martedì 31 dicembre 2024

il mondo

Oggi ho preso un caffè con un'amica che fa tutt'altro nella vita rispetto a ciò che faccio io, lavora in ambito scientifico, e visto che le mie storie la divertono ogni volta mi chiede ragguagli sulle ultime novità della telenovela editoriale a cui assisto giorno per giorno. Così oggi, arrivati alla polemica di PLPL e caso Caffo, di cui pure non sapeva nulla, mi è scappato di dirle: Ma non sai veramente nulla, e lei mi ha risposto: Lillo, ma tu lo sai vero che il mondo è più grande di così.

sogno dell'ultimo dell'anno

Stanotte come ultimo sogno dell’anno 2024 ho sognato mio padre che irrompeva in un sogno in cui tutto mi andava storto, esattamente come nella vita reale, e irrompendo nel sogno mi diceva STRONZA ridendo, riferendosi alla mia fortuna. La fortuna è una stronza e infatti mi manca, ma proprio per questo bisogna riderne, anche se tutto va male, ridere perché tanto, anche se smetti di farlo, non è che la vita migliora. Infatti mio padre rideva e io allora l’ho abbracciato per il collo e me lo sono stretto al petto.

domenica 29 dicembre 2024

arretratezza

Leggevo ieri una considerazione, secondo me giustissima e degna di riflessione, di Mira Jara Toledo a partire da come viene recepita la poesia di Carlo Bordini in Italia. Molti lo considerano un poeta sperimentale mentre in realtà Bordini è un poeta profondamente classico, ma questo non fa che svelare la profonda arretratezza del pubblico italiano, che non sa andare oltre la distinzione fra poesia "lirica (qualunque cosa voglia significare)" e tutto ciò che non è lirico, a cui viene sbrigativamente assegnata l'etichetta di poesia "di ricerca".

follia di massa

Giuro che è molto fuori di testa questa cosa che leggo da un paio di giorni. Da una parte molte donne (e uomini) che conosco condividono post che dicono “Free Cecilia Sala” (usando il “free” anglofono, anche se poi ce l’hanno con l’America padrona), e sottintendendo: “Liberatela, voi Patriarchi di tutto il mondo” come se l’avessero fermata perché è una donna, e non perché è una giornalista che faceva il suo lavoro in un paese sotto dittatura. Dall’altra leggo post di gente che non so più come definire, che in barba al noto detto “restiamo umani”, si dicono convinti che Cecilia Sala sia una “spia” delle forze “americano-sioniste” che hanno preso di mira il Medioriente – che è una spia si evincerebbe dagli articoli che scriveva “da brava Atlantista” contro Putin, ma “senza mai prendere posizione su Gaza” o “accennare ai bambini morti a Gaza” – e che ora questa spia per cui non provano nessuna pietà, è stata fermata mentre cercava di carpire informazioni militari per il nemico (cioè noi stessi, visto che bene o male siamo nati da questa parte del mondo). E concludono dicendo che, se la Repubblica Iraniana è stata presa di mira dai nemici che siamo, forse non è così cattiva come la dipinge la “stampa plutocratica” di matrice “americano-sionista”, e tutto questo in barba alle rivolte scoppiate in piazza dopo la morte di Mahsa Amini. Questo sto leggendo in queste ore, e giuro che per me si sta sfiorando la follia di massa. Certe volte penso che dovrebbero vietare la visione di film come Il Signore degli Anelli o di Star Wars ai minori di cinquant’anni, perché rischiano di deviare le menti più deboli.

sabato 28 dicembre 2024

trasporti

Mi illudevo fosse solo una mia impressione, invece l’impressione è stata confermata da una serie di indagini di cui oggi si è parlato su alcuni giornali: il servizio dei trasporti pubblici in Puglia è peggiorato dopo il lockdown: ci sono meno mezzi, con un servizio assai più carente e con un aumento costante dei ritardi. Al punto che non solo se ne lamentano i vari turisti, dato che il settore trasporti è visto spesso solo in relazione al turismo, ma ha avuto ripercussioni anche sulla vita dei pendolari, di quei residenti in Puglia che una volta andavano al lavoro in città coi mezzi pubblici, e dopo il lockdown, a causa di questa crisi, hanno dovuto rinunciare a quel servizio: si è registrato così, rispetto al 2019, un calo del 65% dei pendolari pugliesi che usano i mezzi i pubblici (più della metà in meno in cinque anni!). Questo significa, in soldoni, non solo una diminuzione delle entrate per il servizio pubblico, ma anche una rimodulazione dei finanziamenti pubblici inerenti il settore trasporti che riduce la possibilità di lavoro e rallenta ulteriormente il riammodernamento sempre più necessario per un servizio sempre più obsoleto. Inoltre, con la metà dei pendolari che prima usavano i mezzi e ora usano la macchina, si è registrato un aumento esponenziale del traffico automobilistico che ha ripercussioni non solo ambientali: infatti, è contemporaneamente aumentato il numero dei casi di stress da lavoro (aumento del 18%) e, anche in conseguenza di ciò, degli incidenti stradali (aumento del 14% nella sola area metropolitana di Bari), molti dei quali sono degenerati in rissa, considerato il generale aumento dell'aggressività.

martedì 24 dicembre 2024

mozart

C’è tanta gente là fuori – lo so perché vi leggo – che si scandalizza o fa battutacce su Jovanotti che dice che Tony Effe e Mozart sono “colleghi” (non che sono sullo stesso livello, soltanto che fanno lo stesso lavoro); molti lo dicono senza nemmeno avere ascoltato l’intervista di Jovanotti, ma soprattutto – ed è peggio – senza nemmeno avere ascoltato Mozart, che da quel signore che era li avrebbe di sicuro apostrofati così: “Leccatemi il culo”.

nella dedica

A me, caro editore, in un certo senso mi ha salvato mia moglie, una che ancora non ce la faccio a chiamarla ex, quando mi ha lasciato per quell’altro, io è stato un mese che mi volevo ammazzare, ma poi mi ha preso una bile a pensare che una così manco ci viene al mio funerale, solo per farmi dispetto, che ce ne siamo fatti tanti, una che poi mi sono detto No caro, qui bisogna reagire, io a quella lì non gliela dò la soddisfazione di vedermi morire per un altro, così mi sono rimesso in piedi, e ho cominciato a scrivere un libro, uno solo per dire quanto è stronza, e che se vivo è nel bene o nel male solo per lei. Questo l’ho messo nella dedica.

lunedì 23 dicembre 2024

il peso dei cieli

Sono giorni che continuo a pensare a Cognetti. L’ultima volta l’ho sentito giusto un anno fa con uno scambio di messaggi. “Un abbraccio da Chinatown” mi scriveva, citando un film molto amato da entrambi. Ho sempre pensato a Cognetti come una sorta di Hemingway, nello stile, nei gesti, persino nel modo in cui beve la grappa. Vederlo sbarbato nell’intervista televisiva me lo ha reso più fragile, quasi femminile nella delicatezza del volto. Ha ragione a dire che non ci si deve vergognare della depressione. Io mi vergogno di credermi così intelligente e non capire mai niente degli altri. Solo adesso, saputo del suo male, mi è tornato in mente uno dei suoi libri più belli, “L’Antonia” uscito nel 2021, in cui ricostruisce la vicenda di Antonia Pozzi attraverso le sue lettere e poesie. Un libro delicatissimo centrato sul mistero di questa fratellanza nata fra due milanesi a distanza di un secolo. Io lo leggevo e pensavo a Hemingway: “Va bene la montagna, va bene Milano, ma cosa c’entrano fra loro due tipi così diversi?”. Eppure la poesia – è la prima cosa che impari – non sei tu che la scegli, è lei che sceglie te. Vedere il mondo con gli occhi dei poeti quasi mai è una cosa bella, la poesia fa male a chi la scrive e scava nel dolore di chi legge, non ti salva la vita; però ti fa sentire meno solo, a un livello talmente profondo, con una tale densità, che chi non la frequenta non può capire. «La mia anima di oggi, la mia anima dell’anno passato, si sono ritrovate senz’urto e restano ancora abbracciate» scrive la Pozzi in una lettera trascritta da Cognetti nel suo libro. Io credevo ingenuamente che Cognetti avesse il merito di riportare alla ribalta l’universo della Pozzi – col suo aggrovigliamento di pace naturale sconfinata e inferno interiore, le sue notti coltivate di fiori evanescenti, i suoi cimiteri piantati di croci nere e di bimbi mai nati, le eterne illusioni d’amore. Invece, mi accorgo solo adesso, c’era un rapporto di interdipendenza fra i due, dov’era lei che dava a lui, era lui che aveva più bisogno di lei e della sua lingua più concisa, e tutto questo per interrogarla, per sapere come si stava dentro tutto quel vuoto, chiedere se c’era un modo per ritrovare l’accordo perduto fra la sua anima dell’anno passato e quella presente, condividere con lei il peso dell’urto. «E resto come un pioppo nudo / a sopportare / con scarne braccia / tutto il peso dei cieli».

domenica 22 dicembre 2024

limoni

Stamattina ho fatto l’esperienza di guardare attraverso le foglie del limone. Raccoglievo, insieme a mio fratello, i frutti dell’albero. Eravamo infilati fra i rami stretti, avvolti dall’ombra cupa del muretto intorno, con le spine che s’infilavano nel collo o sui polsi, ci graffiavano le mani quando ci allungavamo verso quelli più lontani, di un giallo sporco e butterato e macchiati di verde. Mio fratello, che stava arrampicato un metro o due più in alto, si è stirato e con un colpo di forbice ha potato un ramo per far passare la luce. Si è aperto il cielo sopra di noi, di un azzurro cordiale, luminoso. Molto in alto sopra le nostre teste, alzando il collo, ho visto il sole passare attraverso le foglie spesse, toccarmi il viso, baciarmi sulla punta arrossata del naso. Mio fratello, senza voltarsi, ancora concentrato sui rami da tagliare, ha portato la mano indietro, verso di me che stavo alle sue spalle, e quando la mia mano ha raggiunto la sua mi ha lasciato cadere nel palmo due grossi limoni che stavano in cima, oltre la cappa di foglie. Erano limoni maturi, di un giallo acceso, abituati a guardare il cielo, così mi hanno riempito la mano e strofinandoli fra le dita si è sprigionato il loro odore, a respirarlo mi è sembrato che anche il cielo sapesse di limone.

sabato 21 dicembre 2024

ad nòta

A me per esempio Baldini quando lo leggo mi dà sempre come una vertigine dentro, in cui mi immagino la morte come un qualcosa che soffia sul corso, ti cade addosso come una piuma, nemmeno la senti, così quando arriva è quasi per caso, non se ne accorge nessuno, io per primo, e siccome non sarò pronto me ne andrò in qualche modo sconcio, che ne so coi pantaloni calati, e non gliene importerà a nessuno, nemmeno a me.

venerdì 20 dicembre 2024

volume

Prima ho visto un video in cui Guccini rispondeva a un’osservazione di Jovanotti secondo cui Gloria di Tozzi è altrettanto bella e può essere messa sullo stesso piano della sua Locomotiva. Guccini diceva che Gloria è bella e piace anche a lui, ma non sono sullo stesso piano perché dietro alcune canzoni di Guccini ci sono dei libri, c’è un livello culturale che dietro Gloria non c’è. Come dire che Gloria è bidimensionale e la Locomotiva è tridimensionale, viste di fronte sono belle uguali, ma se appena ti sposti di lato vedi la differenza che c’è fra le due. E i libri che leggi ti danno la misura dei passi che prenderai per spostarti di lato e capire questa differenza. Ecco, volevo dirlo, questo, ai tanti autori che mi scrivono ammettendo che loro non hanno mai letto i libri degli altri, o magari hanno letto un solo autore e se gliene consiglio altri storcono il naso o si chiudono a riccio come se gli stessi assegnando i compiti per le vacanze. Non è detto che se non leggi tu possa scrivere delle cose brutte, anzi, conosco moltissimi autori che pur non leggendo scrivono bellissime cose, ma è molto probabile che se non leggi nient’altro, ciò che scrivi mancherà di spessore, resterà una bella facciata che dà un’ombra sottile, ed è una cosa di cui ti accorgi, più che sulla singola poesia, sulla raccolta che ne fai, su come metti in connessione i testi, su tutto ciò che magari c’è ma non riesci a mostrare. Io almeno, se mi sposto di lato, mi accorgo sempre quando a una bella poesia manca dietro il volume e ogni volta me ne dispiace.

giovedì 19 dicembre 2024

lo spirito del natale, 2

A partire da oggi, i lavoratori di vari stabilimenti Amazon negli Stati Uniti (si parla di migliaia di persone) hanno cominciato uno sciopero per chiedere aumenti salariali e il miglioramento delle condizioni di lavoro. Lo sciopero è stato proclamato dopo il rifiuto della direzione di Amazon di negoziare coi dipendenti. Da ciò che sto leggendo in giro, moltissimi commentatori invece di parteggiare coi lavoratori in sciopero, si lamentano per il fatto che la consegna degli acquisti online possa subire dei ritardi. E se si pensa che è tutto un fatto americano, io sono pronto a giurare che succederebbe lo stesso anche in Italia. Questo è il vero spirito del Natale che regna sovrano sul mondo.

mercoledì 18 dicembre 2024

classifica

Guardando la classifica degli autori più letti di Interno Poesia, quasi tutti defunti, l’autore che è dentro di me spera di morire quanto prima per aggiungersi a loro, e così finalmente leggerete anche lui. L’uomo che sta fuori dall’autore, invece, con meno romanticismo e più scaramanzia, spera che morite prima voi.

martedì 17 dicembre 2024

sogno dei coccodrilli

 Prima è passato un branco di struzzi selvatici sollevando nuvoloni di polvere, poi, un poco meno impetuosi ma più orrendi a guardarsi, una colonia di grossi coccodrilli di tutti i tipi di verde, che discendono in corsa da un’altura comparsa dietro casa, per poi fermarsi a pascolare, affamati, fra gli alberi e i cespugli che passano in rassegna uno per uno alla ricerca dei miei gatti da mangiarsi. Uno dei gatti, dal pelo rossiccio, l’unico non mio, riesce ad arrampicarsi prima sull’albero di fronte e poi, correndo, a raggiungermi e mettersi in salvo. Io osservo la scena da un balcone, ma i coccodrilli più piccoli, accortisi di me, si arrampicano lungo il muro, risalendo come fanno le lucertole. Afferro una scopa e provo a ricacciarli di sotto, ma ogni volta che lotto con loro sento qualcosa trattenermi nei movimenti, sono le braccia di qualcuno che mi stringono i fianchi. Quando mi volto indietro, mi accorgo che c’è una ragazza con me sul balcone, una bellissima ragazza dai capelli neri che non conosco e di cui mi chiedo come sia arrivata fin lì. Sospetto che in realtà sia il gatto dal pelo rossiccio che ora si è travestito per non farsi riconoscere da me, e mi chiedo se forse non è salita apposta, come agente segreto, per impedirmi di agire e così assecondare l’ascesa dei coccodrilli alla mia casa.

lunedì 16 dicembre 2024

lo spirito del natale, 1

Mai così poco sto sentendo il Natale come quest'anno. Non lo sento e manco lo vedo, a meno che non si consideri Natale il flusso di turisti che vengono qui a farsi il selfie e lasciare i loro bisogni per strada. Non me ne importa nemmeno troppo, in verità. Ma non ho ancora capito se sono io soltanto che mi sono immunizzato, oppure è il mondo tutto e io gli vado appresso.

l'ira di achille

Dopo mesi che non lo vedevo in giro, incontro Vittorio per strada. E se devo dirla tutta, sono ancora più i mesi che non lo vedevo sobrio a metà mattina. Fa piacere vederlo così. – Mo Vittorio, è un sacco di tempo che non ti vedevo! – Sono stato a casa. – Ho saputo. – Mi sorride un po’ imbarazzato, quindi si avvicina, mi prede sottobraccio e prova a raccontarmela alla sua maniera. – È che mi sono mbriacato assai, tutto quel vino, non ci ho capito più nulla, e allora ho tirato fuori lira funesta del Pelide Achille… Ti è piaciuta questa? – A me sì, ma tieni conto che il Pelide Achille non fa una bella fine. – Ah no? Ma mica lo sappiamo noi che fine faremo. – Beh, toccando ferro, io ti auguro sempre il meglio. – Allora sì, tocchiamo ferro.

mercoledì 11 dicembre 2024

poeta senza jannacci

Autore mi manda raccolta in cui ogni poesia è dedicata ai “veri grandi poeti” che lo hanno ispirato. Apro la raccolta e l’elenco, cominciando con De André, prosegue con Guccini, Lolli, Dalla, De Gregori, Battiato, ecc., tutti cantautori e nemmeno uno che scriva poesie fra di loro. – Momento, qui manca Enzo Jannacci! – Non mi è mai piaciuto tanto Jannacci... – Mi spiace, gli rispondo, ma la raccolta non rientra nella nostra linea editoriale.

martedì 10 dicembre 2024

amori in corso

Autrice mi chiama periodicamente per consigli di cuore e sulle sue poesie. Sulle poesie mi ascolta quasi sempre, per il cuore no, del resto lei ha più esperienza di me. Lesbica, dice che vuole una relazione stabile con cui mettere la testa a posto, però esce tutte le sere con donne più giovani conosciute su Tinder o Bumble che se la portano a letto e la scaricano il giorno dopo. – Mi dà così fastidio come mi trattano, sono diventata una milf senza nemmeno aver avuto dei figli, si lamenta, ma intanto per farmi rosicare mi manda le foto delle sue ragazze in tiro. Tu non mi credi, lo so, ma io soffro terribilmente per come mi vanno le cose. Forse sono malata di sesso, forse dovrei andare in cura. – Finiscila! Fai praticamente la vita che vorrebbe fare la maggior parte dei maschi di mezza età che conosco. – Ma io mica lo faccio apposta, io le vedo tutte come Madonne! E dopo che mi accorgo dell’errore! – È bello così, quando ti accorgi dell’errore dopo che ci hai scopato. – Lillo, cosa ti credi? Gestire tutto questo non è mica facile! Non hai idea di quanto mi fa male il cuore! – Certo che ce l’ho un’idea, mi hai mandato quattro raccolte di poesie in un anno! Più di me non lo sa nessuno, guarda.

prostituzione

Il mondo cambia e i lavori cambiano, questo si sa, così leggo post (sotto Natale!) di librerie in difficoltà, altre che chiudono e sulle prime penso che da una parte è forse un cambiamento fisiologico del mercato, visto l'aumento esponenziale del commercio online, poi mi torna in mente che siamo uno dei paesi fra i più ignoranti d'Europa, dove la gente legge sempre meno, capisce sempre meno, si imbarbarisce sempre di più; e forse il problema, mi dico, non è solo l'online, ma il fatto che semplicemente quando si parla di libri la gente non capisce più di che parliamo e a cosa servono. Questo sarebbe già di per sé abbastanza brutto, se non avessi letto subito dopo i risultati di un'inchiesta dove si dice che la forma di industria in maggior crescita oggi nel mondo non è quella legata alla guerra, come qualcuno sostiene, ma quella della prostituzione, o detto più elegantemente sex work: insomma, si legge di meno e ci si vende di più (soprattutto le donne e i minori, dal vivo oppure in rete), in un mondo sempre più sclerotizzato, dove da una parte si sessualizza qualsiasi cosa, persino l'allattamento materno, bombardandoci ogni secondo di video o vignette o battute volgari, dall'altra si assiste a scoppi di rabbia mediatica o si fanno dimostrazioni in piazza e grandi discorsi indignati contro la violenza di genere, dove spesso si punta il dito contro i mostri di turno senza capire bene cosa c'è dietro. E magari sarebbe più utile tornare a leggere Le relazioni pericolose.

boxare con l'ombra


È vero, come dicono, che l’ultima produzione di Monicelli non è più all’altezza dei suoi anni d’oro, eppure a tratti riesce ancora a stupire per qualche elemento di novità o scena di grande bellezza. Ad esempio, non ne ho trovato scritto da nessuna parte, ma in Cari fottutissimi amici del 1994 credo di aver visto la prima rappresentazione cinematografica dei partigiani non come buoni o cattivi, ma come sadici. Nel film si parla di questo gruppo di scalcagnati boxeur toscani che campicchiano esibendosi in provincia, nei mesi della liberazione, in cambio di cibo. Raccolgono per strada una ragazza e accettano di accompagnarla al pranzo di matrimonio di un noto capo partigiano che ha nascosto durante i rastrellamenti, ma arrivati lì la ragazza gli rinfaccia davanti a tutti di averla sedotta e abbandonata e prova a lanciargli contro una bomba a mano, senza però ferire nessuno. I partigiani prendono l’intero gruppo, terrorizzato, e li mettono al muro per fucilarli come traditori, ma all’ultimo minuto sparano per aria e li cacciano in malo modo, dicendo loro di ringraziare perché il capo partigiano ha trovato “una moglie spiritosa”. È una scena comica solo a parola, che anzi viene stemperata da soluzioni comiche perché invece è molto cattiva, al punto da rimandare all’altra grande fucilazione del cinema monicelliano, quello in chiusura della Grande Guerra da parte dei soldati austriaci. Mi verrebbe da dire che l’ambientazione non è stata scelta a caso, perché solo dei toscani possono essere così sadici, se i partigiani fossero stati piemontesi li avrebbero ammazzati e basta, senza fantasia, se fossero stati napoletani avrebbero finito per invitarli a pranzo. Ma non è nemmeno l’ultima delle disavventure di questi poveri cialtroni nel loro sforzo di sopravvivere. Alla fine si ritrovano ingannati, derisi e derubati da tutti: dai soldati angloamericani venuti a liberarli, dai partigiani italiani, dalle fidanzate rimaste a casa e che ritrovano incinta di un altro, persino dai loro stessi amici: ma è proprio qui, nell’ultima scena, quando sono completamente a terra, derubati persino del loro camioncino, che questi sventurati cominciano a menare pugni all’aria e a boxare con la propria ombra, ed è questa l’ultima scena di grande poesia del cinema di Monicelli.

lunedì 9 dicembre 2024

telenorba

Apri i social e leggi l'ennesimo post di denuncia sul silenzio della stampa plutocratica nel coinvolgimento della Nato nei disastri del mondo. Poi accendi la TV mentre prepari il caffè e su Telenorba trovi il direttore Enzo Magistà che dice che nei fatti di Siria c'entra la Cia e questo non porterà niente di buono. Qui qualcosa non torna. O Magistà è un pericoloso sovversivo come non mi immaginavo, oppure forse i rivoluzionari del web dovrebbero guardare meno Tg1 e più Telenorba.

domenica 8 dicembre 2024

titoli di coda

GLI AUTORI RINGRAZIANO: Re Salomone - Aristofane - Esopo - Apuleio - Il Novellino - Le Mille e una notte - Giovanni Boccaccio - Geoffrey Chaucer - Pietro l’Aretino - Franco Sacchetti - Lo Straparola - Niccolò Machiavelli - Il Ruzante - Francesco De Quevedo - Francois Rabelais - G.B. Basile - I fratelli Grimm - H.C. Andersen - Anonimo Toscano - Pasquino - G.G. Belli - C. De Coster (Till Eulenspigel) - A. Petito - Neri Tanfucio - Pellegrino Artusi

(I meravigliosi titoli di coda di “Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno” di Mario Monicelli, 1984, dal racconto di Giulio Cesare Croce)

mondo binario

Da come la leggo qui sui social nelle ultime ore Trump ovvero “l’uomo della pace” si è messo d’accordo con Putin ovvero “la vittima di tutte le Nato” sacrificando la Siria “dove il più pulito ha la rogna” data in pasto a tagliagole e terroristi che nei prossimi anni se la spartiranno in combutta con Israeliani e Turchi come contropartita per finire la guerra in Ucraina. Probabilmente sono io che non capisco molto di geopolitica, quindi mi fido di chi scrive con tanta sicurezza. Alcuni anni fa, uno scrittore che amavo molto, Carlo Bordini, nei suoi post rimpiangeva un’epoca in cui il mondo era diviso in due blocchi di potere perché almeno – diceva – c’era un equilibrio fra le parti, invece di lasciare tutto in mano a un solo potere e a un sistema economico fallimentare, quello orrendamente consumistico in cui viviamo, a cui non sappiamo rinunciare pur dichiarandoci in buona parte antioccidentali e che prima o poi finirà per collassare o divorarci come fa Saturno nel celebre dipinto di Goya. Non è che sbagliasse, Bordini. Eppure, anche se la storia avanza, mi sembra che tutti i conflitti in corso, e anche la visione di chi li guarda e commenta, non siano il frutto di un solo potere in campo che imperversa su tutti, ma siano ancora il frutto di quel pensiero “binario” che non ce la fa a morire anche di fronte all’evidenza dell’esplosione in corso. Pensiero di gente vecchia ancorata a vecchi poteri che tifa per la propria squadra ed è contestata da gente altrettanto invecchiata che parla di “pensiero critico” e intanto fa il tifo per l’altra squadra o contro la propria. Tifoserie allo sbaraglio. Ma qui non sono più due le forze in campo, sono tante, e stare sempre a dire che “è tutta colpa della Nato” è ancora un modo per ammettere che per noi il mondo è diviso in due, padroni e schiavi, è una forma di razzismo al contrario in cui implicitamente diciamo che tutti gli altri che non sono Nato non sono nemmeno buoni ad avere un’idea che non sia la loro, a fare un’azione che non sia la loro, che sono talmente poveracci che non valgono nulla senza di noi o di fronte al nostro strapotere. Anche questo è pensiero postcoloniale, che sottovaluta e non rispetta la capacità di determinazione dell’altro, quando ciascuno, persino l’ultimo dei paesi poveri, persegue il suo specifico interesse e non è detto che lo persegua con maggiore equità e giustizia di quanto facciamo noi. Ecco, quello semmai che ci manca è un sistema diverso, un pensiero diverso che non sia soltanto consumistico, oppure integralista come sola alternativa al nostro. Dove non c’è uno che prevale sull’altro per forza di violenza o di denaro, ma allo stesso tempo non ci sono così tanti che versano sangue sulla testa di quelli che stanno più in basso. A me sinceramente non manca il vecchio mondo di Bordini, vorrei riuscire a sognarne uno nuovo dove non c’è più nessuno e si sta finalmente in pace.

pubblicazione terapeutica

Autore mi scrive per bisogno, mi dice di avere il blocco dello scrittore e di essersi convinto che solo la pubblicazione di una raccolta potrebbe aiutarlo a liberarsi di questo peso. Ragion per cui – non scrivendo qualcosa di buono da anni – ha pensato bene di rastrellare tutto ciò che teneva nascosto in fondo ai cassetti e ora mi chiede di pubblicarlo in chiave terapeutica. La maggior parte sono scarti, ammette, ma non è questo il punto, l’importante è rompere questo muro del silenzio che lo affligge. Mi chiede anche, nel caso che lo voglia rifiutare, di particolareggiare i motivi della mia risposta, perché se prova a mettersi nei miei panni non gli pare possibile che un editore di buon cuore volti le spalle a chi chiede umilmente aiuto. E se invece si sbaglia, vuole capire perché.

sabato 7 dicembre 2024

lingua morta

Ieri leggevo un’inchiesta pubblicata sul Sole 24ore: la natalità degli italiani è al suo minimo storico, in compenso siamo il primo paese europeo per arrivo di immigrati. Allo stesso tempo siamo uno dei paesi più ignoranti della propria cultura, ce ne gloriamo senza sapere perché. A rincarare la dose, un’altra inchiesta uscita in contemporanea – l’ho letta su Repubblica, ma l’hanno condivisa in tanti – dice che quest’anno rispetto al 2023 ci sono 900.000 lettori in meno, o per povertà o per estinzione. Tutto questo mi rattrista enormemente. Hai voglia a seguire le panzane allarmistiche del governo sulla regolamentazione degli immigrati, ma se tutto questo non è accompagnato da una adeguata politica culturale, io penso solo che non si può arrestare un flusso naturale di persone giovani e vitali in un paese vecchio e prossimo al suo collasso. Forse altrove si chiederebbe a queste persone di imparare la nostra lingua e la nostra storia per preservarle insieme alla loro. Ma io ho amici insegnanti che mi raccontato di classi con stranieri abbandonati a se stessi nell’incapacità di comunicare. Molto presto la nostra lingua, che è nulla più di un dialetto su scala globale, per quanto nobile sia, priva com’è di cura da parte dei suoi stessi parlanti, sarà completamente abbandonata e dimenticata senza troppi patemi. Io la vedo come la mia sconfitta, come la prova ultima che il meglio che ho da offrire a questo mio paese in termini di linguaggio, di poesia e letteratura non solo non è capito né gradito, ma è perfettamente inutile e presto diventerà incomprensibile come il latino e il greco. Una lingua morta.

il pensionato

Autore mi chiama per chiedermi se voglio pubblicare il suo libro. Può uscire quando vuole mi dice, anche fra due o tre anni, basta che mi dà una data così mi metto al lavoro. – Dovrei prima leggerlo, gli dico, di che tratta? – Non lo so ancora bene, pensavo alla storia della mia vita o forse della mia famiglia, ma non ho ancora cominciato a scriverlo. Lei ha qualche suggerimento? – Questa è la prima volta che mi capita un autore che prima cerca un editore e poi scrive il suo libro. – Non avevo mai pensato di scrivere libri prima, ma sa, io ormai sono pensionato, non so che fare dalla mattina alla sera, così ho pensato che srivere può diventare un buon passatempo. Che dice? – Guardi, ormai lo fanno tutti, non vedo perché lei no.

venerdì 6 dicembre 2024

i papponi

Oggi il servizio al Tg dice che, mentre mancano le figure tecniche e professionali nelle aziende e si teme che l’avvento dell’AI e della manodopera straniera porterà a una crisi senza pari del lavoro, in Italia si abbassa sempre più il livello culturale della popolazione e le scuole fanno sempre più fatica a formare le nuove generazioni. Un amico insegnante mi racconta di un colloquio con una madre, anch’essa insegnante, che di fronte ai voti bassissimi e al disinteresse dei due figli (uno in prima e uno in terza) si giustifica dicendo che tanto il loro è un problema generazionale, non ci si può fare niente, al che il mio amico infastidito le ha risposto: “E noi che vogliamo fare, ci vogliamo arrendere?”. Ma la situazione è comune a moltissimi genitori, che più sono giovani e meno stanno dietro ai figli. Il futuro per questi ragazzi, continua il servizio al Tg, si prospetta sempre più nero. L’altro giorno una bambina in una classe delle medie ha detto che da grande vuole fare la maestra perché “le maestre mangiano e dormono tutto il tempo e non fanno niente”, il sogno di questi bambini infatti è fare il meno possibile; un’altra bambina vuole fare il carabiniere perché le piace l’idea di portare una divisa e picchiare in testa la gente; mentre sta diventando una moda fra i maschietti (a quanto pare introdotta da TikTok) dire che da grande faranno “i mantenuti”. In che senso mantenuti? “Che mi cerco una ragazza più grande che lavora e mi faccio mantenere da lei”. Niente di nuovo, insomma, ai tempi di Pasolini quelli così si chiamavano papponi.

giovedì 5 dicembre 2024

il significato delle parole

Qualcosa evidentemente si sta incrinando nel velo di copertura di Israele, se all’improvviso la parola “genocidio” viene rilanciata in Tv e per bocca di organizzazioni internazionali. Oggi il Tg si apre con la notizia di Amnesty International che la usa, pur fra mille polemiche, per condannare Israele. È uno strano cortocircuito questo: molti non lo sanno ma la parola “genocidio” è una parola giovane, l’ha coniata un giurista ebreo dopo la seconda guerra mondiale, prima non esisteva un termine per definire certi crimini, ed ecco che così una parola contiene al suo interno tutta la storia recente di un popolo, il suo stigma secolare e la sua colpa. Ci pensavo anche alla fine del Tg, quando un altro servizio ha riportato la denuncia di Legambiente per cui in Italia ogni 18 minuti si commette un reato contro l’ambiente a opera delle ecomafie. 900.000 reati contro l’ambiente denunciati negli ultimi 30 anni, 84 reati al giorno solo nel 2023. La maggior parte dei reati contro l’ambiente sono realizzati dalle mafie nei propri territori di appartenenza (Campania, Sicilia, Calabria, Puglia, Lazio), nell’omertà più assoluta e in spregio alla salute della propria gente, degli amici, delle famiglie. Se pensate che le colpe degli Ebrei siano peggiori delle nostre, andate nella Terra dei cinque fuochi e chiedete quanta gente muore di tumore a causa di questo schifo. Ecco, la parola “mafia” è una parola italiana, coniata in Sicilia e rilanciata dopo l’Unità, quindi relativamente giovane, esattamente come “fascismo” che è nata a Milano; ma mentre la seconda ha avuto nell’ultimo secolo degli alti e bassi, la parola “mafia” si è talmente radicata nella nostra essenza da condizionare molti comportamenti sociali, la nostra politica, il nostro stesso guardare allo Stato come qualcosa che non ci riguarda, che anzi ci è ostile o d’intralcio, nel dispregio per le regole e per gli altri, per la cosa pubblica. Si è talmente radicata in noi questa parola che è una delle prime a cui si pensa quando si parla d’Italia, Italia = mafia. Esattamente come “genocidio”, la parola “mafia” chiude il cerchio sulla nostra essenza: un poco stigma e un poco colpa di cui ci macchiamo verso il mondo.

mercoledì 4 dicembre 2024

dignità di padri

Le cose più intense e ammirevoli dei Tg di questi giorni, pur nella tragedia da cui sono scaturite, sono state le reazioni così composte e piene di dignità e di pensiero sì di Gino Cecchettin, ma anche di Yehia Elgaml – che per la stampa pare non avere altro nome che “padre di Ramy”, ma che meriterebbe altrettanta attenzione. Sono due persone diversissime per provenienza e cultura, accomunate dalla perdita dei rispettivi figli per cause violente, eppure non una sola parola di vendetta è venuta da loro, non una di rabbia. Spesso gli esempi di più alta civiltà vengono dai parenti delle vittime e ogni volta ci si stupisce di come fanno, ci si interroga su cosa faresti tu al loro posto. Guardandoli, viene da chiedersi se siano l’eccezione che conferma la regola nella generale barbarie che avanza, oppure sperare che non siano soli, e che rappresentano ancora il meglio di questa società, la parte invisibile e civile che non si arrende ai peggiori istinti (quelli che darebbero fuoco alla città per rappresaglia), ma che proprio per questo non fa notizia e non finisce in Tv finché non viene macchiata dal sangue.

martedì 3 dicembre 2024

caro michele

Ieri ho visto due film di Mario Monicelli, di quelli considerati minori. Uno abbastanza bruttino, La mortadella, del 1971, con protagonista la Loren che va negli Stati Uniti per sposarsi e si porta dietro come dono di nozze un prosciutto prodotto apposta per lei, che ovviamente le crea problemi alla dogana (in sostanza una buona idea per un cortometraggio dilatata oltremisura). L’altro, assai più serio, è Caro Michele del 1976, trasposizione dell’omonimo romanzo epistolare di Natalia Ginzburg, definito da molti come lento ed eccessivamente letterario, di certo non immediato, ma invece parecchio affascinante. Garboli definiva il romanzo come il resoconto di un “progressivo assideramento” e altrettanto fa il film adattandosi a quelle atmosfere sospese e irrisolte, a cui Monicelli contrappone la figura rivisitata di Mara, antipaticissima e invadente ragazza di Michele, interpretata da Mariangela Melato al suo top. Ne deriva un film sull’incomunicabilità che rappresenta la disgregazione di una famiglia borghese e dei suoi amici (tutti abbastanza anemici, patetici o stronzi) che nulla hanno da dirsi e nulla da sperare e così si aggrappano per sopravvivere alla figura evanescente di Michele, scappato all’estero e che mai si vedrà ritornare (simile a un Godot in minore) ovvero a quella di Mara che però, di contro, o li vampirizza o li respinge con la sua sfacciata vitalità, fino a restate cocciutamente sola; e in questo senso è da segnalare il finale della pellicola che è un dichiarato e parodistico omaggio a Tempi moderni di Chaplin. Il film è visivamente molto bello, specie in determinate sequenze invernali o di chiara derivazione pittorica, ma la sua caratteristica più sorprendente sta forse nel fatto di essere non solo uno dei meno monicelliani dei film di Monicelli, ma allo stesso tempo il più alleniano, anticipando la struttura e le atmosfere pregne di muta disperazione di certi film di Woody Allen degli Ottanta. Persino l’apparentemente italianissima Mara, trasposta in un film di Allen, non avrebbe nessuna difficoltà a passare per la classica ragazza ebrea sboccata e scroccona, come se ne incontrano tante nei suoi film. È come se certo umorismo e fatalismo yiddish fossero stati assorbiti da Monicelli dalle pagine della Ginzburg e trasposti in una pellicola che anticipa molte delle future soluzioni sceniche di Allen, e tutto questo negli anni in cui lo stesso Allen non aveva ancora compiuto il suo passaggio dal puro cinema comico a quello più meditativo e drammatico della sua maturità (Io e Annie è del 1977). Nota di merito a margine, la pregevole presenza come attore (nella parte del padre artista di Michele) del poeta Alfonso Gatto.



lunedì 2 dicembre 2024

la superficie

"A volte vorrei essere la superficie" scrive Levante, sottolienandolo due volte col rosso, nel suo nuovo libro di poesie collage e dipinti, intitolato Opera quotidiana e orgogliosamente pubblicato da Rizzoli, a cui non si può dir nulla perché bisogna anche fare cassa. Ma io che l'ho sfogliato vorrei anche risponderle (senza sembrare il solito maschio) che non capisco questa finta modestia, giacché da ciò che ne ho letto questo libro è tutta superficie, visivamente splendido sotto l'aspetto grafico e illustrativo, ma al grado zero dello scavo intimo, tanto più se a scriverlo (e questo forse è il lato per me più deludente) è una giovane donna di 37 anni, che scrive appunto: "Parola, sei una magia che mi accade / l'emozione mi esplode nelle viscere e nelle viscere ti trova", oppure si chiede "A che binario mi aspetta la vita? E perché proprio al 23?" o rivendica uno spazio con banalità: "Carissima/ stella nera/ principessa inquieta/ nel regno dei maschi/ hai/ la colpa di essere/ un cervello a cuore aperto/ con passo leggero/ avanza ancora/ questa è la tua voce/ alzala" (quest'ultimo realizzato come un collage di parole ritagliate dai giornali che tutto ha da invidiare a un Balestrini). Ecco, io senza voler sembrare il solito maschio del regno dei maschi che se la prende con una donna più giovane perché ha successo, vorrei anche dirle che sì, io un po' ci rosico sapendo che la pubblica Rizzoli con un libro così debole nei contenuti, e che mi dispiace anche un po' per voi: per voi poetastri che magari siete altrettanto superficiali, ma non avendo lo stesso potere commerciale da spendervi non potete che mandare il vostro libro a me (che vi cestinerò); e per voi, poeti e poetesse che ci provate a trovare un vostro spazio editoriale, ma purtroppo avete sbagliato i tempi, e dalla parola che si fa magia nelle viscere siete già passati intorno ai quattordici anni.

domenica 1 dicembre 2024

bisogna insistere

Alla fine di Celluloide (1996) di Carlo Lizzani, film che ricostruisce i giorni in cui venne girato Roma città aperta, opera che oggi viene considerata fondamentale ma che all’epoca non venne capita e fu anzi un fiasco clamoroso in Italia prima di venire riscoperta dalla critica straniera rilanciando la carriera dei suoi autori, proprio alla fine del film c’è uno scambio di battute fra i personaggi di Anna Magnani (Lina Sastri) e Roberto Rossellini (Massimo Ghini) che riassume in due battute tutti i timori e le speranze che giorno dopo giorno si muovono nel cuore di chi prova a fare arte, spesso senza un solo riconoscimento a dargli coraggio. – A Robe’, dice la Magnani, e se avessimo sbagliato tutto? – Anna, anche se fosse vero, che ce n’è importa? Bisogna insistere.

e quando sono triste, non mi ascolti?

Frank Sinatra sings for Only the Lonely (1958), per quel che ne penso, è il più bel disco di Frank Sinatra, accompagnato dall'orchestra arrangiata dal grande Nelson Riddle. Il ritratto in copertina, di Nicholas Volpe, è un dichiarato omaggio all'opera I Pagliacci di Leoncavallo. Il repertorio è tutto composto da torch song, ovvero canzoni d'amore perduto (ovviamente indirizzate ad Ava Gardner), e l'intero disco è fatto per essere ascoltato e goduto esclusivamente col buio. Canzoni che parlano di bar vuoti e bottiglie svuotate, di albe che prima o poi arriveranno. Uno di quei dischi che quando lo senti già dalle prime note capisci subito che Tom Waits lo avrà consumato sul giradischi. Nel pezzo di chiusura, One for my baby, Sinatra, accompagnato dalle note indolenti del piano, canta: "Non lo diresti mai, amico mio, ma sono una specie di poeta / E ci sono un sacco di cose di cui vorrei parlarti / E quando sono triste, non mi ascolti?". Come si fa a non amarlo?

sabato 30 novembre 2024

vergogna

L'anno scorso durante il vertice Cop28 in Arabia Saudita si disse chiaramente che riconvertire le fonti energetiche in chiave meno impattante in termini di inquinamento e surriscaldamento globale sarebbe stato più costoso che pagare i danni ai paesi più colpiti del terzo mondo. Quindi si promise a questi ultimi di pagare loro un indennizzo per tamponare i danni e rallentare il più possibile la loro fine annunciata mentre i paesi ricchi del mondo si prendevano il loro tempo (fino al 2035) per capire come aggiustare le cose, senza rinunciare a nulla del proprio benessere. Che già di per sé era una cosa oscena. Quest'anno, durante il vertice Cop29 in Azerbaigian, con significativa assenza degli Stati Uniti post elezione Trump, hanno cambiato le carte in tavola, dicendo che ai paesi del terzo mondo, invece dei richiesti 1.300 miliardi di dollari all’anno da oggi al 2035, sarebbero stati dati solo 300 miliardi di dollari di indennizzo (la carità) con la possibilità di dilazionare la promessa riconversione energetica ben oltre il 2035 perché le nostre economie sono in difficoltà. Tutto questo detto a paesi che nella maggior parte dei casi sono soggetti a carestie, siccità, inondazioni e disastri climatici, e la cui popolazione, quando emigra verso le nostre terre, o viene mal sopportata o addirittura disprezzata. Roba da vergognarsi di noi, prima di tutto come esseri umani.

venerdì 29 novembre 2024

immagini di tbilisi

Ogni violenza è a suo modo terribile, ma le immagini trasmesse al Tg degli scontri in piazza a Tbilisi, per chi come me è cresciuto nell'immagine favolosa e delicatissima che ce ne ha lasciato l'amato Tonino Guerra nei suoi libri, sono una cosa da spezzare il cuore.

mercoledì 27 novembre 2024

monacale

Sono talmente raffreddato che ho il piano della scrivania e il pavimento tutto intorno invasi di clinex umidicci e appollottolati, al punto che se ora entrasse qualcuno nella stanza non crederebbe mai all'immagine di castità monacale con cui spesso mi compiaccio di descrivermi.

cercando sergio garufi

Ieri – per quella strana forza che si chiama destino – un amico che non sentivo da un po’ mi scrive per chiedermi se Sergio Garufi fosse morto. Io preso dal panico scrivo un messaggio a Garufi per chiedergli se sta bene. Garufi mi risponde che sta bene – è solo che gli hanno hackerato il profilo Fb e ora tutti gli scrivono messaggi del tipo “Manchi” oppure “Vorrei che fossi qui” che possono ingannare chi non sa, ma Sergio ha scelto di prendere la palla al balzo e invece di farsi un nuovo profilo ha rinunciato ai social. Così gli ho scritto e lui mi ha annunciato che proprio ieri sono usciti due suoi racconti su due diversi libri che ne attestano la buona salute. Uno sta su un libro sul cinema a Milano. L’altro è dedicato alla figura del filosofo Dario Generali e parla del suo rapporto di amicizia con lui, nato quando Generali divenne suo professore al liceo: uno di quei rapporti – nonostante la differenza d’età – profondi, solidi, antichi, che sembrano usciti da un romanzo di Giorgio Bassani, così inusuali oggi in puro clima di svuotamento e contestazione della figura professorale. Generali, spiega Garufi, non mi ha dato soltanto un metodo di lettura e di analisi che poi ho applicato per tutta la vita nei miei scritti, ma mi ha dato anche dei ricordi che sono legati a dei luoghi, a dei discorsi, a delle canzoni. Così Sergio, legando quel rapporto a un tempo e a una canzone che cantavano spesso nei loro giri in auto, “E ti vengo a cercare” di Battiato, fa un paragone con le modalità di amicizia attuali. Oggi, tramite i social, ci si tiene in contatto istantaneamente col telefono, si sta fermi in un punto, il nostro centro, e si scrive all’altro dal proprio centro richiamandolo a sé, come due fari che si guardano attraverso il mare. Ma una volta, prima dei social e degli smartphone, dice Sergio, se volevi arrivare a qualcuno, nell’incertezza della sua presenza, dovevi per forza andarlo a cercare, chiedere di lui, muoverti verso di lui, anche solo per andare a fischiare sotto la sua finestra, o sedersi su un muretto aspettando che passasse, e quel movimento, la sua intensità e durata, misuravano il tuo affetto, il tuo bisogno dell’altro. Allo stesso modo dello scrivere a/di una persona, che è un po’ come muoversi interiormente verso di lei, fare uno sforzo di memoria per rimettere insieme dei pezzi, dare la misura del proprio affetto attraverso la logica di un discorso in uno spazio che è quello del cuore. E questo perché, conclude Sergio, gli amici e gli scrittori, o gli amori, che più contano nelle nostre vite, non sono soltanto quelli che più frequentiamo, ma soprattutto quelli che, in un modo o nell’altro, non smettiamo mai di cercare.

rimozione

Per una serie di motivi legati alla situazione del Libano in questi mesi, negli ultimi giorni mi è capitato di parlare e voler rivedere un film di qualche anno fa, Valzer con Bashir, molto bello, che parla del massacro di Sabra e Shatila nel 1982. Il regista era all’epoca un soldato di diciott’anni arruolato nell’esercito che partecipò a quell’eccidio e poi ha letteralmente rimosso per vent’anni quanto successo fino a dover fare una serie di interviste ad altri soldati per recuperare quei ricordi e rielaborarli in un film, quindi presentare quest’opera che parla del senso di colpa di chi esegue degli ordini che non capisce, occupa un paese precipitando in un clima di follia e anche quando si rende conto del male che accade, pur non partecipando in prima persona alla strage, sceglie di non vedere, di girare la testa dall’altra parte diventando complice. Credo ci sia voluto molto coraggio e maturità per arrivare a fare un film così che scava nella propria carne. Ma il bello è stato questo, negli ultimi giorni, parlando di questo film con tre diversi amici, tutti e tre pur conoscendo il film hanno avuto un moto di stupore nell’accorgersi che il regista Ari Folman fosse ebreo (credo tuttora residente a Tel Aviv) e nessuno sulle prime ha creduto che un ebreo potesse fare un film così: tutti ricordavano l’opera in sé come atto di denuncia, ma avevano dato per scontato che a farlo fosse stato un avversario dello stato israeliano e non un interno, e così a loro volta avevano rimosso l’identità del regista nello stesso modo in cui lui aveva rimosso per anni il ricordo del suo alter ego in divisa in cui non era più riuscito a riconoscersi.