sabato 8 febbraio 2025

insegnamento

Io poi mi chiedo, che senso ancora abbia
andare ad insegnare alle caprette
quando c’è l’Intelligenza Artificiale
che fa meglio e nel c*lo gliela mette.
Incaprettate, appunto, è quello
a cui sono destinate. “Chi lo sa
non glielo dice e chi lo dice non sa più
che cosa dice e a chi” (Lao Tzu).

venerdì 7 febbraio 2025

tette e corpi

Devo essere sincero, non ho mai visto l'esposizione di così tante tette sui social, con conseguente sessualizzazione persino delle mentine per l'alito o della carta igienica, come da quando si è cominciato a parlare di movimento metoo e patriarcato, sembra quasi che più le donne lottino contro il patriarcato e la sessualizzazione del corpo, e più tette si vedano in giro, al punto che uno si chiede chi le mette in giro e per che scopo, se siano le donne stesse, a cui le tette sono attaccate, per rivendicare la propria libertà di mostrarsi, oppure i medesimi patriarchi che occultamente detengono il controllo dei social, così che da una parte mostrano tutto quello che si può mostrare e dall'altra ti impongono le loro regole di censura per rimarcare di avere loro il controllo sia dell'immagine che, di conseguenza, del corpo. A furia di guardarle, a volte ti viene pure il dubbio, e se fossero finte? Magari sono tette rifatte con l'AI. Fatto sta che se tutto questo è frutto di una reazione inversamente proporzionale alla lotta per la liberazione dell'immagine, c'è quasi da sperare una esasperazione incontrollabile dei toni, dove gli integralisti islamici da burqa prendano il controllo dell'Europa! A quel punto, immagino, ci sarà sì una esplosione tremenda e io mi vedo già l'Europa sprofondare inghiottita fra due immensi tettoni materni come quelli della gigantessa di Baudelaire o della tabaccaia di Fellini, o all'opposto capiterà come nell'Invasione degli Ultracorpi di Don Siegel, o in quel delizioso racconto satirico di Philp Roth, che le tette, stanche di noi, si faranno finalmente corpo reclamando la loro indipendenza, e le vedremo andare in giro per il mondo sulle loro gambe, in piena autonomia fra uomini e donne, ma senza più appartenere a nessuno dei due, e senza che nessuno possa più negare la loro esistenza, nemmeno un bigotto contorto come Trump.

sogno della stalla

Nel sogno c’è Bob Dylan, non quello interpretato da Chalamet, ma quello vero e anziano di oggi, coi baffetti e il cappellaccio da cowboy, che viene a fare un concerto nel mio studio, a Locorotondo, cantando tutti vecchi pezzi blues e folk americani che non conosce nessuno delle 30-40 persone venute a sentirlo. Poi gli faccio fare un breve tour delle due stanze più bagno che compongono il mio studio e nel tentativo di essere simpatico gli dico che questa un tempo era una vecchia stalla all’incrocio del paese, cercando di rimescolare il mito di Robert Johnson con quello del presepe. Dylan mi guarda perplesso, non capisce. Mi viene il dubbio di aver pronunciato male la parola stalla, di non ricordarla bene, era stable o barn? Così esco fuori e comincio a chiedere a tutti, fermando la gente al semaforo, come si dice stalla in americano. Nessuno a Locorotondo sa rispondermi. Interviene lo stesso Dylan che mi chiede se la parola che cerco è farm, Tonio’s Farm? No, no, non farm gli rispondo in dialetto, jè a stàdde! Non facciamo confusione! E da bravo meridionale provo a convincerlo che fra il loro americano e il nostro dialetto non c’è troppa differenza, quindi dovrebbe sforzarsi di capirmi. Dylan mi osserva divertito, fa di sì con la testa, ma non dice più nulla.


giovedì 6 febbraio 2025

chi li leggerà?

Uno fa il meccanico, mi manda delle poesie lunghissime sull’officina in cui si perde fra i bulloni e le chiavi come Chaplin nella catena di montaggio. Un altro lavora la terra, mi manda delle poesie d’amore dedicate ai pompelmi che gonfiano il petto e guardano fiduciosi al futuro. Una ragazza studia medicina e scrive poesie per dirmi che di fronte al dolore degli altri si sente vulnerabile e sola, ma si chiede con ansia quando si formerà quella corazza professionale che la distaccherà da loro. Un altro, disoccupato, vola alto e mi manda un poema ucronico sulla fine del mondo dove mi mette in mezzo “l’editore Lillo ha detto” nemmeno fossi un personaggio da operetta buffa. Nessuno di loro ha più di trent’anni, tre non hanno proseguito gli studi, nessuno frequenta circoli letterari o combriccole da poeti estinti. Eppure scrivono, più o meno bene, prima o dopo il lavoro, hanno idee strambe e stimolanti. Mi chiedo sempre chi li legge, a parte me, e cosa ne pensa, e chi li leggerà se verranno pubblicati. I dati di mercato ci dicono nessuno, o quasi. Queste storie di giovinezza artistica entusiasmano tutti, poi però si deve mettere mano al portafogli e lì cominciano i problemi. Eppure, aggiungo, quanto ci fa bene sapere che da qualche parte ci sono nascoste delle persone così, fuori dagli schemi, che ci apparecchiano così grandi entusiasmi in virtù dei loro sogni in versi. Se la poesia è viva, oggi, lo dobbiamo anche un po’ a loro.

mercoledì 5 febbraio 2025

sopravvalutare

A volte penso che il vero nostro problema non è che si sopravvalutano alcuni scrittori, ma che si sopravvaluta la maggior parte dei Lettori. Chi non li sopravvaluta e li tratta per quello che sono in effetti vince.

martedì 4 febbraio 2025

maritmie

Mi segnalano l’uscita della raccolta di poesie di una signora. Questa raccolta si intitola MARITMIE, proprio come quella di Giovanni Laera pubblicata con Marco Saya due anni fa. I più curiosi possono cercarla in rete: è vero che è una coincidenza particolare, ma non sappiamo e non possiamo dire se ci sia stato un calco, anche indiretto, o sia il frutto di un caso. Per quanto mi riguarda, il dato più interessante è questo: il libro, 104 pagine, pubblicato con Youcanprint (marchio con cui oggi ci si può candidare anche allo Strega Poesia), viene venduto sul mercato al prezzo di 37,50 euro. Come mai, si chiederà il lettore meno avveduto, costa così tanto? Per il semplice motivo che piattaforme come questa e altre simili, non sono democratiche oasi di libertà autorale come qualcuno vorrebbe farle passare, ma piuttosto macchine mungitrici create apposta per spennare gli autori più ingenui o meno preparati, attraverso servizi a pagamento che offrono loro. Non hai nessuno che ti fa l’editing? Te lo facciamo noi! Nessuno che ti fa l’impaginazione? Ma ci siamo noi! Chi ti disegna la copertina? Se vuoi il nostro team grafico è a tua disposizione! Tutto accuratamente fatturato con iva al 22%. Così accumulando questi ai mai dimenticati costi di stampa (la carta!) e distribuzione (su tutti i canali online con le debite percentuali di sconto, che vanno dal 35 al 60% del prezzo di copertina!) un libro autoprodotto può arrivare a costare all’autore fino a 20-25 euro al pezzo. Come fai a non rivenderlo a 37 euro a quel punto? Devi, per rifarti almeno di una parte delle spese! Ecco, questo è il capitalismo più puro applicato all’editoria, dove il sogno di pubblicare viene smontato e rivenduto pezzo per pezzo alla catena di montaggio, dove l’acquirente finale rimane unicamente l’autore. Perché, a quel prezzo, quanti compreranno il libro? E chi lo leggerà? Che differenza passa allora fra un editore fraudolento che ti spenna e una piattaforma legale che ti spenna? E scrivo questo non perché sono contrario all’autopubblicazione, ma perché credo che serva a tutti maggiore consapevolezza di cos’è il male dell’editoria. Aggiungo, per tornare alla signora di cui non so nulla, che un editore serio dopo una breve ricerca le avrebbe detto che forse non era il caso di usare come titolo qualcosa di così connotato con l’opera di un altro: non è etico, né elegante, e nemmeno troppo furbo. Ma nel mercato del selfpublishing, vera terra della cuccagna di chi non sa, nessuno ti può impedire nulla perché tutto è lecito se paghi il giusto.

lunedì 3 febbraio 2025

metri quadri

Oggi parlando con un amico editore è venuta fuori questa verità, che mettendo insieme tutti i metri quadri degli stand affittati nelle diverse fiere del libro degli ultimi anni – i cui prezzi affiancano ormai quelli degli immobili: dai 166 euro in su a metro quadro per le fiere più blasonate – mettendo insieme tutto questo, da qualche altra parte nel mondo uno più furbo di noi si sta comprando una casa.

domenica 2 febbraio 2025

sogno della magnolia

 Nel sogno un albero immenso di magnolia compare sulla terrazza dietro casa mia che qui ha le caratteristiche di una grande piazza di città sul mare, sollevando fra i suoi rami relitti di zattere o vecchie barche di marinai, biancheggiando nella carne dei suoi fiori. Non ha radici che la fissino al suolo, infatti dopo un po’ che restiamo ammutoliti ad ammirarla la osserviamo mettere gambe e spostarsi, ridimensionandosi per essere lei alla nostra altezza, così creando in noi come un forte sentimento di rimpianto. Si avvicina a me per farsi accompagnare a passeggio lungo la piazza, ma quando provo a fotografarla, lei insieme ad altri alberi mascherati a festa, comincia a ridere per la vergogna e si muove, schermendosi, troppo rapidamente per farsi riprendere, ogni foto mi viene mossa. Quando cade, senza un motivo apparente, siamo costretti a legarla a una vecchia scala di legno e trasportarne il corpo legnoso verso il paese più vicino attraversando un paesaggio fitto di neve in cui il suo biancheggiare si confonde con quello della campagna intorno e tutto, persino le nostre tracce, si annulla nel bianco.

venerdì 31 gennaio 2025

giovedì 30 gennaio 2025

l'architetto mancato

Ciascuno ha la sua storia particolare di scoperta del desiderio di scrivere, alcune meno facili della mia. Ma rifacendomi a una cosa che scriveva Cristina Simoncini sul fatto che le fa strano che si possa desiderare di scrivere senza aver desiderato prima di leggere, io sono convinto – da ciò che mi ricordo della mia stessa storia – di fare ciò che faccio perché mio padre, ferroviere, da bambino mi regalava dei libri. Ho ancora uno scaffale a casa con tutti quei volumi, ma fra gli altri, il primo ad avermi turbato al punto da farmi piangere su un libro, è stato ‘Il principe felice’ di Oscar Wilde, che forse era un po’ troppo intenso per un bambino, ma mi mise una spina nel cuore, come la rosa all’usignolo, che lì si è conficcata ed è rimasta. Era già un mood poetico, senza che lo sapessi, ma mi sono innamorato della poesia – ho proprio capito che fosse – alle medie, mentre sfogliavo l’antologia di italiano durante una spiegazione di matematica che mi annoiava. La prima poesia di cui ho sentito risuonarmi dentro i versi, uno per uno, è stata ‘I fiumi’ di Ungaretti, li ho imparati a memoria senza che nessuno me lo imponesse (“ho tirato su le mie quattr’ossa”, “stamattina mi sono disteso in una tomba d’acqua”, ecc.) e quei versi scabri e poi altri ancora che ho cercato sono cresciuti come funghi, attecchendo all’albero tutto intorno alle radici. Il primo poeta che ho amato non è stato Ungaretti, ma Federico Garcìa Lorca, che ho incontrato l’anno dopo, quando un giorno ci entrò in classe la nuova insegnante di italiano – una tipa a suo modo buffa, dall’aria disordinata, sempre di corsa, con gli occhiali spessi e l’alito pesante, l’entusiasmo di chi fa ciò che le piace – ed entrando ci chiese “vi va se adesso scriviamo delle poesie?”. Io giuro mi sono sentito battere così forte il cuore, di quel tipo di smania incontenibile che può prendere alla pancia solo i ragazzini, come avere le farfalle, come una gran fame che risale e ti si annoda in gola, io volevo esserci, volevo esserci dentro, in tutta quella roba. I miei compagni volevano essere nella squadra di calcio o pallacanestro, io volevo essere lì dove si scrivevano versi come “fu Marcel ma non era francese, e non sapeva sciogliere il canto del suo abbandono”. Infatti scrissi una poesia, poi un’altra, e un’altra ancora, e le portai alla prof che mi disse: “Belle, ma si può fare di meglio. Hai mai letto 'Il maleficio della farfalla’?” perché la mia prof aveva quella cosa lì (socratica) di rilanciare ogni volta il discorso con una domanda. E di nuovo ricominciava a battermi il cuore! È stato allora che ha cominciato a battermi e da allora non ha più smesso. Lo volevo leggere sì “Il maleficio della farfalla”! Così un poco me li passava lei, un poco me li comprava mio padre spedito in libreria a ordinare libri di autori di cui non conosceva neanche il nome – mi ricordo nei primi anni del liceo un 'Tre pezzi d'occasione' di Beckett, tradotto da Fruttero e Lucentini, che pure mi influenzò parecchio –, e mai una volta che mio padre mi dicesse questo è troppo. “Questo qui, diceva sempre a mia madre orgoglioso, ci diventa architetto!”. Le cose poi, come si sa, sono andate in un’altra direzione.

mercoledì 29 gennaio 2025

la citazione

Giovane autrice che spasima per pubblicare mi scrive di essere turbata dalle complessità del mondo editoriale. Le faccio leggere per rincuorarla la famosa poesia di Fortini che dice "Nulla è sicuro, ma scrivi". – Mica male questo Fortini, mi dice. Chi è? È uno che dovrei leggere? Me lo segno! – Poi fa una storia su IG dove si mette in posa da scrittrice, ma sbaglia a trascrivere il verso: "Nulla è certo, ma scrivi!". Apposto.


se le bestemmie arrivano

Caro automobilista anonimo che corre su via Alberobello quando piove, io lo so che non è colpa tua se l'accanimento edilizio ha sollevato palazzi dovunque, pure lì dove c'erano delle zone di assorbimento delle acque meteoriche che, ostruite dai palazzi, ora allagano la strada pure se fa una pisciatina, però quanto è vero che di questo sei innocente, è anche vero che, se non ti sta morendo mamma in ospedale, potresti anche evitare di correre sollevando scie d'acqua che inzuppano quei poveri sfigati che passano sotto l'ombrello. Qui due sono le cose: o te ne sbatti altamente di chi ti sta intorno, e in questo non sei diverso dai vari appaltatori e/o membri degli uffici tecnici che ogni tanto dovrebbero fare le parti dei comuni cittadini e non solo quelle dei palazzinari, oppure lo fai apposta a bagnarmi e sei uno stronzo. In ogni caso, per quanto tu ora non mi starai leggendo, io ti dico che se le mie bestemmie ti arrivano domani leggerò di te sui giornali. Ovunque tu sia, stai avvisato.

martedì 28 gennaio 2025

cane mangia cane

Qualche giorno fa un amico mi ricordava come dietro tanta intelligenza artificiale di cui ci avvaliamo sia nascosto uno dei massimi sistemi di sfruttamento del proletariato mondiale. Perché tutti quei dati che consultiamo giornalmente non sono autogenerati, ma vengono inseriti e periodicamente verificati e corretti da migliaia di persone, a bassa istruzione o laureati, che vivono in situazioni di estremo disagio nelle zone più povere del mondo (Sudamerica, Africa e Asia) e per questo sottopagate, anche 0,001 dollari all’ora per fare un lavoro immane sui software che ci permettono di vivere ai nostri standard di benessere. Ieri era la giornata della memoria, e qualcuno (Paolo Nori credo) condivideva con sdegno la frase posta sul cancello dei lager, che “Il lavoro rende liberi”. Altri invece parlavano delle colpe di Israele verso Gaza. E io ho pensato una cosa, che durante il nazismo, per ottimizzare al meglio ogni singola parte del prigioniero, con la stessa filosofia “del maiale” di cui non si butta via nulla, i nazisti sfruttavano tutto, dai denti d’oro fino ai capelli per farne biancheria, calze, ecc., che qualcun altro indossava “senza sapere”. E ho pensato che ci sono due tipi di nazisti al mondo, quelli che commettono le atrocità eclatanti che oggi rimproveriamo a Israele e America guardando a Gaza, e quelli che invece, magari senza vera cattiveria, sfruttano il lavoro dei più poveri facendo finta di non vedere la situazione di servitù in cui pongono altri esseri umani, tanto poi la colpa se la prenderanno i capi. E in questo schema in cui cane mangia cane, quelli realmente innocenti sono davvero pochi.

domenica 26 gennaio 2025

michele passato e michele futuro

Una poesia di Michele Trizio da Cenere del risveglio (Marco Saya, 2024). Per ragioni editoriali, oltre che di amicizia, di Michele ho letto prima le sue ultime proposte poetiche, che più vanno e più si fanno impalpabili e sperimentali, in cui vuoti, tagli e omissioni dicono quanto e più delle parole scritte; e poi questa sua prima raccolta pubblicata, che cronologicamente viene prima delle altre, e infatti ha un taglio più classico, descrittivo, colto, permeato di scorci e umori spesso crepuscolari (“Non c’è più spazio per concluderci” dice uno dei miei versi preferiti) per quanto già perfettamente organizzato secondo schemi che sono assolutamente suoi (Spazio, Tempo, Linguaggio, Lascito). Ne è derivato, almeno in me, un lieve straniamento per cui ogni tanto mi trovavo a chiedermi dove fosse nascosto il Michele Trizio che già conoscevo dai suoi inediti, il Michele del futuro insomma. Poi mentre leggevo, a pagina 41 è saltata fuori questa poesia che condivido, ed è una di quelle poesie che fanno da “ponte”, che stanno cioè perfettamente nel cuore dell’opera in corso, ma con la testa sono già lanciate verso quello che verrà. E qui mi sono illuminato.

 

 

venerdì 24 gennaio 2025

ucronia

Io devo dire quando leggo certi post di Aldo Nove penso sempre a Ezra Pound, poeta geniale che nel secolo scorso, intuendo i pericoli del sistema economico (l’Usura) e del comunismo “dopo Lenin”, scelse per opporsi di aderire ai fascismi del mondo, simpatizzando apertamente con Hitler e Mussolini e pagando caro questa sua scelta. Io quando leggo Nove che per opporsi a un certo sistema mondiale simpatizza con Trump e Putin penso a Pound, che era una mente lucidissima e dal pensiero più vasto e raffinato di ciò che molti potevano intuire, e proprio per questo non venne capito da menti meno acute della sua, e se anche mi fido molto del fatto che Nove sia altrettanto lucido e riesca chiaramente a distinguere fra i limiti imposti dal linguaggio e la profondità (e l’ironia) del pensiero che sta dietro a certe sue frasi, e alle sue scelte, ogni tanto mi viene il dubbio sul fatto che chi lo segue abbia l’uguale lucidità e comprensione, e non stia soltanto, per altre strade, deviando a destra come fa tutto il resto del mondo. Mondo che, come dice quel certo libro, presto o tardi esploderà con un tale boato che ci assorderà tutti. Così mi chiedo anche se un giorno ci sarà una nuova Lisetta Carmi che andrà a scovarlo per fargli il ritratto, o l’esplosione si porterà via anche lei.

self-publishing

Forse l’ho presa sottogamba come cosa, e da ciò che mi dicono non sono il solo visto che molti editori pugliesi, proprio come me, non hanno risposto all’appello. Ma domani a Bari (come penso sia successo altrove) ci sarà un incontro sulle possibilità offerte dal self-publishing organizzato dal Bologna Children’s Book Fair in accordo con Amazon. Che significa? Che il mercato, ormai saturo sul fronte editoriale, invece di rivedere le proprie falle soprattutto in ambito distributivo, fieristico e lobbystico, ha deciso di fiondarsi sulla fetta ancora inesplorata e da spolpare degli autori allo sbaraglio. E infatti hanno affittato un intero teatro e l’incontro mi dicono è andato soldout. Questo perché il futuro ci sta arrivando addosso con conseguenze a mio avviso disastrose. Nel 2023 il 16% della produzione libraria italiana (quasi un quinto!) era composta da opere autopubblicate, e questo solo perché siamo abbastanza vecchi come popolo da restare attaccati a certi status: vogliamo il libro pubblicato dall’editore, ben distribuito e in mostra in libreria. Ma solo dieci anni fa era il 5%, e fra 10 anni sarà il 30%! Il che fa ridere, perché tutti dicono che si pubblica troppo, che gli editori speculano sui poveri autori innocenti! E quindi che si fa? Si pubblica ancora di più, aggirando gli editori che bene o male facevano/fanno da filtro, e per farlo nella maggior parte dei casi si sceglie di farsi spennare da piattaforme come Amazon (ma ce ne sono tante, e anche alcuni grandi editori hanno cominciato a proporsi) che si fanno pagare tutto, dall’editing all’impaginazione, dalla grafica alla distribuzione, con percentuale di guadagno non solo sulla fabbricazione dell’oggetto libro (100% di guadagno + iva) ma anche sul venduto (a partire dal 30% sul prezzo di copertina). Quindi, di preciso, cosa cambia rispetto a prima per l’autore? Che, a parte le tempistiche molto più agili, prima c’era dall’altra parte qualcuno che in un modo o nell’altro giudicava il tuo lavoro di autore, sia che ti prendesse a bordo, sia che ti rifiutasse, sia ti chiedesse denaro per stamparti o seguirti. Adesso aggiri il giudizio dell’altro, fai tutto da solo (e ti senti molto solo nel farlo), ma se ci credi abbastanza e ti presenti bene sui social, se insisti e ti promuovi, puoi rivenderti fino al successo. È dimostrato che uno su mille ce la fa! E tutti gli altri finiranno nel dimenticatoio esattamente come ieri, senza infamia e senza lode. Del resto, come mi diceva un amico stampatore quando gli esprimevo i miei dubbi sulle possibilità commerciali di un libro: “Antò, se un libro è buono in qualche modo vende, se è una cacatina magari qualcosa in più vende, ma sempre cacatina rimane”.

mercoledì 22 gennaio 2025

sogno della corsa

Nel sogno tornano i giganteschi uccelli preistorici che spesso li occupano, enormi fenicotteri gialli o rosa o color arancio coi becchi lunghi ma privi d’occhi e con un ciuffo di un rosso acceso che cade loro sul becco, i colli lunghissimi, se ne stanno in fondo, nascosti dietro il volume di casa, e allungano il collo intorno alla casa, ma non sopra il tetto, come se non potessero entrare all’interno del suo perimetro, per mangiare i fiori rossi che spuntano al di fuori del giardino. I loro piccoli invece, delle dimensioni di un uomo, vanno in giro liberi e mi seguono, si avvicinano giocando e mi toccano col capo cieco il palmo della mano per una carezza o per farsi rincorrere sotto i rami penduli del finto pepe. Decido di assecondarli e mentre corro con loro mi ritrovo dentro un’auto, una piccola Cinquecento scassata, con altre quattro persone stipate che so di conoscere anche se non ne ricordo i nomi, e degli ombrelli fra le gambe, corriamo attraverso un labirinto di pietra e ci piovono addosso i corpi di numerosi suicidi che si lanciano nel vuoto. Correndo nel labirinto siamo costretti fra le sue pareti e non possiamo evitarli e per ogni corpo che ci crolla addosso assorbiamo l’urto fin dentro le ossa, io guardo impotente gli ombrelli chiedendomi se posso usarli per ripararci, ma sono incastrati fra le mie gambe e non mi sento in grado di liberarli. E per associazione penso al dolore e all’ingiustizia di quelli uccelli che non possono allungarsi entro il perimetro di casa per nutrirsi dei miei fiori dai rami più alti del giardino e a noi cinque che non possiamo uscire dal labirinto in cui siamo condannati a correre, per non subire la morte degli altri.

martedì 21 gennaio 2025

sinossi

Oggi mi scrivono: Ciao, vi avevo contattato un anno fa per una raccolta e mi avete detto che il vostro piano editoriale era pieno per tutto il 2024. Ora come siete messi? Posso mandare? – Non ti prometto niente, ma tu manda pure. – Grazie mille! Allora ne approfitto e oltre alla raccolta di poesie vi mando anche un romanzo di fantascienza e uno di autofiction che ho scritto nel frattempo! Una domanda, vi devo mandare anche la bio e la sinossi o di quelle potete fare a meno? – Soltanto se sei un autore famoso posso farne a meno. – Allora ve le devo mandare.


versi diversi

Non voglio essere cattivo, ma a una cosa più originale di Versi Diversi come titolo non riuscite a trovarla? Giuro mi arrivano le raccolte con questo titolo, ma fossero solo quelle glielo cambi, lo usano per le rassegne di poesia a cui ti invitano e che non vuoi mettere nel curriculum perché ti vergogni, oppure per i titoli dei giornali in cui dei benintenzionati provano a dire qualcosa di buono, e invece ti infilano in questa sorta di omogeneizzato kitsch che dice sullo stato della poesia più di quanto non vogliano. La poesia è ricerca della parola esatta, non è stravaganza a tutti i costi e nemmeno il pedissequo ripetersi di queste formule stereotipate. Versi Diversi, lo sento fin da quando andavo all'Uni, fra un po' mi aspetto di ritrovarlo nei bagni pubblici fra i numeri di telefono a prestazione occasionale e le poesie del primo Antonio Veneziani. E i più intelligenti ci metteranno il trattino in mezzo per distinguersi dagli altri, perché loro non sono Diversi, sono Di-Versi. Oltre che diversi, anche dissociati.


domenica 19 gennaio 2025

male minore

Del primo libro di Rebecca Garbin, MALE MINORE (Vallecchi, 2024) credo stupisca soprattutto la misura. Sia quella precisissima di ogni verso, poesia, sezione. Sia quella della voce, chiara ma non urlata. Sia del tono generale che non ha veri picchi, né cadute: non si può dire, infatti, che ci siano dei testi meglio riusciti o più forti, e questo potrà forse dispiacere ai lettori che prediligono i “pugni allo stomaco”, ma Male minore, pur nella sua indubbia forza drammatico-espressiva, in questo senso non fa per loro, giocando come fa su registri medi (“Cucirsi la bocca stringendo i cappelli tra i denti […] e non mangiare nient’altro”), o emotivamente distaccati (“Mio nonno era un nazista. Nessuno è stato triste / quando è morto”), o come pervasi da una sorta di stupore di fronte al vuoto (“Nessuno di famiglia ha più una tomba / siamo messi negli ossari, abitiamo / dappertutto”). Invece, credo, il vero piacere di questa raccolta sta tutta nella scoperta del disegno, un po’ come quando si osservano i giardini zen. Tutto segue un’economia e una disciplina protesi alla coerenza d’insieme, dove ogni segno, frase, citazione, ha un suo peso specifico e un equilibrio accuratamente dosati. In questo Male minore è, e si vede, un’opera poematica fin dalle sue intenzioni, esplicitate dall’epigrafe introduttiva di Claudia Ruggeri, e non costruita a posteriori cercando un filo rosso autobiografico fra componimenti disseminati nel tempo. Persino le note finali sono encomiabili, a tratti commoventi nella cura con cui tratta le sue fonti (non è cosa di tutti, molti poeti anzi, sono parecchio sciatti o avari nel riconoscerle), un misto di precisione e affetto che denotano quanta dedizione abbia per la materia poetica. Il tema di fondo della raccolta è identitario, declinato in una serie di flashback o piani narrativi fortemente onirici e mortuari, ambientati in paesaggi esasperati/allucinati che personalmente – aggiungo qui una mia suggestione alle tante offerte dall’autrice – mi hanno ricordato la struttura di Pedro Páramo di Juan Rulfo (“per me la porta è sempre aperta / c’è posto in mezzo ai morti”), e in questo senso il particolare ricorso ad alcune figure immaginarie del folklore alpino (la vipera, le anguane) che fungono animisticamente da archetipo femminile, mi hanno fatto anche pensare, in alcuni passaggi (quelli non milanesi dove più si sente la presenza di De Angelis), a un lavoro simile fatto da un’altra poetessa di una generazione precedente, Anna Maria Farabbi, con una differenza di fondo che mostra come possano essere diversamente declinati dei topoi all’apparenza simili: lì dove, nella Farabbi, il ricorso a tali modelli si fa pienezza vitale, volume fisicamente tangibile, corpo, fame, addirittura eros; nella Garbin tendono a rientrare in uno spazio interiore spesso incorporeo, cavo, ma accogliente, in cui risuonano le voci dei morti, che quanto più si offre alla loro eco e tanto più diventa lontananza o addirittura assenza, e, proprio come nel Pedro Páramo, si fa di pietra.

sabato 18 gennaio 2025

sant'antonio da padova

Oggi mi scrivono su IG: Ciao, mi hanno detto che tu sei uno che recensisce per passione i libri degli altri. Posso chiederti di farlo anche col mio? Ma devo mandarti anche il libro? O basta il PDF? Grazie. – L’altro giorno un ragazzo: Ciao, mi hanno parlato molto bene di te, sono un giovane aspirante poeta e ho bisogno di un parere critico su ciò che scrivo. Posso mandarti qui alcune mie poesie per sapere cosa ne pensi? Però mi raccomando devi essere il più onesto possibile. – La mia domanda è: Ma chi è che va dicendo in giro che sono Sant’Antonio da Padova, protettore di poveri, oppressi e orfanelli?

venerdì 17 gennaio 2025

il latino

Latino sì latino no e io ancora oggi, 17 gennaio 2025, ricevo poesie scritte nell’italiano preunitario di Foscolo e Leopardi, spesso inviatemi via chat di IG o WhatsApp perché i più giovani, esattamente come i più anziani, non sanno come si compila una email.

giovedì 16 gennaio 2025

la rivincita

Stasera in libreria ho visto il nuovo libro di Gennaro Sangiuliano, ex ministro della cultura con la c minuscola: TRUMP. LA RIVINCITA, dove quel "La rivincita" ha chiaramente il valore di un transfert. Lo pubblica e diffonde Mondadori, mica Pizza&Fichi. Poi dici che non c'è un complotto in corso. Gli uomini di Cultura con la C maiuscola lo sanno e infatti boicottano il gruppo Mondadori... Ah no, quello è un altro film!

un euro per ogni non lettore

Oggi pensavo a come sarebbe bello se avessi un euro per ogni italiano che non legge... Forse invece di provare a chiedere 10-12 euro a quei pochi che leggono in cambio di un libro, farei prima a mettermi davanti ai centri commerciali o alle porte delle chiese chiedendo un euro a tutti i non lettori per lasciarli andare in pace. Stai bene tu!, mi direbbero sfottendo. E infatti se avessi un euro per ciascuno di loro che non legge sarei praticamente milionario.

mercoledì 15 gennaio 2025

un lavoro da uomini

Leggere le dichiarazioni di Trump e Musk che dicono che gli incendi di Los Angeles si diffondono non a causa dei cambiamenti climatici e dell'azione dolosa degli uomini (che vanno sempre a braccetto), ma per colpa del fatto che nel corpo dei pompieri c'è stato un eccesso di assunzioni di donne, extracomunitari e omosessuali, tutta gente "geneticamente" incapace di fare un lavoro da veri uomini com'è appunto il pompiere, sarebbe assurdo e ridicolmente retrogrado, se non fosse tragicamente vero nel 2025, e soprattutto se non ci fosse gente che li prende sul serio, sia in America che qui da noi, compresi i "nostri" Lilin e Salvini e tutti quelli che li seguono a ruota.

la piazza

C'è un amico che ogni volta che mi incontra per strada mi dice che lui è sicuro che io diventerò famoso un giorno, ma quando non mi servirà più a nulla. Io ogni volta gli rispondo: Fa niente, basta che mi danno almeno una piazza.

martedì 14 gennaio 2025

ancora no?

Autrice che mi chiama al telefono: Lillo, mi vuoi dire che cosa devo fare per farmi pubblicare da te? Hai letto la mia proposta? Ancora no? Come, dove sta? Te l'ho mandata a ottobre! Possibile che non l'hai ancora vista? Ma così schifo ti faccio? Insomma Lillo, dai! Ho voglia di pubblicare con la tua casa editrice! Com'è che si chiama?

i segni

Ci sono anni che già dalla partenza lo vedi subito che verranno storti, e altri mosci mosci che già ti viene l'uggia da gennaio. Questo, devo dire, se devo dare ascolto ai segni sta partendo benissimo, le novità sono buone. E soprattutto mi sento bene, nonostante i problemi, e pieno di energie. Non mi sentivo così rilassato ed energico, credo, dal 2019. Non dico che tutto questo mi cambierà la vita, e magari a febbraio c'è un rovescio, ma perlomeno oggi sto un po' più dritto sulla schiena.

domenica 12 gennaio 2025

misura

Straordinario, pensavo oggi, come una buona parte di quelli che mi contattano abbiano cominciato a scrivere versi dopo una delusione d'amore e poi abbiano interrotto quando si sono rifidanzati, ma in tutti è rimasto il dubbio di sapere quanto valgono i loro versi, forse per dare una misura al loro perduto amore.

sabato 11 gennaio 2025

Oggi mio fratello, insolitamente gentile, mi ha fatto un bel complimento, ha detto che per quanto e come lavoro (impegno + qualità) io dovrei percepire un’entrata di almeno 5000 euro al mese, da alto professionista insomma. Invece, ed è la tragedia di questo paese, guadagno quanto una donna delle pulizie. Né sono il solo. Si realizza in quelli come me, insomma, l’ideale socialista che vuole tutte le classi professionali – da quella intellettuale alla manuale – livellate sullo stesso piano di parità, purtroppo però un piano al ribasso, non elevando le più umili a una condizione migliore, ma abbassando tutte le altre a un piano inferiore della scala economica e della dignità.

giovedì 9 gennaio 2025

l'odore

Ci sono alcuni angoli del mio paese che puzzano di piscia fresca di cani con una tale intensità da rievocare le nostre tradizioni. Pisciapizzùle venivano chiamati un tempo gli abitanti del borgo per distinguerli dai contadini, quelli che non avendo i campi intorno per svuotarsi lo facevano nei vespasiani o negli angoli di strada, imprimendovi il proprio odore di poveri. Stamattina passeggiando per il paese, ho rievocato questo passato di cafoneria cittadina, anche se poveri non lo siamo più.

mercoledì 8 gennaio 2025

voce

Nel sogno ero talmente lontano dalla voce che mi chiamava – in un mondo tutto fatto di sordomuti che comunicavano i loro sentimenti fotografandosi l’un l’altro, e regalandosi foto dove i visi erano semicancellati dai flash – che non riuscivo a svegliarmi. – E se non volessi tornare? chiedevo, ma nessuno lì poteva rispondermi. Nessuno tranne la voce che sentivo chiamarmi – Antonio, Antonio – e non sapevo dov’era, né in che modo raggiungerla. Che sogno diabolico, pensavo.

domenica 5 gennaio 2025

anno di grazia

Gli amici mi fanno gli auguri: Ti donano i 50. Sfido, in realtà son 48, me li aggiungo io così sembro più giovane. Del resto lo dice anche la Smorfia, 48 morto che parla. Si entra, insomma, nel mio anno di grazia.

sabato 4 gennaio 2025

poesia come resistenza

Chissà se tutti quelli che scrivono che la poesia è una forma di resistenza dentro di sé si immaginano come un piccolo partigiano armato che va per montagne e vicoli di città assediate sparando agli invasori che parlano un'altra lingua, un tempo detti barbari; oppure se, all'opposto, si credono proprio loro i barbari venuti a sconvolgere l'impero. E chissà che colonna sonora gli parte ogni volta nella testa.

giovedì 2 gennaio 2025

editori, distributori, librerie

Stando all’elenco degli Editori Italiani registrati su Arianna, che è un Catalogo tematico, oggi, 2 gennaio 2025, ci sono in Italia 3.158 editori attivi: non sono tutti, perché sono soltanto quelli che si sono registrati (a pagamento) su Arianna. Tutti quanti insieme, gli editori in giro dovrebbero essere fra i 5 e i 6000, e incredibilmente ancora non bastano a soddisfare i bisogni di un pubblico che non fa altro che scrivere, scrivere, scrivere, senza mai riposare. Non a caso, tutti questi editori che sfornano milioni di libri, vengono messi in circolazione da circa una quindicina di distributori a carattere “nazionale”, più vari altri “regionali” e “provinciali”, che fondamentalmente guadagnano in percentuale sul prezzo di copertina del libro più di quanto entri nelle tasche di autori ed editori, se alla fine qualcosa entra. Di questi distributori il primo, oggi, 2 gennaio 2025, per numero di clienti, stando ai dati Arianna, è ALI (901 editori), che scalza dal podio Messaggerie (837), seguono Libro Co. (619), CDA (321) e Terminal (211) con cui ho lavorato negli ultimi mesi. Poi certo bisogna dirsi le cose come stanno: ALI è Mondadori e Messaggerie è Feltrinelli. Il più grande grossista italiano, per tutti gli altri, è Fastbook, ovvero Feltrinelli. E quindi se chiedi a un qualsiasi libraio, anche di quelli che si dicono orgogliosamente “indipendenti”, quali sono i primi tre fornitori con cui, per necessità o comodità, lavorano, ti risponderanno tutti inevitabilmente: ALI, Messaggerie e Fastbook, ovvero Mondadori e Feltrinelli. Quindi “indipendenti” sì, ma proprio come noi fino a un certo punto, e, in alcuni casi va detto, soltanto a parole.