altri, questo me lo ha insegnato mio padre, che di sicuro non era un gran lettore, ma veniva da un mondo contadino che credeva in un'idea di miglioramento attraverso il lavoro e lo studio, e io gli ho creduto. E oggi più di ieri, che quell'idea di miglioramento sta andando a rotoli perché la nostra identità culturale sta morendo, bisogna impegnarsi di più, sforzarsi di capire di più, di ascoltare di più, perché secondo me per stare al mondo oggi non basta più essere antifascisti, serve essere qualcosa di più, ma essere antifascisti è un buon inizio.

mercoledì 24 aprile 2024

due copie

Autore mi chiama per chiedermi se sono interessato a pubblicare la sua raccolta che ha un però. Infatti è già stata pubblicata col self publishing pochi mesi fa e ora tutti gli editori che contatta gli dicono di no per questo motivo. – Li capisco. Se il libro è uscito hanno paura che abbia già venduto tutte le copie che poteva vendere. – Magari, mi fa. Finora ho venduto solo due copie. Una l’ha presa la mia ragazza e l’altra mio padre, che quando ha letto cosa scrivevo di lui ha voluto indietro i soldi.

il voi

Sarà segno dei tempi, o dell'età che avanza, ma è da stamattina che tutti in paese (dalla banca alla formaggeria) mi danno del Voi. Manco del Lei. Del Voi, come ai tempi di mio nonno! – Unica a darmi del Tu, oggi, la mia vecchia maestra delle elementari, che ho incontrato per caso in banca. Prima mi ha osservato un po' perché non mi riconosceva, poi è scattata: Lillo Tarì! Dagli occhi ti ho riconosciuto! Sono uguali a quando eri bambino! Lo stesso sguardo! Ma al resto della faccia che hai fatto? – Sono invecchiato, maestra! – Il tempo passa per tutti, ma pure tu ti stai impegnando!

martedì 23 aprile 2024

rosicone

Lo so che non c'entra nulla col discorso sulla censura (in cui più o meno sono d'accordo con Travaglio) e ci faccio anzi la figura del rosicone, ma continuo a pensare a Scurati che se va in RAI gli danno 1800 euro per un intervento da 3-4 minuti e tutti dicono che è un corrispettivo nella media. Un paio di settimane fa quando sono usciti i bassi dati di vendita degli scrittori candidati allo Strega, gli scrittori dicevano che dai libri non si campa. Eppure Scurati insegna che se sei uno scrittore e arrivi a fare una comparsata in TV prendi lo stesso stipendio mensile di un insegnante o di un operaio. Se fai due comparsate o tre ti aggiri già dalle parti di un professionista. Ovviamente non è che chiamino chiunque, Scurati ad esempio (dando per scontato che tutti lo abbiano letto per come scrive e non perché ha scritto un romanzo su Mussolini) è famoso. Ma come si fa a dire che scrivendo non si campa? Bisogna scrivere e andare in TV almeno una volta al mese, ecco come si campa scrivendo. Scrivere come trampolino di lancio per la TV.

lunedì 22 aprile 2024

galt

Antropologicamente parlando, dice Anthony Galt nel suo saggio su Locorotondo che presto pubblicheremo con Pietre Vive, la differenza fra il nostro territorio e altri del mezzogiorno e dell'Italia intera sta nel fatto che per svariate motivazioni di natura storica, economica e territoriale ai contadini fin dal XVII secolo venne data la possibilità di raggiungere una certa indipendenza economica e di conseguenza una propria libertà unicamente in virtù del proprio lavoro. Da noi, cioè, la frase "il lavoro rende liberi" ha avuto un effettivo riscontro sociale, per cui non solo i vecchi servi con la schiena piegata sulla zappa hanno fatto fortuna, ma a un certo punto, lavorando come bestie da soma, hanno scalzato i galantuomini e dal secondo dopoguerra in poi hanno preso in mano il potere economico e politico del paese, realizzando due delle prime e più potenti esperienze di cooperativa del Sud: la Cantina sociale (purtroppo finita, ma non per colpa loro) e la Cassa Rurale, oggi BCC Locorotondo. Da noi il lavoro non è considerato un male necessario, ma una fonte di orgoglio e una continua possibilità di riscatto legata a una visione aperta del futuro, ed è credo il motivo per cui Galt aveva così in simpatia il nostro paese, perché gli ricordava per certi versi il senso americano del lavoro come motore della vita, legato però al nostro paesaggio e alla nostra cultura mediterranea. Chissà se rivedendo oggi cos'è diventata Locorotondo rispetto agli anni Ottanta in cui visse qui, sarebbe deluso come in fondo lo siamo in tanti, oppure direbbe che la storia va più avanti di così.

compagnia

Un'amica di mia madre le dice che secondo lei io non sono una persona di grande compagnia. Mia madre cerca di difendermi e le risponde: Non è vero che non è di compagnia, è solo che non parla molto, sta sempre chiuso nel suo mondo, è un solitario, è come un orso nella tana... Tu pensa se non avesse voluto difendermi.

domenica 21 aprile 2024

hammett


 

Wim Wenders mi fa sempre uno strano effetto. Alcuni suoi film sono bellissimi, altri, persi come sono nel loro lento divagare, mi sembrano più che altro noiosi. Così lo rispetto, ma non riesco ad amarlo. So che c’è del metodo in ciò che fa e che lo guida una sana ispirazione poetica, ma certe volte quando questa ispirazione non è messa bene a fuoco, quando cioè non c’è uno sceneggiatore adeguato che lo affianchi, non si capisce dove voglia andare. Anche per questo ho sempre avuto il desiderio di vedere la prima versione di un suo film più famoso per la storia che si porta dietro che per il risultato in sé, “Hammett”, che da ciò che raccontano ha sofferto proprio a causa della sua ambivalenza autoriale. Wenders viene chiamato a dirigerlo da Coppola, dopo aver realizzato uno dei suoi film più belli, “L’amico americano”, però di fronte a un soggetto già scritto che non lo prendeva, l’adattamento di un romanzo giallo di Joe Gores in cui lo scrittore noir viene coinvolto in un fittizio caso investigativo che attinge alle atmosfere dei suoi racconti – quindi utilizzando un procedimento inverso a quello di Hammett, che attingeva alle sue esperienze di vita per scrivere storie di pura invenzione – lo rielabora completamente realizzando un film, tutto girato in presa diretta a Chinatown, sull’eterno rapporto/conflitto fra vita e invenzione e ne tira fuori un’opera che, raccontano, è talmente cerebrale e noiosa che persino Coppola è costretto a bocciarla. E così Wenders, costretto a riscrivere da capo la sceneggiatura, rigira tutto ricostruendo l’intera ambientazione in studio e cambiando l’intero cast all’infuori del protagonista impostogli dalla produzione, un Frederic Forrest immenso, che però Wenders non ama – gli avrebbe preferito Sam Shepard, che poi per lui scrisse “Paris, Texas”. Questo rifiuto, però, lo portò soprattutto a vivere un malessere esistenziale che Wenders traspose in un altro film cupissimo e a tratti avvelenato, “Lo stato delle cose”, e che si portò dietro per quattro anni, fino a che non riuscì a completare un rifacimento soddisfacente della pellicola, vicino ai desideri della produzione e il meno wendersiano dei suoi film, tanto che secondo i maligni ci mise lo zampino lo stesso Coppola. Questo non si sa, ma oggi penso che sarebbe bello vedere anche la prima versione del film così come l’aveva concepita Wenders, ignorando l’aspetto noir e concentrandosi soprattutto sull’Hammett autore. Di quella pare sia stato riutilizzato solo il 10% nel remake, presumibilmente l’intro e l’epilogo del film, lì dove si vede Hammett malato e alcolizzato, seduto alla macchina da scrivere con lo spettro dei propri fantasmi, che batte sui tasti mugugnando, all’inizio e alla fine, le stesse due parole: THE END.


uno

Ho appena letto che secondo una ricerca dell'Istat i pugliesi sono la popolazione più triste d'Italia, quella con meno soddisfazione nel presente e fiducia nel futuro. Uno su dieci si dichiara infelice. Uno, ovviamente, sono io.

venerdì 19 aprile 2024

vetro

Paris, Texas (1984) di Wim Wenders.

Non lo rivedevo dai tempi dell'università. All'epoca mi era piaciuto. Rivisto oggi mi sono sentito più vicino al protagonista e mi sono commosso pensando a come alcuni di noi, pur avendone la possibilità, sono incapaci di costruire la propria felicità. Si costringono a stare dall'altra parte del vetro.
 

 

giovedì 18 aprile 2024

coro

Stanotte in sogno è venuto a trovarmi Woody Allen (quello di Amore e guerra) per raccontarmi la trama di un film che aveva in mente e non poteva realizzare in cui una certa sera con una scusa invita a casa sua una ragazza per provarci, ma questa si porta dietro altri due pretendenti e quando dopo una notte rocambolesca nessuno dei tre ce la fa con lei, gli ultimi due all'alba distruggono la casa del primo. Così, mentre lui me lo raccontava, ero anche io in casa sua e c'era un gruppo maschile in costume d'epoca che faceva da coro greco cantando arie d'opera in salotto che io facevo finta di conoscere citando nomi e autori a caso, e in linea con la storia di invasione casalinga mentre cantavano fumavano e spegnevano le sigarette schiacciandole sul tappeto, cosa che faceva innervosire non poco Woody. "Ecco, mi diceva, se vuoi la storia io te la regalo ma per favore tieni fuori il coro."

mercoledì 17 aprile 2024

lunghi abbracci

Certe volte dovrei essere più grato per gli amici che ho. Prendi ad esempio Fabio Macaluso, avvocato e gentiluomo. Siccome è in Sudamerica, gli ho scritto prima una mail per chiedergli un'opinione su un problema di diritti. Fabio appena sveglio (con la differenza di fuso orario) legge la mail e mi chiama apposta dal Sudamerica per dirmi, testuali parole: "Antonio, hai fatto una cazzata, ma non ti preoccupare, la risolviamo. Un abbraccio lungo 14.000 km!"

due vecchi

Negli ultimi giorni le due foto che più girano in rete sono quelle di Clint Eastwood col suo sorriso luciferino da ultranovantenne, e di Luciano Canfora che va col bastone al processo per la querela della Meloni. Due esponenti del meglio che arte e pensiero hanno prodotto nel nostro Novecento. Forse per l'età è l'asciuttezza ascetica del viso a me sembrano in qualche modo assomigliarsi, per quanto politicamente agli antipodi, uno di destra (o repubblicano, come direbbero gli americani) e l'altro di sinistra (o antifascista, come direbbe lui), con Canfora che essendo meno middle-class nell'anima si veste decisamente meglio.

martedì 16 aprile 2024

puttaniere

Oggi in un incontro con le scuole a Martina Franca organizzato dal Themis Festival con Giovanni Impastato, il fratello di Peppino ha rievocato gli anni sessanta, quando i giovani scesero in piazza contro il governo Tambroni per salvare la democrazia del paese, e poi ha continuato così: "Oggi che al governo abbiamo visto di tutto, leghisti, fascisti, puttanieri, chi scende in piazza per salvare il paese?". Ecco che alla parola "puttanieri" i più giovani si sono guardati in faccia chiedendosi di chi cacchio stesse parlando Impastato. (Per fortuna, ho pensato, che c'è Netflix che glielo ricorda.)

quartine zozze

Liceale incontenibile, ispirato da una sua prof di quest'anno, mi manda una proposta di pubblicazione con raccolta di quartine zozze, tutte rigorosamente in rima baciata, su come si fa le seghe pensando a lei. Alcune sono divertenti, oltre che oscene. Siccome nelle poesie viene citato più volte il nome della prof gli chiedo: ma almeno hai usato uno pseudonimo? – No, le ho scritte di getto, ma se provo a cambiarlo non mi piacciono più, mi sembrano finte. – Insomma, ti sei preso una cotta. – Più o meno.

lunedì 15 aprile 2024

servile

L'Italia mi accorgo è piena di gente sempre pronta a dare del servo agli altri, e sostenere che le persone libere, in cui si sentono comprese, sono pochissime, si contano sulle dita della mano. Infatti, finita la mano, i conti non tornano più, a meno di non cominciare a pensare che siamo tutti servi e liberi insieme, servi liberi di servire quando gli garba o uomini liberi altamente servili quando fa comodo a loro. Non a caso la commedia dell'arte è nata qui.

errore

Mi accorgo di aver fatto qualche errore nella mia comunicazione quando in fila in banca un signore mi dice ti leggo sempre sono belle le poesie che scrivi secondo me dovresti fare un libro.

domenica 14 aprile 2024

va bene così

Va bene che Israele di Netanyahu è uno stato orribile, ma mi stupisce sempre leggere post che in qualche modo giustificano o addirittura simpatizzano con qualsiasi azione di un regime, quello iraniano, dove se appena appena sei donna e ti togli il velo o sei un giovane che si ribella a questa cosa ti ammazzano di botte o ti impiccano per strada, dove sono due anni che c'è una rivoluzione giovanile in corso (di quella sì non parla proprio più nessuno) e dove invece che gridare "Cessate il fuoco ovunque" come fa l'Anpi, forse avremmo dovuto mandare aiuti, sostegno e anche armi se fossero servite, perché se c'è un antifascismo vivo è quello che c'è in Iran e che si oppone sia agli ufficiali ammazzati a Damasco dagli israeliani, sia a quelli che rispondono con missili e droni secondo il diritto internazionale. Poi certo, Israele è cattiva perché ammazza i bambini palestinesi, e l'Italia è brutta perché vende armi a Israele, ma l'Iran che ammazza le donne per presunto mandato divino e vende le armi ad Hamas, cos'è? C'è da chiederselo oggi, dove per qualcuno di noi tutto sommato va bene così, perché Israele se l'è cercata, e in fondo hai visto non ci sono state vittime... Ma vaffanculo, va, davvero.

sabato 13 aprile 2024

sonno

Credevo stesse dormendo, invece era morta. Ho pensato che non dev'esserci sogno più bello per un'ape che morire dentro un fiore.


giovedì 11 aprile 2024

merlo

C'è un piccolo merlo nero che da un po' di giorni, ogni pomeriggio quando scendo ad annaffiare l'orto, plana a terra e comincia a saltellarmi intorno, a distanza di sicurezza ma senza troppa paura e mi guarda con l'occhietto vispo che a me pare divertito, come se volesse parlarmi. Mi pare l'unico qui intorno, per cui ho pensato che forse è rimasto solo, ma ogni pomeriggio ci incontriamo nell'orto. Lui scende e comincia piluccare col becco da terra sotto il ciliegio, mentre io annaffio, poi quando ho quasi finito il giro fra le piante, poco prima di chiudere l'acqua della pompa, fa una serie balzi veloci, come se prendesse la rincorsa, e sparisce o fra i filari dei carciofi in fondo oppure facendo un salto di lato verso gli ulivi del vicino.


slogan

Avevo letto che l'ANPI voleva lanciare per il 25 aprile lo slogan "Cessate il fuoco ovunque" che sembrava un tentativo di dire qualcosa a qualcuno, ma prendendo una posizione talmente ampia per evitare di scatenare polemiche, da scatenarle comunque. Poi oggi al Tg ho visto prima dei poveri ragazzi che stavano giocando una partita di calcetto a Kharkiv, una partita uguale a tutte quelle che si potrebbero vedere in qualsiasi periferia del mondo, solo che a un certo punto li ho visti gettarsi a terra terrorizzati, le mani a proteggersi inutilmente la nuca, per gli scoppi di un bombardamento improvviso, come tanti altri che stanno distruggendo la città; e subito dopo un ragazzetto afroamericano, uno con la tuta nera e le scarpe sportive per darsi un'aria da duro, ma fondamentalmente un quindicenne che ad Akron, Ohio, stava giocando per strada con una pistola giocattolo, e per questo è stato ferito da un agente in servizio, a cui gridava con la voce di un quindicenne in lacrime, terrorizzato a morte, è finta, è finta, è finta! Sono cose che ti fanno pensare. E forse "cessate il fuoco ovunque" non è così male come slogan, soprattutto se davvero si allarga il tiro a tutti quanti, non solo a chi pensiamo se lo meriti più di noi. CESSIAMO IL FUOCO OVUNQUE, questo sarebbe stato meglio. (Del resto, le armi che si usano spesso le fabbrichiamo noi, ma parlando anche nel piccolo, siamo noi quelli che andiamo ancora a caccia per fare sport, ovvero per uccidere senza motivo, siamo noi quelli che nei mattatoi abbattono ogni singolo animale che mangiamo con un colpo di pistola in fronte, che è fondamentalmente una esecuzione, oppure siamo noi a capodanno che spariamo dai balconi con fucili e pistole, o lanciamo dei fuochi d'artificio che non servono davvero a niente e nessuno, solo a spaventare gli animali).

letto

Stamattina, aprendo gli occhi senza nessun entusiasmo, ho ripensato a Perfect Days, e mi sono detto che se c'è un motivo di invidia nella vita del suo protagonista Hirayama (che mi pare vita né eccessivamente felice né eccessivamente triste, proprio come la maggior parte delle nostre), sta nel fatto che ogni mattina riesce a svegliarsi con entusiasmo, rimette a posto il futon, si lava i denti, annaffia le piante, e può anche permettersi di godersi il cielo quando esce di casa. A me personalmente (almeno negli ultimi anni) serve mezz'ora solo per staccarmi dal letto. E mi diceva un amico col mio stesso problema che non riesce a godersi non dico il cielo ma nemmeno la colazione perché è troppo concentrato a rispondere a mugugni a sua moglie che invece è una che si sveglia sempre pimpante, molto più di Hirayama, ma al contrario suo parla tantissimo e se c'è una cosa che è davvero fastidiosa la mattina presto è qualcuno eccessivamente carico che ti parla addosso. Mica per nulla nel film il personaggio più fastidioso di tutti, quello che rovina l'incanto del silenzio, e per questo va in bianco, è il collega chiacchierone Takashi. Ben gli sta.

mercoledì 10 aprile 2024

ramadan

Oggi in macelleria ho incontrato una signora che si è comprata metà della carne in esposizione. Mi ha detto che sua figlia sta venendo a trovarla, ma visto che ora vive in Medioriente e si è convertita all'Islam, non sapendo bene che tipo di carne mangia o se segue o no il ramadan, prende un po' di tutto perché da noi si sa, se torna un figlio come minino è antipasto di prosciutti, ragù con le polpette e costatine arrosto. Insomma, le dico, stai cercando di corrompere tua figlia con le braciole al sugo e la ventresca. Voglio vedere se vinco io o il ramadan, mi dice. E se vince il ramadan? chiedo. Non ti preoccupare proprio, ho due bestie alte così a casa e quelle si mangiano tutto, altro che ramadan, dove stanno loro non si perde nulla.

sogno della campana

«Esistiamo nella stessa misura in cui gli altri hanno facoltà di dimenticarsi di noi» mi ha detto un prete incontrato a guardia della campana. Mi ero perduto in una tappa a caso di un viaggio personale, per il quale prendevo un treno ogni fine settimana e dopo qualche ora di attesa, in cui mi chiudevo in bagno per non guardare il paesaggio, scendevo alla prima stazione utile senza nemmeno sapere il nome della città prescelta. In questo caso, dopo un tragitto assai scomodo, stretto accanto a due donne, madre e figlia che si erano infilate con me per non pagare il biglietto, con la figlia assai molesta che continuava a parlare e agitarsi e pestarmi i piedi senza nemmeno scusarsi, ero finito in un luogo con un grande santuario dai colori caldi che si stagliava altissimo poco lontano dal centro. Attirato lì dalla sua bellezza, sono entrato nell’edificio al cui interno al posto dell’atrio c’era un immenso spazio vuoto e circolare, chiuso in alto e con sospesa al centro una enorme campana di un qualche strano metallo che non rifletteva le luci intorno ma ne emanava una tutta sua, per quanto fioca, ed era incapace di suonare, e tutt’intorno erano dei loggioni per assistere alla sua inerzia come se fossimo a teatro. Centinaia di fedeli o curiosi stavano affacciati sul vuoto in attesa anche solo di un sospiro. E anche io con loro ero finito in ombra in piccionaia con uno dei preti guardiani. «Vedi – mi spiegava – quella campana esiste proprio perché non suona. Se producesse un suono durerebbe talmente poco da spegnersi completamente nel giro di pochi istanti. C’è, ma in potenza, e se realizza quello per cui è nata allora non ha più ragione di essere, in quanto, dopo, è stata. Noi la lasciamo libera di scegliere come dare seguito alla sua esistenza. Infatti, se osservi in alto, non è legata a nessuna corda».

lunedì 8 aprile 2024

trovarsi un lavoro serio

Da quando sono usciti i dati di vendita dei libri candidati allo Strega, che dicono precisamente quello che qualsiasi piccolo editore sa e ripete ai suoi autori da sempre: che gli editori non fanno i miracoli e che chi crede che basti scrivere un libro per menarsela sta prendendo una cantonata clamorosa, che chi ambisce al successo si deve sbattere come tutti, non basta il talento, tutte cose che prima dello Strega erano considerate scuse, e adesso sembrano un po’ più vero perché lo confermano quelli che stiamo sempre ad adulare per il loro successo; da quando sono usciti i dati, insomma, gli scrittori, quasi si sentissero accusati di aver peccato di vanità, si difendono e da più parti lanciano i loro buoni consigli: chi vuole scrivere si trovi un lavoro, perché con la scrittura non si campa. Questo detto da gente che fa corsi di scrittura, scrive sui giornali, fa i giurati ai premi, lavora in radio, fa editing per case editrici ecc. C’è persino gente come me e tanti miei amici che per stare dietro a questa cosa della scrittura ha fatto la cazzata di aprire una casa editrice – e aspetta io sono negato coi soldi, ma altri se la cavano meglio – perché alla fine voleva fare solo questo, lavorare con la scrittura, o nella scrittura, anche se un piano più in basso. E adesso viene lo scrittore di turno, sgamato, e dice a tutti, me compreso, di trovarsi un lavoro serio, proprio come farebbe mio fratello o uno qualsiasi della mia famiglia che non crede affatto in ciò che faccio e mi ripete: trovati un lavoro alle poste, o come insegnante, fatti raccomandare per un posto in qualche ufficio. La scrittura è un hobby! E no, caro il mio scrittore, va bene se me lo dice mio fratello, ma detto così da te mi pare quasi una truffa. Tu che comunque hai più chance di me di farcela, tu che bene o male ci metti la faccia, almeno tu dovresti essere quello che sì mi apre gli occhi, ma ci crede più di tutti. Non quello che dice quasi scocciato “si vende poco perché il sistema è questo e fa schifo”, ma quello che dice “si vende poco e fa tutto schifo ma io lo faccio uguale, perché sono un drogato della scrittura, e se sei un drogato come me saranno pure cazzi tuoi, ma fallo se vuoi, a tuo rischio e pericolo, io ti ho avvertito” e poi decide chi ti legge di che morte morire. (Scrivo questo mentre sto leggendo i racconti di Dashiell Hammett, considerato sulla carta il padre del genere hard boiled, quello su cui oggi campano centinaia di autori e sceneggiatori, uno che ha fatto una vita di merda ed è morto povero, tisico e dimenticato da tutti. Però quello voleva fare e l’ha fatto). Tanto, caro il mio scrittore, a dire che fa tutto schifo ci sarà sempre qualcuno più bravo e convicente di te.

sabato 6 aprile 2024

sempre meno lettori

Siccome mi voglio aggiungere al coro dei commenti, ho visto anche io lo specchietto coi numeri delle copie vendute dai finalisti del premio Strega, ma l'ho visto purtroppo mentre il Tg diceva che il servizio sanitario nazionale è al collasso e fra un 20-30 anni più della metà degli italiani sarà formata da vecchi con pensioni da fame che saranno costretti a spendere tutto ciò che hanno per curarsi nelle nuove cliniche a pagamento, altro che comprare libri. I più fortunati fra i nostri giovani, ovvero quelli con un minimo di possibilità economiche ed educazione, emigreranno in massa, come già fanno del resto. Mentre per chi arriva abbiamo un governo che invece di accogliere nuove forze fa dei distinguo su chi è italiano e chi no e chi può stare in classe e chi no, intanto che, ci dicono altri studi, regioni come la Calabria, la Basilicata e il Molise a breve non esisteranno più, saranno del tutto abbandonate. Desertificandosi. Quindi è vero che oggi ci sono pochi e sempre meno lettori, ma è anche vero che quello è un problema relativo, perché presto i libri non ci sarà più nessuno per comprarli. E questa purtroppo non è fantapolitica.

giovedì 4 aprile 2024

non so

Autore che mi manda in lettura la sua raccolta si presenta così: In genere non leggo poesie, e quindi non so come si scrivono e non so nemmeno perché le ho scritte, probabilmente sono scritte male, e a pensarci bene non riesco a trovare una sola buona ragione per cui dovreste leggerle. Facciamo così, io ve le mando, ma voi cestinatele senza nemmeno aprirle. – Io gli rispondo: La mail paracula di presentazione mi è piaciuta un sacco. Purtroppo le poesie, che ho aperto, rispecchiano perfettamente il contenuto del messaggio.

martedì 2 aprile 2024

la mia vagina

 
Comincio col dire che LA MIA VAGINA, a cura da Massimo Maurizio ed edito da Stilo Editrice, è un libro bellissimo, talmente bello che avrei voluto pubblicarlo io. Ed è anche tutto ciò che per me dovrebbe essere un libro oggi, bello esteticamente, nei versi, ma col coraggio di esprimere un’idea sul mondo, una visione, magari non condivisa da tutti, ma talmente chiara e forte da poter esprimere un punto di partenza per un dialogo. “Antologia di poesia femminista russa contemporanea” aggiunge il sottotitolo, lì dove il femminismo non è una moda ma una esigenza, è un’opera tradotta benissimo e con grande sensibilità che ha, ripeto, una fortissima connotazione politica, primo perché realizzata in una nazione sempre più omofoba e repressiva – dove i movimenti omosessuali sono paragonati per legge a quelli terroristici – e secondo perché per il solo fatto di essere stato scritto da donne che parlano liberamente di sesso lesbico (da un punto di vista femminile) e violenza domestica istituzionalizzata le stesse autrici rischiano di essere processate. Non a caso alcuni testi sono pubblicati sotto pseudonimo per non mettere in pericolo le autrici, lì dove l’opera come discorso unitario viene prima della soddisfazione dell’ego del singolo autore, vale come atto di denuncia e riflessione su un problema generale. Allo stesso tempo sono poesie profondamente personali, di quel personale che può farsi voce collettiva trattando come fanno di problemi comuni legati all’affermazione di sé come individui in una società fortemente maschilista che nega qualsiasi parità alle donne e ai gay. Le poesie qui proposte sono tutte mediamente lunghe (dalla 3 alle 12 pagine l’una), rifiutano il tono lirico e le forme retoriche classiche, sono per lo più dialogiche nel dettato, prosastiche, usano un linguaggio diretto e versi lunghissimi, sono piene di urgenza, ma non prive di una certa ironia che spesso sconfina (pericolosamente) nella satira, sembrano testi nati per la lettura in pubblico e si prendono il diritto di affrontare apertamente (nonostante siano opere di donne!) temi come la guerra, di cui si sentono responsabili, la politica e la nuova società russa figlia del putinismo (a cui si oppongono) e definita acutamente come “post-coloniale” creando un confronto diretto col colonialismo europeo (dove il colonialismo è “uomo”, la nazione è “massimamente uomo”), la violenza diffusa respirata persino negli ambienti della cultura che censura le voci femminili o le vede come prede sessuali (vedi la lunghissima e stupenda “Che cosa so della violenza” di Oksana Vasjakina che mi ha fatto vergognare di me e dei miei stessi comportamenti). Perché la poesia arriva un passo più in là degli slogan #metoo, e perché un libro così comincia dalla Russia ma va ben oltre i suoi confini, affrontando temi che sono inevitabilmente condivisibili. Così, una delle formule corali che più ricorre nel libro è “io voglio parlarne con voi”, ma non su Facebook, non sui social avvertono le autrici, parliamone di persona, faccia a faccia, in pubblico, per strada, in movimento, anche a rischio di finire arrestate, purché ci sia un’eco, un cambiamento.


destino

Ogni tanto, non avendo io figli, né come me mio fratello, mi fermo a guardare i miei libri e fantastico sul loro destino, se finiranno al macero o in qualche camino quando degli estranei si prenderanno la casa, o in qualche bancarella dell'usato, e chissà se qualcuno leggerà quelli che mi hanno dedicato chiedendosi chi erano mai questi nomi, l'autore del libro e quell'Antonio a cui era stato dedicato, essendo noi tutti perlopiù sconosciuti ai futuri lettori.

lunedì 1 aprile 2024

giustizia

Stamattina mentre guardavo un servizio sui risultati elettorali nella democraticissima Turchia, e subito dopo ne davano uno su Gaza, ho pensavo per associazione che in Turchia, dove si nega ci sia mai stato, c'è ancora in vigore una legge che dice che se provi a nominare la parola "genocidio" riferita a quello attuato un secolo fa contro il popolo Armeno, dilaniato da una guerra sui suoi territori fra Russi e Turchi e poi sterminato dai Turchi, ti becchi una condanna reale a tre anni di carcere. Solo se usi quella parola. Un po' quello che succede anche in Cina, dove ti controllano attraverso il tuo stesso telefono, e alcune parole non si possono nemmeno scrivere, il tuo dispositivo controllato arriva al punto di cancellarle, perché se cancelli la parola che lo definisce il fatto non esiste. Quello potrebbe presto diventare il nostro futuro e mi pare quasi che qualcuno ci speri. La storia ormai mi sono accorto funziona così: vince chi mostra meglio i muscoli, e chi non ha muscoli abbastanza tratta per limitare i danni. La "giustizia" è una parola come un'altra da usare all'occorrenza, proprio come "genocidio". È passato un secolo dal genocidio Armeno e mentre Erdogan si presenta coma paciere del mondo la libertà di stampa e di storia nel suo paese ancora non esiste, al punto che quando è entrato nell'Unione Europea il riconoscimento storico di quel crimine era una condizione imposta che non ha mai accettato di ammettere. L'Europa non avendo abbastanza muscoli ha lasciato perdere. Stamattina pensavo che spesso ci lamentiamo della nostra pessima stampa, allineata, approssimativa e compromessa, come se fosse la peggiore del mondo. Io però ogni tanto in TV un servizio sulle guerre all'ora di pranzo lo vedo ancora, così come un tentativo di discussione, anche delle voci contrarie, non la vedo questa piatta uniformità che lamentano in tanti. Né le prigioni piene degli anche troppi detentori della verità. Al massimo di poveri disgraziati che aumentano ogni giorno il numero dei suicidi in carcere, per i quali non ci si indigna mai abbastanza.