sabato 15 marzo 2025

cosimino

A Cosimino, che aveva la mia età ma sembrava più vecchio, da ragazzi avevamo dato nome Frufrù, non mi ricordo perché. Io sapevo solo che all’epoca il mondo per me si divideva in quelli che i libri li leggevano, come me, quelli che non li leggevano, come quasi tutti gli altri, e quelli che li mangiavano, come lui, che aveva questa abitudine strana, di fare a pezzettini le pagine dei libri e metterli in bocca e masticarli a lungo. Cosimino, o Frufrù, veniva fuori da certi racconti notturni e stralunati, come quelli di Landolfi, oppure carichi di tragedia e indicibili dolori familiari, di quelli che, se nasci povero, ti segnano il destino, come quelli di Verga. Era un Lazarillo de Tormes senza saperlo. Glielo si leggeva non solo nello sguardo quel destino, ma in ogni piega del viso, in ogni cicatrice. Questa foto gliel’ho scattata nel 2011, allora avevamo 34 anni, e lui non le aveva ancora viste tutte. Non parlava molto, ma quando passava sul suo Ciao per via Alberobello, suonava sempre il clacson per salutarmi. Erano gli unici momenti, quelli, in cui lo vedevo accennare un sorrisetto fiero sotto i baffi. Poi l’ho perso di vista col covid, e oggi scopro che è morto due settimane fa. C’era il manifesto già mangiato dalla ruggine che gli cancellava il viso. Lo saluto allora come posso, condividendo questa foto per ricordarlo almeno com’era negli anni in cui sfrecciava col suo Ciao.


 

i palestinesi in sudan?

Anche se molti ritengono che siano situazioni diverse e distanti, purtroppo per loro colui che si è proposto come pacificatore ha un solo modus operandi: occupazione coloniale di parte del territorio, teso al suo sfruttamento personale, e lasciare il resto al nemico del popolo occupato. L’importante, si ripete come un mantra, è salvare vite, indipendentemente da come lo si fa, perché il fine giustifica i mezzi. Così sta facendo in Ucraina e così vuol fare a Gaza dove si continua a parlare di resort di lusso. E mentre negli Stati Uniti si cominciano ad arrestare ed espellere gli studenti che protestano nei campus – da ciò che si legge sui giornali, ma magari chissà è solo propaganda anti-trumpiana e come dice Trump stesso i giornali che gli parlano contro mentono tutti – ieri leggevo che sta prendendo contatti, insieme ad Israele, con Sudan e Somalia per “reinsediarvi permanentemente” gli abitanti di Gaza, visto che i paesi della Lega araba non li vogliono accogliere. Magari anche questa notizia, lanciata da Associated Press, non è vera – la Casa Bianca non smentisce, ma nemmeno commenta – oppure non si concretizzerà come tante altre cose proposte da lui. Ma è già spaventoso che ci stia pensando, perché quello che non si realizza oggi si può sempre concretizzare domani. È spaventoso perché un giorno Trump, che è un capo di stato, dice una cosa e il giorno dopo ne dice un’altra, quasi che l’esercizio del potere fosse l’espressione di un capriccio. Ma soprattutto è spaventoso perché il Sudan è teatro da anni di una spaventosa guerra civile – di questa sì non parla mai nessuno – che ha falcidiato la sua popolazione, e l’idea di Trump sarebbe quella di prelevare un popolo in guerra e trapiantarlo in un’altra guerra ferocissima. Magari con l’idea di ripopolare il territorio, proponendo loro di acquistare un carico di persone, trattando di fatto i palestinesi come capi di bestiame. Che vi devo dire, l’importante qui è salvare vite, non importa come lo si fa.

venerdì 14 marzo 2025

ha scritto solo canzoni

Leggo con fastidio la battuta di un signore che commentando la scelta di Guccini di partecipare alla manifestazione pro-Europa di domani a Roma lo irride scrivendo: “Cos’ha fatto mai Guccini nella vita a parte scrivere belle canzoni? Mica andava a salvare i feriti in guerra come Gino Strada”. Che è un commento stupido che ha preso più di cento di like. Purtroppo convivo da tutta la vita con questo pregiudizio, io come tutti coloro che pur non andando a salvare feriti in guerra provano a creare qualcosa di bello che dia gioia agli altri, i quali la danno troppo spesso per scontata. Si può essere o non essere d’accordo con le scelte politiche di Guccini, ma non gli si può dire con quella sottintesa sufficienza che nella vita ha scritto solo canzoni, come se scrivere canzoni fosse una cosa da poco. Perché, se davvero lo pensate, mi dovete anche giurare che quando state male, quando state bene, quando siete innamorati, o malinconici, quando siete sotto la doccia o andate a zonzo in auto, voi non cantate le vostre canzoni del cuore, no, voi che siete diversi non cantate niente, voi vi guardate sul telefono le foto dei feriti raccolti negli ospedali da campo di Emergency perché solo quando guardate quei feriti che vengono curati da qualcuno che non siete neanche voi vi sentite compresi, appagati e in pace con voi stessi e il mondo.

fortuna

Autore mi chiama al telefono e si presenta osservando che è così raro trovare un editore che mette il suo numero sul sito che non credeva gli avrebbe risposto nessuno. Mi dice, senza nessun imbarazzo, che gli sarebbe piaciuto propormi una raccolta, ma è malato, ha una malattia neurodegenerativa e non sa se ce la farebbe a vederla pubblicata, per cui mi chiede se mi va almeno di ascoltare le sue poesie al telefono, solo per sapere se valgono qualcosa e se, con un po’ più di quella fortuna che gli manca, gliele avrei pubblicate. – Ma io adesso come faccio a dirglielo se mi sembrano brutte? – Mi aspetto un certo grado di onestà da uno che mette il suo numero sul sito. – Così mi siedo, e ascolto al telefono quest’uomo che, con la voce così roca e stanca che dopo un po’ fa male, mi legge una dietro l’altra una decina di poesie dedicate a sua figlia, in cui le chiede scusa di qualcosa. – È tutto ciò che si salva della mia vita. – Sono belle, gli dico. – Dice che sono belle? – Io dico di sì. – Questo mi basta, non la disturbo oltre. Posso salvare il suo numero? Così posso dire a mia figlia che un editore mi ha detto che le mie poesie sono belle, e se non mi crede le dirò di chiamarla. – Va bene, faccia pure. – Sa che lei è stato il primo editore che mi ha risposto? – Perché, finora quanti ne ha chiamati? – Lei è stato il primo. – Vede, poi dice che non è fortunato. (Ride).

mercoledì 12 marzo 2025

siccità

Stamattina al Tg Norba Enzo Magistà ha detto che la Puglia è prossima a dichiarare lo stato di emergenza perché l’indotto idrico è quasi a secco e si prospetta per la Puglia uno stato di crisi tale che la prossima estate non ci sarà più acqua: con le dighe prosciugate non verrà più fuori nulla dai rubinetti, l’agricoltura andrà a rotoli, i prezzi del cibo si alzeranno a dismisura, il turismo verrà meno e tutto questo si ripeterà identico e peggiorato anche in futuro, se non si trovano delle soluzioni adeguate che richiederanno anni per essere messe a regime. Ciò che è successo in molte zone della Sicilia l’estate scorsa sta succedendo a noi. È una prospettiva che atterrisce perché è reale ed è frutto del trinomio surriscaldamento + incuria delle infrastrutture + assoluta cialtroneria politica. Per il clima non si può fare nulla, ma quando a metà agosto, in piena siccità, non si riuscirà più a trovare una bottiglia d’acqua per bere, perché andranno a ruba, sospetto che molti nostri rappresentanti politici dovranno andare a nascondersi per non prendersi tutte insieme le caricate di mazzate reali che non hanno mai preso finora.

la costituzione

Straordinaria, pensavo, la nostra Costituzione, talmente grande che nella stessa ci si riconoscono sia quelli che in virtù dell'Articolo 11 (L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali) rifiutano il riarmo europeo, sia quelli che in virtù dell'Articolo 52 (La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino e quindi tutti sono obbligati a prestare servizio militare) vanno in giro di notte a pestare in gruppo chi, a loro insindacabile giudizio, ritengono sia pericoloso per la comunità, meglio ancora se extracomunitario. Sia gli uni che gli altri ritengono per opposti motivi che le istituzioni, sia lo Stato che l'Europa, li stiano tradendo e quindi li avversano con forza, però nessuno dei due stringerebbe mai la mano all'altro. Il bello è che secondo Costituzione sarebbero tutti fratelli, fratelli d'Italia (dall'inno di Mameli) in uno Stato che, diceva Saba, non conosce il parricidio ma è per sua stessa natura fratricida. Appunto.

martedì 11 marzo 2025

fake news

C’è un post che gira da qualche giorno col copia-incolla, che mi fa ridere per il suo attacco, infatti leggo l’attacco e poi non riesco ad andare avanti. Dice che a Putin è stato “concesso” dal canale 4 della tv croata di dire qualcosa, e questo mi basta. Ma veramente al presidente di uno degli stati più grandi del mondo può essere “concesso” di parlare? E chi glielo impedisce? E poi sul canale 4 della tv croata? Se Putin oggi dicesse che gli va di fare una intervista in esclusiva con uno dei più importanti canali televisivi del mondo correrebbero in massa da lui, perché quello in gergo televisivo si chiama scoop e di fronte a uno scoop non c’è guerra che tenga. Che se ne fa del canale 4 della Crozia? Mosca è quattro volte più grande dell’intera Croazia, ha il quadruplo della sua popolazione. Se fa una intervista alla radio della parrocchia dietro casa, raggiunge più persone. Infatti questo video alla tv croata di preciso chi lo ha visto coi suoi occhi? Ci sono fake news molto più elaborate di così, scritte da persone veramente in gamba, almeno date retta a quelle, è un modo di dare riconoscimento al loro talento creativo, altrimenti finisce come nel mondo dell’editoria che non si riesce più a distinguere il grano dalla crusca, e la colpa principale non è delle case editrici, ma dei lettori.

lunedì 10 marzo 2025

l'anima guerriera

Io devo dire in queste ore continuo a ripensare all'articolo di Scurati sul fatto che abbiamo perso la nostra anima guerriera o qualcosa del genere, e lo metto in relazione alle immagini di ieri a Fasano quando dei tifosi hanno messo a ferro e fuoco la città per una partita di calcio e ho pensato che forse non è vero che lo abbiamo perso quello spirito guerriero, forse soltanto saggiamente abbiamo capito che va messo da parte quando si parla di cose serie come la guerra, per destinarlo a cose meno serie ma tutto sommato inutilmente divertenti come le partite di calcio, dove ci si può riempire di botte in libertà e dare fuoco a una città con le bombe carta, tanto si sa che il giorno dopo si ritorna tutti a casa ed è finita lì. A me poi più dei tifosi fanno orrore e paura certi ragazzini di oggi che senti alla tv sono in aumento, e sono capaci di ammazzarti, stuprarti, rapinarti, fare male persino i genitori e metterlo in un video, ma non per cattiveria, che non gliene frega nulla di nessuno, quanto perché sono anaffettivi, non provano più nulla per nessuno, quelli lo spirito guerriero non sanno proprio cos'è, ma se gli dici che possono confondersi coi droni secondo me sono contenti. Poi, povero Scurati, pensavo anche che nemmeno un anno fa dissero che era stato censurato dalla Meloni per una lettura televisiva su Matteotti e allora giù tutti a difenderlo come martire della libertà di espressione, adesso che scrive un articolo che non piace a nessuno ho letto pure quelli che gli danno del pazzo o del cretino e andasse lui vecchio rimbambito in guerra; ma questo, aggiungono, che fosse cioè un vecchio rimbambito guerrafondaio, si sapeva da sempre, e quindi se cretino lo era da sempre lo era anche l'anno passato che parlava di Matteotti, e forse era meglio se non ne parlava proprio, così nessuno lo condivideva, anche se parlava di Matteotti, o contro la Meloni. E ho pensato che davvero, dalle stelle alle stalle è veramente un attimo.

corna

Autrice mi chiama: Anche io ero di quelli che pensava che l’unico editore buono è quello morto. Poi ho visto i vostri libri e dopo anni di autopubblicazione mi è venuta voglia di pubblicare con voi. Non mi deludete per favore! – Altrimenti ci ripensi e ci auguri la morte? – (Ride). Meglio se non vi auguro nulla, già mi dicono che porto sfiga. – (Io che faccio le corna).

cose che non capisco

Ascoltavo adesso Travaglio in un video pubblicato oggi da Luca Sommi (lo linko nei commenti), e in cui dice delle cose che secondo me contengono delle contraddizioni, ma forse non le ho capito io, per cui chiedo delucidazioni a chi ne sa più di me. Prima cosa: Travaglio dice che, nell'ipotesi di una pace con la Russia, non ci sarebbe migliore garanzia per l'Ucraina di svendere le proprie terre rare agli Americani, perché allora gli stessi americani porterebbero le proprie imprese in Ucraina e non permetterebbero mai un attacco che crei problemi ai propri affari. La mia domanda è: c'è chi dice che questa guerra è cominciata per colpa della Nato che è avanzata in Ucraina, adesso però la guerra dovrebbe finire perché di fatto gli Americani si vogliono trasferire lì, colonizzandola al posto dei Russi. Quindi se ho capito la Nato ai confini con la Russia non è garanzia di pace, mentre gli Americani ai confini con la Russia sì: è questo il senso del discorso di Travaglio? E tutta quella stronzata sui missili a Cuba allora, che senso aveva? Seconda cosa: Travaglio è contro il riarmo europeo, e anche io lo sono se può consolare qualcuno. Ma dice anche che tutto questa paura è stupida perché oggi c'è Putin che non ha interesse a riprendere la guerra; poi però aggiunge che Putin è "il peggio" che finora abbiamo considerato, ma nulla ci vieta di pensare che domani in Russia ne possa salire al potere un altro molto peggio di lui, e proprio Travaglio fa l'esempio di Prigožin a cui, se fosse riuscito il golpe, oggi Putin ce lo farebbe rimpiangere. Lo dice Travaglio questo, mica un pizza&fichi. La mia domanda a questo punto è: ma se è possibile, perché persino Travaglio dice che è possibile, che in uno stato come la Russia salga al potere uno peggio di Putin, chi ci dice che poi questo peggio non voglia riprendere o allargare il conflitto? E non lo scrivo perché ci spero, o voglio un riarmo europeo, che invece ripeto non voglio. Me lo chiedo e basta, e lo chiedo anche a tutti coloro che oggi dicono che un riarmo non ha senso, ma in effetti considerano soltanto Putin, che è soltanto una delle tante pedine sulla scacchiera.

domenica 9 marzo 2025

e?

Autore che nel manoscritto che mi invia sbaglia tutta la punteggiatura possibile con sciatteria inarrivabile – in particolare mostrando una particolare avversione per le 𝘦 accentate di cui cambia di continuo la grafia: 𝘌’ 𝘦̀ 𝘦 𝘦́, 𝘱𝘦𝘳𝘤𝘩𝘦, 𝘱𝘦𝘳𝘤𝘩𝘦́, 𝘱𝘦𝘳𝘤𝘩𝘦̀ – quando gli chiedo se c'è un motivo (che forse non ho capito) per cui lo fa, mi risponde che l'arte si prende come viene, non si discute. Amen.

solitudine e lettura

In generale chi dice che non legge perché non ha tempo vuole in realtà intendere che non è abbastanza solo. Trovare il tempo per leggere comporta soprattutto trovare una propria solitudine. Meno si riesce a essere soli, in famiglia, nel lavoro, con gli amici, meno spazio ci sarà per la lettura, perché alla fine quello che si stabilisce con la lettura – così come con ogni forma d’arte – non è un patto col tempo, ma un patto con l’altro, in questo caso con chi ha scritto il libro e ti chiede di dedicargli il tuo tempo nemmeno fosse un amante. Ma quanto amore serve verso un perfetto sconosciuto per mettere da parte ogni altro, e persino se stessi, e concentrarsi soltanto su ciò che dice?

sabato 8 marzo 2025

varietà

Il mondo è bello perché è vario, anche nella lotta. – Ieri un’amica femminista mi diceva che chiunque sia contro il patriarcato non può appoggiare in nessuna maniera il tipico esemplare del peggior patriarcato bianco americano che esprime nelle parole e nei gesti tutto ciò a cui una donna deve opporsi: violenza del linguaggio, manipolazione della realtà tesa alla sopraffazione dell’altro, disprezzo padronale dei più deboli. Una donna che lo giustifica non è troppo diversa da chi giustifica il compagno che la picchia per non rovinare la pace familiare, e in questo modo è complice della mascolinità tossica che inquina il mondo. Era un pensiero forte, ma mi ha colpito. – Stamattina invece un amico complottista mi ha detto che dopo gli ultimi fatti si è convinto che il litigio fra presidente ucraino e americano fosse tutta una farsa, non c’era nulla di vero in quei cinquanta minuti, non è stato un incontro per la pace fallito, ma un fallimento programmato dall'inizio, un momento di “grande televisione” come ha detto Trump da trasmettere in mondovisione per giustificare la reazione esasperata dell’Europa che è sfociata nell’immediato riarmo, senza un minimo di discussione pubblica. Antò, erano tutti d’accordo, americani ed europei, è la stessa cosa che ci hanno fatto con il lockdown, volevano discutere apposta per creare una situazione di emergenza e così aumentare la produzione di armi che fa bene all’industria. La pace la faranno poi.

venerdì 7 marzo 2025

sogno del premio

Stanotte ho sognato che mi davano un premio letterario con assegno di 5000 euro. Il presidente del premio, quando capiva cos'ero, si inventava, per non toccarmi, di essere malato, e uno strano medico chiamato a visitarlo gli faceva tre dolorose punture come in una scena della commedia dell'arte. – Come si chiamava il presidente del premio? – Maurizio Gasparro, con la o. Era un sogno semplice, ma di quelli che ti svegli di buon umore.

giovedì 6 marzo 2025

se il cane abbaia...

Stamattina ero in campagna e ho visto una coriacea signora con qualche anno più di me che, per nulla spaventata da un cane che le abbaiava contro da dietro un muretto, ha preso delle pietre dalla strada e gliele ha lanciate addosso. Il cane ferito è scappato. Io, avvicinandomi le ho detto che forse il cane abbaiava perché era spaventato, e lei mi ha risposto che se avesse potuto a quel cane lo avrebbe sparato. E allora ho pensato alla perfezione di quella metafora usata dal Papa, quando disse “l’abbaiare” della Nato, che però può applicarsi, e non da oggi, ai tanti abbaiare del mondo. Il punto è capire, se il cane abbaia, la soluzione è sparargli?

mercoledì 5 marzo 2025

sogno dei pinguini

Nel sogno c’è una lunga fila di pinguini in migrazione che vengono dal campo dei vicini e proseguono verso il campo opposto attraversando il mio giardino fra le lattughe e il sedano e fermandosi ad annusare i fiori di borraggine che crescono sui bordi, ogni dieci pinguini c’è un grosso orso polare che li divide in file precise dai capini testardi e dondolanti. Procedono senza mai finire, come se fossero un numero interminabile. Li osservo dal mio balcone e sono certo di averne già fatti altri di sogni così, con diversi animali che ogni volta mi scorrono davanti in processione, invadono il mio orto, cercano di arrivare da qualche parte. Soltanto io mi trattengo qui, senza mai prendere il treno sospeso che si ferma ogni sera all’altezza del mio balcone, tutti i giorni alla stessa ora. Stavolta, ispirato dal movimento dei pinguini, decido di lasciarmi andare alla speranza e ci salgo al volo, poco prima che riparta con uno sbuffo sfondando il muretto di cinta e tuffandosi nella siepe nera con uno scossone che mi fa tremare dalle caviglie al collo, facendomi cadere. Mi ritrovo seduto su un seggiolino di pietra con altre persone intorno, a contemplare la foto ovale di una donna sulla parete di marmo del treno. Non so nulla di lei, così come di loro, e mi sento in imbarazzo, ma quando chiedo sottovoce a chi mi siede accanto in quella sorta di veglia serale, come si chiami la donna per cui stiamo pregando, lo sconosciuto mi risponde: «Quella è Nonna Speranza».

innaturale

 Ho letto il pezzo di Scurati su chi combatterà le nostre guerre di domani, e ho letto anche i vari commenti di chi dice: Quello lì è un pazzo, noi non vogliamo guerre. E io sono d'accordo che non voglio guerre. Ma il punto è che, mentre leggevo, io stesso mi chiedevo: Sì, io non le voglio, ma gli altri? Perché mica siamo soli al mondo. Ci sono altri popoli oltre a noi, e non parlo di americani e russi, e perché non dovrebbero odiarci? C'è tutto un terzo mondo affamato e con l'acqua alla gola a cui finora abbiamo dato un dito e tolto un braccio. Non una concessione a loro favore, persino sulle problematiche ambientali che rendono sempre più inospitali le loro terre, tutto ciò che abbiamo fatto è stato rimandare di anno in anno delle decisioni impopolari perché ci costa troppo sacrificarci nel nostro tenore di vita. Molti di loro sognano l'Europa, ma ripeto, perché non dovrebbero odiarci? Perché siamo generosi e pronti all'integrazione e all'accoglienza? Per ora si accontentano di arrivare qui, spesso per mare, in gruppetti sparuti, spesso annegando o rinchiusi nei campi di concentramento organizzati coi nostri soldi, oppure finendo per strada a mendicare o sfruttati dalla delinquenza, o nei campi come nuovi schiavi, dormendo in baraccopoli fatiscenti che ci farebbero vomitare, ma perché mai un giorno, domani o dopodomani, man mano che invecchieremo e ci faremo più fragili, non dovrebbero volersi prendere, anche con la forza, tutto ciò che abbiamo e ci teniamo stretti? Le nostre stesse case? Sarebbe così innaturale? Non mi pare.

preferisco...

Una settimana fa un amico mi scrive Preferisco quando parli degli scrittori molesti. L'altro giorno un'amica mi dice Non mi piace quando parli di politica, preferisco quando parli dei tuoi sogni. Ieri un'altra amica mi fa Mi piaci di più quando scrivi poesie. Io sono contentissimo di avere un pubblico così affezionato a ciò che scrivo. Ma allora perché, mi chiedo, non vi comprate i miei libri?

martedì 4 marzo 2025

cose non tanto diverse

Un amico insegnante mi racconta una storia della scuola in cui lavora in un tipico paesino di provincia. Un bambino del primo anno, alle continue provocazioni di due bambini più grandi che insultano sua madre coi soliti appellativi da bar, dà uno spintone a uno di loro buttandolo a terra, così che i due lo prendono a pugni. Il ragazzino, scosso, ha un attacco di ansia e si sente male. La madre, a cui racconta tutto, chiede alla scuola di intervenire. Viene fuori che la scuola pur rimproverando i due bambini più grandi non vuole agire più severamente di così, primo per non rovinare la media dei due mettendosi contro gli altri genitori (a scuola, pare, hanno il terrore dei genitori); secondo perché il bambino più piccolo ha sbagliato a rispondere con la violenza alle provocazioni, e avrebbe dovuto dirlo agli insegnanti che avrebbero evitato la rissa; terzo, e qui sta il nodo nascosto della faccenda, perché la madre del bambino che è poco meno che trentenne e separata, viene additata dalla comunità come una facile, quindi il comportamento dei due bambini assorbe e riflette un pensiero comune che in parte li giustifica: hanno sbagliato a picchiare uno più piccolo, ma la sua mamma è quella che è. Tutto questo succede a noi, in pieno 2025, mentre parliamo di pace fra le potenze mondiali con la sicurezza di chi ha tutte le soluzioni in tasca. E a chi mi dice che sono cose diverse io rispondo che no, cambia forse la scala di proporzione, ma non sono cose tanto diverse.

lunedì 3 marzo 2025

il cuore del problema

Per quanto si possa discutere di tutto il resto, ti accorgi di qual è il cuore di un problema quando confrontando le varie posizioni – che sono tante e tutti diverse, fra chi è pro o contro Trump, o Putin, o Zelensky, pro Ucraina o anti Nato – tutte invariabilmente concordano senza alcun dubbio sulle responsabilità dell’Europa e della sua politica fallimentare. Se, fra così tanti e discordi e punti di vista, su questo convergono tutti, vuol dire che è lì che sta il vero problema ed è lì che bisognerebbe agire. Noi almeno, in quanto Europei, dovremmo agire. Non distruggendo l’Europa, come vorrebbe qualcuno, ma facendo pressione per riformarla, possibilmente mandando via a calci i suoi attuali rappresentanti, che ancora oggi, invece di impegnarsi per realizzare degli accordi fra delle parti che sono troppo compromesse per essere equilibrate – e dove diciamoci la verità tutti stanno perdendo la guerra, ma nessuno la sta vincendo – parlano a vanvera, qualcuno propone una tregua di un mese, qualcun altro di entrare in guerra anche noi, senza sapere dove stanno andando dopo tre anni di conflitto, senza nemmeno una linea comune. Ma vergognarsi di se stessi ogni tanto, no? Solo io ad ascoltarli in Tv mi sento in imbarazzo? Hai voglia a dire Trump o Zelensky, la colpa più grande qui è la nostra, siamo noi che invece di dissociarci da loro dovremmo prenderci le nostre responsabilità e andare dai nostri rappresentanti politici e chiedere conto di cosa stanno facendo. Loro, sono quasi sicuro, ci diranno che non lo sanno.

domenica 2 marzo 2025

detrattori

A ripensarci oggi con più calma, trovo davvero straordinario che molti dei detrattori di Zelensky che in merito all’incontro dell’altra sera gli hanno rimproverato di non essere un politico esperto, o di essere un comico da poco, o la sua carenza d’inglese, o l’incapacità di gestire una situazione di tensione, o di essere comunque un ladro e un fascista, un asservito agli americani, poi fondamentalmente in patria siano elettori di Cinquestelle e Lega, o addirittura seguaci di quel destrorso di Marco Rizzo. I Cinquestelle – che intendiamoci votava pure mio padre – sono un partito fondato da un comico, nato contro i politici di professione, legato da sempre a un’idea di naïveté intesa come purezza dalla sporcizia del potere – infatti quando erano al governo hanno fatto tanti di quegli errori, tradendo moltissime promesse elettorali, che adesso non li vota più nessuno – con un livello linguistico spesso assai più imbarazzante di quello di Z. e tutt’altro che liberali – spesso quelli che definiscono Z. come un repressore dei diritti del suo popolo sono gli stessi che ancora oggi piangono a gran voce per gli “anni bui” del lockdown, dimenticandosi che al potere allora c’era il pacifista Conte! – mentre i Leghisti sono quelli che ancora oggi devono restituire 49 milioni rubati allo stato, che in nome della sua efficienza sono a favore dello sfascio dello stato, che in nome della sua sicurezza sono a favore di uno stato di polizia, che quando si tratta di omosessualità e migranti stanno appena un gradino sopra i comuni assassini, e senza dimenticarsi la loro posizione su Gaza dove sono fra i pochissimi a non stare zitti e infatti appoggiano apertamente la politica di Netanyahu, guidati da uno come Salvini che è talmente asservito agli americani da riuscire addirittura a scrivere che i dazi americani sono una bella opportunità per l’Italia! Di Marco Rizzo e dei suoi non dico perché li muove esclusivamente un sentimento d’odio per l’Europa che ormai è fuori tempo massimo ed è l’espressione di un manipolo di vecchi nostalgici che quando potevano cambiare il paese, e l’Europa stessa, facendo pesare il loro voto hanno pensato soltanto a coltivare il proprio orticello, fregandosene del futuro dei loro figli, e adesso se la prendono con chi l’orticello glielo sta togliendo. Io li guardo, leggo ciò che scrivono, e trovo che siano stupefacenti queste persone che gridano fuori “Al lupo! Al lupo!” e poi lo votano in patria senza riuscire a fare 2+2.

sabato 1 marzo 2025

poesia in rima

La poesia più brutta che credo di avere mai letto, di un cattivo gusto come pochi, l'ha pubblicata oggi un signore italiano, ed è una cacatina in settenari in rima baciata, che ricorda nel ritmo i fumetti di inizio Novecento del Corriere dei Piccoli, sul modello di Bilbolbul, che chi non lo ricorderà era un fumetto di taglio coloniale che raccontava le avventure africane di un piccolo "negretto" che quando si emozionava cambiava colore della pelle, una cosa oggi improponibile. Questo signore, ispirato dall'editoriale di oggi di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano, si augurava nei suoi versi che dopo la "sgridata" di Trump che ha svelato la sudditanza di Zelensky alla Nato, gli ucraini rinsaviti, in questo "lieto giorno" facciano fare a lui e a quel "bel soggetto" di sua moglie la stessa fine di Mussolini (sottinteso: appesi per i piedi in piazza). Il fascismo, nelle intenzioni dell'autore, combattuto con lo stesso linguaggio irridente, fanatico e violento del fascismo, in cui si celebra con gioia la soppressione fisica del proprio nemico. Io l'ho trovata una cosa aberrante, una sorta di transfert in cui non c'è più differenza, né distanza, fra vittima assassino e spettatore, sono tutti malati di sangue. E leggendo la sua poesia, mi sono vergognato di scrivere in versi anch'io.

due espressioni

Ieri, in una giornata così particolare per gli Stati Uniti, ho visto finalmente A complete Unknown che sicuramente non poteva venire fuori in un periodo migliore per ricordare agli americani stessi che c'è stato un tempo in cui si faceva "controcultura", parola bellissima di chi usa l'arte per dire qualcosa sul mondo e con un pubblico disposto a crederci, non solo comprare i dischi, ma proprio credere a quella cultura come fonte di verità e integrità. Quanto al film l’ho trovato carino, ma nulla di più, forse sono troppo fan per apprezzare a dovere qualcosa di così riassuntivo. Le figure femminili, per quanto vivaci, ne escono impoverite, anche se i duetti con la Baez riescano a trasmettere la perfetta alchimia artistico/erotica che i due riuscivano a scatenare sul palco. Ma è soprattutto il personaggio di Dylan così osannato dell'interpretazione di Chalamet che non mi ha convinto. Lui bravissimo interprete certo, ma non ride mai, ha sempre quell’aria sbattuta e vagamente fuori che dopo un po' ti viene a noia, soprattutto nella prima parte. Da come viene descritto nelle sue biografie, il primo Dylan era il classico ragazzetto di provincia scroccone e sbruffone, fondamentalmente allegro e innamorato della vita, che poi, nei vari scontri/traumi per arrivare al successo, si indurisce e si fa crescere un'armatura impenetrabile intorno che diventerà il suo marchio di fabbrica a metà anni Sessanta. In questo senso il personaggio Dylan non mi è sembrato subire nessuna vera maturazione, non così marcata, anzi fin da quando arriva a New York è sempre introverso, imbronciato, chiuso, musone, stronzo, e così via per tutto il resto del film. Nella seconda parte, è vero, mette gli occhiali da sole, tanto che viene in mente quella famosa battuta di Sergio Leone su Clint Eastwood, il quale avrebbe soltanto due espressioni: col cappello e senza.

zucchine

Ho letto da ieri così tanti post e così discordanti su quello che è successo nello Studio Ovale, scritti da persone anche molto preparate, che sono arrivato alla conclusione che nessuno lo sa di preciso cosa è successo ieri e perché, tirano solo a indovinare, e comincio a pensare che secondo me non lo sa manco chi stava ieri nello Studio Ovale cosa è successo, altro che attacco preparato a tavolino, però su questo sono disposto anche a ritrattare, basta che mi date delle garanzie efficaci, o metà del vostro giardino di casa per piantarci le zucchine.

l'avvocato dei poveri

Oramai ce lo stiamo proprio scordando, ma una delle grandi conquiste del Novecento, conquista ottenuta a suon di scioperi, arresti e manganellate, è stata quella di porre un argine al potere, per cui persino i potenti hanno un limite oltre il quale non possono andare, persino i potenti non possono permettersi di sopraffare chi è più debole di loro, e per quanto sia fallace c’è in ogni democrazia un accordo sociale che limita l’espressione di quel potere e pone su un piano di parità tutti gli uomini. È quella cosa per cui chiunque di noi può dire “io ho dei diritti” o lamentarsi se non vengono rispettati. Magari è un sistema imperfetto, è un sistema dove a porte chiuse succede di tutto, dove ci si inventano golpe e invasioni “di pace”, ma sempre come qualcosa di truccato, perché si sa che è sbagliato, e questo argine almeno fino a ieri ha resistito. È la stessa conquista che ha fatto sì che anche il figlio del più umile degli operai, o dei contadini, potesse arrivare a fare politica e gestire la cosa pubblica lì dove prima sedevano semplicemente i ricchi, quindi non c'è da sputare nel piatto di questa conquista, non c’è da sminuirla. Ed è per questo che il fatto che così tanti che leggo stamattina siano così contenti di ciò che è successo ieri, con l’umiliazione, vera o studiata a tavolino, di un rappresentante politico più debole – con i milioni di persone che ha alle sue spalle e che ieri magari aspettavano di porre fine ai loro problemi – da parte di una superpotenza che loro stessi odiano, mi fa incazzare soprattutto perché viene da persone che parlano dalla mattina alla sera contro il potere e chi lo esercita, poi invece di fare fronte comune, istintivo, contro un potere soverchiante, se la prendono col più debole dei due. Mio padre, che nell'animo era il classico “avvocato dei poveri”, mi ha insegnato che, nel dubbio, ci si deve mettere dalla parte del più debole, sempre, anche se non è perfetto, anche se non ha tutte le ragioni o se è la scelta meno popolare, il più debole è sempre quello che non ha nessuno dalla sua parte. Non ti fidare mai di chi sceglie di stare dalla parte del più forte, mi diceva mio padre, quello è il primo che quando avrai bisogno tu ti volterà le spalle.

giovedì 27 febbraio 2025

feltrinelli

Oggi ero a Bari e siccome pioveva mi sono riparato alla Feltrinelli, così già che c'ero mi sono fatto un giro nel reparto Poesia, a cui hanno dato più spazio fisico, per vedere che offriva, e devo essere sincero per tutto il tempo che sono rimasto lì ho pensato CHE NOIA, infatti poi mi sono girato e me ne sono andato sorridendo alla cassiera ma senza comprare nulla. Ma noiosa non è la poesia, noiosa era l'offerta. Di poesia bella ce n'è tanta in giro però come tutte le cose belle non puoi aspettare che ti caschi addosso, devi prendere e andartela a cercare. Se cominci a fare così vedrai che poi le Feltrinelli le userai soltanto per ripararti dalla pioggia.


mercoledì 26 febbraio 2025

affinità

A volte penso che autori ed editori si scelgano non solo perché seguono una ipotetica linea editoriale, ma anche per affinità elettive. La settimana scorsa, ad esempio, ho proposto a un’autrice di andare a leggere le sue poesie a un festival, mi ha risposto: Scusami, non è nelle mie corde. Ieri, poi, chiedevo a un altro autore se voleva essere iscritto col suo libro al premio Strega Poesia, mi ha risposto: non ci tengo allo Strega, a meno che non siano loro a chiamarmi. Che, lo confesso, è ciò che avrei risposto anche io al posto loro. Non mi interessa, meglio di no. “I would prefer not to”. I miei autori e io siamo una casa editrice anche per questo.

spreco

Da ciò che vedo, la massima parte dei commenti a giovani poete che mettono la faccia su IG sembrano fatti col copia-incolla e dicono tutti più o meno SEI BELLISSIMA! proposto indifferentemente da uomini e donne con diverse sfumature di significato. Qualcuno/a più coraggiosamente azzarda un SEI BRAVISSIMA! Ma ne leggessi mai uno a cui scappa un guizzo in più, che so, QUEL VERSO MI HA TRAFITTO IL CUORE, o che provasse a entrare nel merito di una poesia per dire la sua senza apparire molesto. Eppure, non so perché, le giovani poete preferiscono IG a tutti gli altri social. Forse perché non devono scrivere troppo, chissà. Aggiungo che questo post riguarda soprattutto le donne non per misoginia, ma perché in genere ai poeti su IG nessuno scrive mai nulla di interessante, in genere i poeti su IG non se li caga nessuno. Al massimo se hanno un amico si fanno delle battute criptiche che le capiscono in due. Insomma, scrivere di poeti su IG è noioso. A meno che non siano Francesco Sole, che scrive appunto alle donne: "Ricorda, a volte hai solo bisogno di sentirti 'sprecata' e non rifiutata. Fidati che è un dettaglio che cambia tutto!" e per questo prende più di 12.000 like. Le donne su IG, ne deduco, si sprecano un sacco.

lunedì 24 febbraio 2025

foto

A forza di pregare perché accadesse, un'autrice mi prende in parola e invece della solita Bio mi manda una foto in costume da bagno, riaffermando la giustezza del detto che del poeta non si butta via nulla.

il viaggio più lungo verso l'esistenza

Fra decine di articoli e discorsi che si ascoltano e spesso si contraddicono fino al punto che non si capisce più dove siano finite verità equilibrio e giustizia su quanto succede oggi in Ucraina, mi è venuto spontaneo tornare a rileggere un libro uscito alcuni mesi fa che dice sulla guerra più delle mille analisi che si potranno mai sentire. È, attenzione, un libro di poesie, scritto da Iya Kiva e tradotto da Yulia Chernyshova e Pina Piccolo, intitolato La guerra è sempre seduta su tutte le sedie (La vita felice, 2024). Scritto fra 2019 e 2024 è una sorta di reportage in versi, in presa diretta, dal cuore del paese in guerra, da parte di una donna nata in Donetsk che deve sopravvivere ogni giorno ai bombardamenti. È un libro duro, diretto, ma non sprezzante, che non rinuncia alla ricchezza di un linguaggio e di un immaginario tanto lirico quanto allucinato, in grado di declinare la guerra in ogni sua sfaccettatura. Evitando di trasformarlo in un atto di accusa, o mera propaganda, riesce a descrivere la guerra come uno stato esistenziale che si prende ogni spazio della vita (“e sono già tre ore senza guerra / sei ore senza guerra / e se non arriva la guerra prima che faccia notte / non possiamo fare il bucato senza la guerra”) che descrive la situazione di chi da troppo tempo vive con l’ansia del nemico alle porte, della prossima guerra in arrivo, di una violenza che matura nell’aria e ti scoppia in faccia. Vengono meno le case, le città, le foreste ucraine, viene meno il sonno nei rifugi, viene meno l’acqua la cui assenza si fa dolorosa siccità, non manca mai il sangue, né i morti che parlano continuamente coi vivi: “la guerra è la grande sconfitta della cultura / sussurrano queste parole […] ma la ruggine erbosa dei crimini di guerra cresce nelle loro bocche”. In questo modo, evitando qualsiasi retorica, l’opera riesce a scatenare nel lettore degli interrogativi a cui non c’è risposta. Anche accettando l’idea che ogni guerra è un corpo estraneo e mostruoso, come si perdona un crimine di guerra a chi lo commette? Che posto potrà avere domani alla mia tavola chi ha incenerito la mia casa? Nel suo restare perfettamente al centro della guerra, in quella bolla di distruzione dove il corpo raccoglie su di sé ogni cicatrice, ne fa memoria, il libro della Kiva è straordinario e terribile, perché sospendendo il giudizio sul nemico, l’odio catartico per il nemico che mai viene nominato, rivolgendo ogni suo pensiero alla guerra che assurge ad assoluto da cui non si potrà più uscire, dove l’Ucraina è trasformata in un ghetto “circondato di sangue e di grida di pianto”, dall’odio, sia quello russo, da un lato, sia quello nostro, dall’altro (“le porte chiuse d’europa che gettano una luce incerta”), assurge a una comprensione più alta e crudele della vita e della morte, dove “nel ghetto c’è ancora un fiume – non per annegare (anche se può capitare) / ma per guardare il cielo da tutte le rive”. Perché solo dal centro della guerra è possibile capire, gli altri sono discorsi “di chi non sa proprio niente”. Sembra un’opera cinica, ma è colma di pietà e di forza, in cui la domanda più urgente rimane: “Come fare a resistere?” e dunque: “Come fare a esistere?”. Leggetelo.

domenica 23 febbraio 2025

ma è vero che non chiedete soldi?

Capita, nell'80%, forse 90% dei casi, che quando chiedo a un autore che mi propone un suo libro come è arrivato fino a me, l'autore non mi risponde "Vi seguo e mi piace la vostra linea editoriale" oppure "Vi conosco poco, ma mi sembrate adatti al tipo di libro che voglio fare", ma piuttosto "Ho cercato su internet quali sono gli editori che non chiedono un contributo e ho scritto a tutti quelli che ho trovato". Un po' come si fa con l'indifferenziata. – Quindi non ci conosce? – No. – Quindi non sa nulla di cosa facciamo? Ha visto il nostro sito? – No. Ma è vero che non chiedete soldi? domandano sempre tutti una seconda volta per stare sicuri. – L'altro giorno una ragazza mi ha chiamato perché cercava un editore senza contributo che le pubblicasse il libro, ma per il 15 marzo, perché per lei quella data è molto importante. Quando le ho spiegato che la cosa era impossibile, mi ha risposto "Va bene, ho capito, e se ti pago?" come se ciò che le avevo detto prima fosse una tattica per contrattare un prezzo più alto. – Ma è questa l'immagine che do? – Io mi chiedo chi me lo fa fare di perdere tanto tempo a barcamenarmi, quando potrei semplicemente chiedere 1000 euro a libro per chiunque mi chiami e se non ti sta bene quella è la porta. Mi toglierei di torno un sacco di scocciatori, pubblicherei qualche titolo in più, e sarebbe anche la volta che posso assumere qualcuna delle decine di ragazz* che mi scrivono in cerca di lavoro, e io non so mai come rispondergli che vorrei, di una mano avrei bisogno, ma non so come pagarli. Di loro mi dispiace più di tutti.

sogno della cattedra

Nel sogno sto in cattedra, o forse è un banco di scuola, in una sorta di aula universitaria o piccolo teatro, e scrivo. La gente sta seduta intorno a me sulle tribune e mi guarda come se assistesse allo spettacolo di me che scrivo. Osservo i riccioli rossi di un ragazzo in seconda fila che ondeggiano vivacemente mentre fa dondolare il capo al ritmo della mia penna che traccia segni sulla carta. Non è musica, ma silenzio, quello che produco. Osservo i volti in seconda fila, e quelli ancora più in alto in gradinata, che mi guardano attenti e respirano piano, aspettano che riempia il foglio, che arrivi in fondo alla pagina e la giri, accumulando le pagine in un manoscritto che cresce alla mia destra. Trattengono l’applauso che vorrebbero farmi, in attesa che metta fine alla mia storia.

sabato 22 febbraio 2025

io l'avevo detto

Oggi pensavo tre cose. Primo, a quanto mi piacerebbe riscrivere la storia con le decine di IO L'AVEVO DETTO di chi si crede da solo, e invece fa parte di un esercito di persone che si parla addosso senza ascoltare quelli a lui vicini. Secondo, che sempre troppi sono quelli che l'avevano detto e sempre troppo pochi quelli che IO L'AVEVO LETTO, ma poi quanti sono quelli che prima di parlare si informano davvero, anche solo per pensarci un po'? Terzo, che aspetto ancora di leggere o ascoltare il primo che mi dica IO QUESTO L'AVEVO SBAGLIATO, aspetto e aspetto, ma mi sento come Diogene alla ricerca dell'uomo.

giovedì 20 febbraio 2025

regalare

Molti anni fa, avevo appena aperto la casa editrice, un amico imprenditore mi diede un consiglio che non ho mai scordato. Mi disse: regala i tuoi libri solo a chi non ti conosce, per dargli modo di vedere la qualità del tuo lavoro. A chi ti conosce non regalare nulla. Se ti conosce, allora sa la qualità del tuo lavoro e investirà nel tuo progetto. Se non investe nel tuo lavoro, se non compra i tuoi libri, significa che non crede abbastanza nel tuo progetto.

schadenfreude

C’è un proverbio tedesco che dice: “La Schadenfreude è la gioia più bella, perché viene dal cuore”. La Schadenfreude, ovvero la gioia sottile, sadica e profondamente egoistica che proviamo per il dolore altrui e che scaturisce dall’odio e dalla disistima di noi stessi. Tanto più ci odiamo, tanto più godiamo nel vedere il male riversarsi sugli altri intorno a noi. Non ho mai visto così tanta Schadenfreude come in questi anni, sui social, in questo periodo storico dove il “nemico” coincide con la nostra stessa immagine, gli “altri” del cui dolore ci beiamo siamo noi stessi, ovvero il nostro “prossimo”, la nostra stessa società coi suoi vantaggi, che accogliamo in pieno, e i suoi valori, che tendiamo invece a mettere in dubbio, rinnegare, rifiutandoci di partecipare attivamente a un miglioramento collettivo, ma anzi rimproverando, insultando, godendo di ogni sconfitta che inevitabilmente, come nel domino, si riverserà sopra di noi per interposta persona. Fieri soltanto del nostro vittimismo. Vi è sottintesa, come mi diceva ieri Davide Castiglione, una profonda pulsione di morte in tutto questo. Quello a cui più ambiamo non è una giustizia e una verità universale, ma un suicidio di massa che, nella nostra ansia di punizione, appiani il nostro senso di colpa e di inadeguatezza, anche a scapito degli altri di cui, nei fatti, ci importa poco o nulla.

mercoledì 19 febbraio 2025

stupidità

Mi tocca anche leggere europei dissociati, o meglio gente che vive in Europa pur odiandola, e si posiziona mentalmente altrove, tipo in Nuova Guinea o Mozambico, che applaudono Trump perché la mette in quel posto all'Europa, dimenticandosi che, vivendo in Europa purtroppo, il culo che la prende è anche il loro. A nessuno piace l'Europa così com'è oggi, ma una cosa è lottare per cambiare le cose dall'interno, anche protestando a voce alta, un'altra e aspettare un colpo di pistola ed esserne felici. Ma quanto grado di stupidità è possibile?

vangelo

Ieri Trump ha detto in una intervista, rispondendo a Zelensky, che se l'Ucraina voleva partecipare al tavolo per la pace non avrebbe dovuto "cominciare questa guerra"... Che è una fesseria da qualsiasi posizione la si ascolti. Se gli USA/Nato non c'entrano nulla con la questione allora la guerra l'ha cominciata la Russia, se invece c'entrano allora la guerra l'hanno cominciata proprio loro... Invece pare che adesso stiano scaricando tutta la colpa sull'Ucraina e sullo stesso Zelensky, come qualcuno aveva già previsto, per aggirarli nei trattati. Del resto il sottinteso di quel "cominciare" è probabilmente che l'Ucraina ha sbagliato a "contrattaccare", se avesse accettato pedissequamente l'occupazione tutto questo non sarebbe successo... In fondo lo dice anche il Vangelo: "A chi ti schiaffeggia, tu porgi l'altra guancia; a chi ti toglie il mantello, non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede; a chi ti prende ciò che è tuo, non chiedergli nulla in cambio". Quanti di noi lo hanno fatto di recente?

martedì 18 febbraio 2025

pace?

A me pareva già una stronzata l’incontro per la pace dell’estate scorsa a Lucerna, fatto senza la Russia (e con Biden assente), e mi sembra una stronzata quello di oggi senza l’Ucraina. Per il semplice motivo che la pace, se davvero vuoi la pace, si fa tra i litiganti, non con il terzo che gode, non con l’arbitro che come da tradizione è sempre cornuto. Poi possiamo tirare fuori tutte le motivazioni geo-fanta-politiche sulle cause del conflitto, su come sono andate le cose, su chi ha ragione e chi ha torto, su chi fa gli interessi di chi, possiamo tirare in ballo i millemila motivi per cui quello è più vittima di questo, o più cattivo, o più fantoccio, ma se vuoi la pace fra due stati, si fa un tavolo coi due stati che stanno combattendo, per farli parlare alla pari, per mitigare l’odio, rivedere le posizioni e salvare il salvabile con un minino di dignità necessaria per entrambi. Almeno se, come si dice, quello che ci sta a cuore – ma da ciò che leggo non ne sono per nulla convinto – è salvare vite o risarcire le migliaia di vittime di questo conflitto.

lunedì 17 febbraio 2025

sole24ore

Qui Maurizio Ceccato scrive per la rubrica Coverstory uscita ieri sul domenicale del Sole 24 ore questa nota alla copertina di Contrattempi di Ezio Sinigaglia, illustrato da Anna Salmoni, in cui delinea un po' qual è la linea grafica di Pietre Vive Editore. A parte farmi il complimento che sono giovane fa il paragone assai lusinghiero, per me, di paragonarci all'editore Frassinelli. Di questo gli sono molto grato.


 

certificato

Autrice che mi manda la sua raccolta di poesie brevi e per ciascuna aggiunge una dedica in rima baciata, persino quando la poesia è dedicata al mare o alla pace, quindi per ogni pagina ci sono sempre due poesie, quella che parla della pace e la dedica alla pace, e in calce ci mette il suo nome e il certificato di autenticità dell'opera, anche quando la dedica è praticamente uguale alla poesia, quindi l'autrice copia da se stessa.

domenica 16 febbraio 2025

promosso

Autore che mi scrive: "Buongiorno, vorrei proporle un testo che, credo, sia coerente con la Sua idea della funzione della poesia: chiarezza e pulizia del dettato, coniugata ad impegno sul piano sociale e storico." E io penso, Finalmente! Infatti lo apro e leggo un'opera che dice, a me, quello che io voglio trasmettere con la mia idea di linea editoriale. Promosso.

sabato 15 febbraio 2025

vittoria o fallimento

Faccio il mio unico post su Sanremo 2025 osservando come ogni sera vanno ripetendo che circa 11 milioni di spettatori, su una popolazione di 60 milioni, sono un successo senza precedenti. Io penso al mondo dei libri, dove il numero dei lettori italiani è all’incirca lo stesso degli spettatori di Sanremo, e mi chiedo perché se 11 milioni di consumatori guardano un programma frivolo come Sanremo è un successo, se leggono un libro è considerato un fallimento.

giovedì 13 febbraio 2025

quando un distributore chiude...

Quando un distributore chiude, lo dico perché ancora ieri ne parlavo con un altro editore che ha avuto un'esperienza simile, quando chiude e non ti paga ti brucia forte una rabbia in corpo, che io ci ho messo i mesi a farmela passare, e solo al pensiero di tutte quelle decine di libri prodotti a mie spese, venduti e mai pagati, fatturati anzi, così che alla beffa aggiungiamo il danno, mi sentivo risalire un nervoso che mi toglieva il sonno. Soprattutto li odio perché quando li chiamavo mentivano sempre, anche di fronte all'evidenza del fallimento, sarebbe bastato dire Siamo nei guai, o Troviamo una soluzione insieme, e giuro sarebbe stato diverso, avrei persino lasciato perdere, accettato l'ammanco, invece niente, Va tutto bene mi dicevano, anzi Siete voi che state sbagliando tutto, mi dicevano, scaricando su di me la colpa, e siccome in quei mesi mi stava morendo un padre io stupido pensavo che forse era davvero colpa mia, che forse ero distratto, non ci stavo con la testa, e invece no, erano proprio loro in malafede e adesso mi resta questa sovrapposizione di una manica di ladri che senza una briciola di pudore, o pietà, metteva il dito nella mia piaga, si approfittava del mio dolore, e io cretino li lasciavo fare per sfinimento. La fregatura che ho preso non me la dimenticherò mai più.

martedì 11 febbraio 2025

note e anteprime

Io poi mi chiedo quand’è stato il momento che abbiamo trasformato le note di lettura in anteprime editoriali dove tutto lo sforzo redazionale è copia-incollare qualche testo dal libro e dire eccoci qua. Che poi non parlo nemmeno di fare una recensione critica con tutti i crismi, che fra l’altro ormai, così come nessuno la scrive, nessuno la legge, o meglio ancora, spesso chi scrive non è capace a leggerla, gli mancano i mezzi. Ma mettere almeno in calce un commento, una frase, un giudizio. “Questo mi è piaciuto perché” oppure no, non sposta il mondo, ma un po’ di differenza secondo me la fa, come quella volta che un ragazzo mi disse “Mo, a leggere quel libro mi sono cacato sotto”, non vale più di tutte le anteprime editoriali?

sabato 8 febbraio 2025

insegnamento

Io poi mi chiedo, che senso ancora abbia
andare ad insegnare alle caprette
quando c’è l’Intelligenza Artificiale
che fa meglio e nel c*lo gliela mette.
Incaprettate, appunto, è quello
a cui sono destinate. “Chi lo sa
non glielo dice e chi lo dice non sa più
che cosa dice e a chi” (Lao Tzu).

venerdì 7 febbraio 2025

tette e corpi

Devo essere sincero, non ho mai visto l'esposizione di così tante tette sui social, con conseguente sessualizzazione persino delle mentine per l'alito o della carta igienica, come da quando si è cominciato a parlare di movimento metoo e patriarcato, sembra quasi che più le donne lottino contro il patriarcato e la sessualizzazione del corpo, e più tette si vedano in giro, al punto che uno si chiede chi le mette in giro e per che scopo, se siano le donne stesse, a cui le tette sono attaccate, per rivendicare la propria libertà di mostrarsi, oppure i medesimi patriarchi che occultamente detengono il controllo dei social, così che da una parte mostrano tutto quello che si può mostrare e dall'altra ti impongono le loro regole di censura per rimarcare di avere loro il controllo sia dell'immagine che, di conseguenza, del corpo. A furia di guardarle, a volte ti viene pure il dubbio, e se fossero finte? Magari sono tette rifatte con l'AI. Fatto sta che se tutto questo è frutto di una reazione inversamente proporzionale alla lotta per la liberazione dell'immagine, c'è quasi da sperare una esasperazione incontrollabile dei toni, dove gli integralisti islamici da burqa prendano il controllo dell'Europa! A quel punto, immagino, ci sarà sì una esplosione tremenda e io mi vedo già l'Europa sprofondare inghiottita fra due immensi tettoni materni come quelli della gigantessa di Baudelaire o della tabaccaia di Fellini, o all'opposto capiterà come nell'Invasione degli Ultracorpi di Don Siegel, o in quel delizioso racconto satirico di Philp Roth, che le tette, stanche di noi, si faranno finalmente corpo reclamando la loro indipendenza, e le vedremo andare in giro per il mondo sulle loro gambe, in piena autonomia fra uomini e donne, ma senza più appartenere a nessuno dei due, e senza che nessuno possa più negare la loro esistenza, nemmeno un bigotto contorto come Trump.

sogno della stalla

Nel sogno c’è Bob Dylan, non quello interpretato da Chalamet, ma quello vero e anziano di oggi, coi baffetti e il cappellaccio da cowboy, che viene a fare un concerto nel mio studio, a Locorotondo, cantando tutti vecchi pezzi blues e folk americani che non conosce nessuno delle 30-40 persone venute a sentirlo. Poi gli faccio fare un breve tour delle due stanze più bagno che compongono il mio studio e nel tentativo di essere simpatico gli dico che questa un tempo era una vecchia stalla all’incrocio del paese, cercando di rimescolare il mito di Robert Johnson con quello del presepe. Dylan mi guarda perplesso, non capisce. Mi viene il dubbio di aver pronunciato male la parola stalla, di non ricordarla bene, era stable o barn? Così esco fuori e comincio a chiedere a tutti, fermando la gente al semaforo, come si dice stalla in americano. Nessuno a Locorotondo sa rispondermi. Interviene lo stesso Dylan che mi chiede se la parola che cerco è farm, Tonio’s Farm? No, no, non farm gli rispondo in dialetto, jè a stàdde! Non facciamo confusione! E da bravo meridionale provo a convincerlo che fra il loro americano e il nostro dialetto non c’è troppa differenza, quindi dovrebbe sforzarsi di capirmi. Dylan mi osserva divertito, fa di sì con la testa, ma non dice più nulla.


giovedì 6 febbraio 2025

chi li leggerà?

Uno fa il meccanico, mi manda delle poesie lunghissime sull’officina in cui si perde fra i bulloni e le chiavi come Chaplin nella catena di montaggio. Un altro lavora la terra, mi manda delle poesie d’amore dedicate ai pompelmi che gonfiano il petto e guardano fiduciosi al futuro. Una ragazza studia medicina e scrive poesie per dirmi che di fronte al dolore degli altri si sente vulnerabile e sola, ma si chiede con ansia quando si formerà quella corazza professionale che la distaccherà da loro. Un altro, disoccupato, vola alto e mi manda un poema ucronico sulla fine del mondo dove mi mette in mezzo “l’editore Lillo ha detto” nemmeno fossi un personaggio da operetta buffa. Nessuno di loro ha più di trent’anni, tre non hanno proseguito gli studi, nessuno frequenta circoli letterari o combriccole da poeti estinti. Eppure scrivono, più o meno bene, prima o dopo il lavoro, hanno idee strambe e stimolanti. Mi chiedo sempre chi li legge, a parte me, e cosa ne pensa, e chi li leggerà se verranno pubblicati. I dati di mercato ci dicono nessuno, o quasi. Queste storie di giovinezza artistica entusiasmano tutti, poi però si deve mettere mano al portafogli e lì cominciano i problemi. Eppure, aggiungo, quanto ci fa bene sapere che da qualche parte ci sono nascoste delle persone così, fuori dagli schemi, che ci apparecchiano così grandi entusiasmi in virtù dei loro sogni in versi. Se la poesia è viva, oggi, lo dobbiamo anche un po’ a loro.

mercoledì 5 febbraio 2025

sopravvalutare

A volte penso che il vero nostro problema non è che si sopravvalutano alcuni scrittori, ma che si sopravvaluta la maggior parte dei Lettori. Chi non li sopravvaluta e li tratta per quello che sono in effetti vince.

martedì 4 febbraio 2025

maritmie

Mi segnalano l’uscita della raccolta di poesie di una signora. Questa raccolta si intitola MARITMIE, proprio come quella di Giovanni Laera pubblicata con Marco Saya due anni fa. I più curiosi possono cercarla in rete: è vero che è una coincidenza particolare, ma non sappiamo e non possiamo dire se ci sia stato un calco, anche indiretto, o sia il frutto di un caso. Per quanto mi riguarda, il dato più interessante è questo: il libro, 104 pagine, pubblicato con Youcanprint (marchio con cui oggi ci si può candidare anche allo Strega Poesia), viene venduto sul mercato al prezzo di 37,50 euro. Come mai, si chiederà il lettore meno avveduto, costa così tanto? Per il semplice motivo che piattaforme come questa e altre simili, non sono democratiche oasi di libertà autorale come qualcuno vorrebbe farle passare, ma piuttosto macchine mungitrici create apposta per spennare gli autori più ingenui o meno preparati, attraverso servizi a pagamento che offrono loro. Non hai nessuno che ti fa l’editing? Te lo facciamo noi! Nessuno che ti fa l’impaginazione? Ma ci siamo noi! Chi ti disegna la copertina? Se vuoi il nostro team grafico è a tua disposizione! Tutto accuratamente fatturato con iva al 22%. Così accumulando questi ai mai dimenticati costi di stampa (la carta!) e distribuzione (su tutti i canali online con le debite percentuali di sconto, che vanno dal 35 al 60% del prezzo di copertina!) un libro autoprodotto può arrivare a costare all’autore fino a 20-25 euro al pezzo. Come fai a non rivenderlo a 37 euro a quel punto? Devi, per rifarti almeno di una parte delle spese! Ecco, questo è il capitalismo più puro applicato all’editoria, dove il sogno di pubblicare viene smontato e rivenduto pezzo per pezzo alla catena di montaggio, dove l’acquirente finale rimane unicamente l’autore. Perché, a quel prezzo, quanti compreranno il libro? E chi lo leggerà? Che differenza passa allora fra un editore fraudolento che ti spenna e una piattaforma legale che ti spenna? E scrivo questo non perché sono contrario all’autopubblicazione, ma perché credo che serva a tutti maggiore consapevolezza di cos’è il male dell’editoria. Aggiungo, per tornare alla signora di cui non so nulla, che un editore serio dopo una breve ricerca le avrebbe detto che forse non era il caso di usare come titolo qualcosa di così connotato con l’opera di un altro: non è etico, né elegante, e nemmeno troppo furbo. Ma nel mercato del selfpublishing, vera terra della cuccagna di chi non sa, nessuno ti può impedire nulla perché tutto è lecito se paghi il giusto.

lunedì 3 febbraio 2025

metri quadri

Oggi parlando con un amico editore è venuta fuori questa verità, che mettendo insieme tutti i metri quadri degli stand affittati nelle diverse fiere del libro degli ultimi anni – i cui prezzi affiancano ormai quelli degli immobili: dai 166 euro in su a metro quadro per le fiere più blasonate – mettendo insieme tutto questo, da qualche altra parte nel mondo uno più furbo di noi si sta comprando una casa.

domenica 2 febbraio 2025

sogno della magnolia

 Nel sogno un albero immenso di magnolia compare sulla terrazza dietro casa mia che qui ha le caratteristiche di una grande piazza di città sul mare, sollevando fra i suoi rami relitti di zattere o vecchie barche di marinai, biancheggiando nella carne dei suoi fiori. Non ha radici che la fissino al suolo, infatti dopo un po’ che restiamo ammutoliti ad ammirarla la osserviamo mettere gambe e spostarsi, ridimensionandosi per essere lei alla nostra altezza, così creando in noi come un forte sentimento di rimpianto. Si avvicina a me per farsi accompagnare a passeggio lungo la piazza, ma quando provo a fotografarla, lei insieme ad altri alberi mascherati a festa, comincia a ridere per la vergogna e si muove, schermendosi, troppo rapidamente per farsi riprendere, ogni foto mi viene mossa. Quando cade, senza un motivo apparente, siamo costretti a legarla a una vecchia scala di legno e trasportarne il corpo legnoso verso il paese più vicino attraversando un paesaggio fitto di neve in cui il suo biancheggiare si confonde con quello della campagna intorno e tutto, persino le nostre tracce, si annulla nel bianco.

venerdì 31 gennaio 2025

giovedì 30 gennaio 2025

l'architetto mancato

Ciascuno ha la sua storia particolare di scoperta del desiderio di scrivere, alcune meno facili della mia. Ma rifacendomi a una cosa che scriveva Cristina Simoncini sul fatto che le fa strano che si possa desiderare di scrivere senza aver desiderato prima di leggere, io sono convinto – da ciò che mi ricordo della mia stessa storia – di fare ciò che faccio perché mio padre, ferroviere, da bambino mi regalava dei libri. Ho ancora uno scaffale a casa con tutti quei volumi, ma fra gli altri, il primo ad avermi turbato al punto da farmi piangere su un libro, è stato ‘Il principe felice’ di Oscar Wilde, che forse era un po’ troppo intenso per un bambino, ma mi mise una spina nel cuore, come la rosa all’usignolo, che lì si è conficcata ed è rimasta. Era già un mood poetico, senza che lo sapessi, ma mi sono innamorato della poesia – ho proprio capito che fosse – alle medie, mentre sfogliavo l’antologia di italiano durante una spiegazione di matematica che mi annoiava. La prima poesia di cui ho sentito risuonarmi dentro i versi, uno per uno, è stata ‘I fiumi’ di Ungaretti, li ho imparati a memoria senza che nessuno me lo imponesse (“ho tirato su le mie quattr’ossa”, “stamattina mi sono disteso in una tomba d’acqua”, ecc.) e quei versi scabri e poi altri ancora che ho cercato sono cresciuti come funghi, attecchendo all’albero tutto intorno alle radici. Il primo poeta che ho amato non è stato Ungaretti, ma Federico Garcìa Lorca, che ho incontrato l’anno dopo, quando un giorno ci entrò in classe la nuova insegnante di italiano – una tipa a suo modo buffa, dall’aria disordinata, sempre di corsa, con gli occhiali spessi e l’alito pesante, l’entusiasmo di chi fa ciò che le piace – ed entrando ci chiese “vi va se adesso scriviamo delle poesie?”. Io giuro mi sono sentito battere così forte il cuore, di quel tipo di smania incontenibile che può prendere alla pancia solo i ragazzini, come avere le farfalle, come una gran fame che risale e ti si annoda in gola, io volevo esserci, volevo esserci dentro, in tutta quella roba. I miei compagni volevano essere nella squadra di calcio o pallacanestro, io volevo essere lì dove si scrivevano versi come “fu Marcel ma non era francese, e non sapeva sciogliere il canto del suo abbandono”. Infatti scrissi una poesia, poi un’altra, e un’altra ancora, e le portai alla prof che mi disse: “Belle, ma si può fare di meglio. Hai mai letto 'Il maleficio della farfalla’?” perché la mia prof aveva quella cosa lì (socratica) di rilanciare ogni volta il discorso con una domanda. E di nuovo ricominciava a battermi il cuore! È stato allora che ha cominciato a battermi e da allora non ha più smesso. Lo volevo leggere sì “Il maleficio della farfalla”! Così un poco me li passava lei, un poco me li comprava mio padre spedito in libreria a ordinare libri di autori di cui non conosceva neanche il nome – mi ricordo nei primi anni del liceo un 'Tre pezzi d'occasione' di Beckett, tradotto da Fruttero e Lucentini, che pure mi influenzò parecchio –, e mai una volta che mio padre mi dicesse questo è troppo. “Questo qui, diceva sempre a mia madre orgoglioso, ci diventa architetto!”. Le cose poi, come si sa, sono andate in un’altra direzione.

mercoledì 29 gennaio 2025

la citazione

Giovane autrice che spasima per pubblicare mi scrive di essere turbata dalle complessità del mondo editoriale. Le faccio leggere per rincuorarla la famosa poesia di Fortini che dice "Nulla è sicuro, ma scrivi". – Mica male questo Fortini, mi dice. Chi è? È uno che dovrei leggere? Me lo segno! – Poi fa una storia su IG dove si mette in posa da scrittrice, ma sbaglia a trascrivere il verso: "Nulla è certo, ma scrivi!". Apposto.


se le bestemmie arrivano

Caro automobilista anonimo che corre su via Alberobello quando piove, io lo so che non è colpa tua se l'accanimento edilizio ha sollevato palazzi dovunque, pure lì dove c'erano delle zone di assorbimento delle acque meteoriche che, ostruite dai palazzi, ora allagano la strada pure se fa una pisciatina, però quanto è vero che di questo sei innocente, è anche vero che, se non ti sta morendo mamma in ospedale, potresti anche evitare di correre sollevando scie d'acqua che inzuppano quei poveri sfigati che passano sotto l'ombrello. Qui due sono le cose: o te ne sbatti altamente di chi ti sta intorno, e in questo non sei diverso dai vari appaltatori e/o membri degli uffici tecnici che ogni tanto dovrebbero fare le parti dei comuni cittadini e non solo quelle dei palazzinari, oppure lo fai apposta a bagnarmi e sei uno stronzo. In ogni caso, per quanto tu ora non mi starai leggendo, io ti dico che se le mie bestemmie ti arrivano domani leggerò di te sui giornali. Ovunque tu sia, stai avvisato.

martedì 28 gennaio 2025

cane mangia cane

Qualche giorno fa un amico mi ricordava come dietro tanta intelligenza artificiale di cui ci avvaliamo sia nascosto uno dei massimi sistemi di sfruttamento del proletariato mondiale. Perché tutti quei dati che consultiamo giornalmente non sono autogenerati, ma vengono inseriti e periodicamente verificati e corretti da migliaia di persone, a bassa istruzione o laureati, che vivono in situazioni di estremo disagio nelle zone più povere del mondo (Sudamerica, Africa e Asia) e per questo sottopagate, anche 0,001 dollari all’ora per fare un lavoro immane sui software che ci permettono di vivere ai nostri standard di benessere. Ieri era la giornata della memoria, e qualcuno (Paolo Nori credo) condivideva con sdegno la frase posta sul cancello dei lager, che “Il lavoro rende liberi”. Altri invece parlavano delle colpe di Israele verso Gaza. E io ho pensato una cosa, che durante il nazismo, per ottimizzare al meglio ogni singola parte del prigioniero, con la stessa filosofia “del maiale” di cui non si butta via nulla, i nazisti sfruttavano tutto, dai denti d’oro fino ai capelli per farne biancheria, calze, ecc., che qualcun altro indossava “senza sapere”. E ho pensato che ci sono due tipi di nazisti al mondo, quelli che commettono le atrocità eclatanti che oggi rimproveriamo a Israele e America guardando a Gaza, e quelli che invece, magari senza vera cattiveria, sfruttano il lavoro dei più poveri facendo finta di non vedere la situazione di servitù in cui pongono altri esseri umani, tanto poi la colpa se la prenderanno i capi. E in questo schema in cui cane mangia cane, quelli realmente innocenti sono davvero pochi.

domenica 26 gennaio 2025

michele passato e michele futuro

Una poesia di Michele Trizio da Cenere del risveglio (Marco Saya, 2024). Per ragioni editoriali, oltre che di amicizia, di Michele ho letto prima le sue ultime proposte poetiche, che più vanno e più si fanno impalpabili e sperimentali, in cui vuoti, tagli e omissioni dicono quanto e più delle parole scritte; e poi questa sua prima raccolta pubblicata, che cronologicamente viene prima delle altre, e infatti ha un taglio più classico, descrittivo, colto, permeato di scorci e umori spesso crepuscolari (“Non c’è più spazio per concluderci” dice uno dei miei versi preferiti) per quanto già perfettamente organizzato secondo schemi che sono assolutamente suoi (Spazio, Tempo, Linguaggio, Lascito). Ne è derivato, almeno in me, un lieve straniamento per cui ogni tanto mi trovavo a chiedermi dove fosse nascosto il Michele Trizio che già conoscevo dai suoi inediti, il Michele del futuro insomma. Poi mentre leggevo, a pagina 41 è saltata fuori questa poesia che condivido, ed è una di quelle poesie che fanno da “ponte”, che stanno cioè perfettamente nel cuore dell’opera in corso, ma con la testa sono già lanciate verso quello che verrà. E qui mi sono illuminato.

 

 

venerdì 24 gennaio 2025

ucronia

Io devo dire quando leggo certi post di Aldo Nove penso sempre a Ezra Pound, poeta geniale che nel secolo scorso, intuendo i pericoli del sistema economico (l’Usura) e del comunismo “dopo Lenin”, scelse per opporsi di aderire ai fascismi del mondo, simpatizzando apertamente con Hitler e Mussolini e pagando caro questa sua scelta. Io quando leggo Nove che per opporsi a un certo sistema mondiale simpatizza con Trump e Putin penso a Pound, che era una mente lucidissima e dal pensiero più vasto e raffinato di ciò che molti potevano intuire, e proprio per questo non venne capito da menti meno acute della sua, e se anche mi fido molto del fatto che Nove sia altrettanto lucido e riesca chiaramente a distinguere fra i limiti imposti dal linguaggio e la profondità (e l’ironia) del pensiero che sta dietro a certe sue frasi, e alle sue scelte, ogni tanto mi viene il dubbio sul fatto che chi lo segue abbia l’uguale lucidità e comprensione, e non stia soltanto, per altre strade, deviando a destra come fa tutto il resto del mondo. Mondo che, come dice quel certo libro, presto o tardi esploderà con un tale boato che ci assorderà tutti. Così mi chiedo anche se un giorno ci sarà una nuova Lisetta Carmi che andrà a scovarlo per fargli il ritratto, o l’esplosione si porterà via anche lei.